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lunedì, dicembre 06, 2021

The Beatles - Get Back di Peter Jackson


Riprendo l'approfondimento che ho scritto ieri per "Libertà" sul doc film sui Beatles, "Get back".

Uno degli eventi più attesi degli ultimi anni, di cui si erano avute alcune interessanti anticipazioni ma che, contro ogni aspettativa, è riuscito ancora una volta, in modo tipicamente beatlesiano, a sorprendere e a cambiare la narrazione e la sostanza della “vera” storia dei Beatles.

Il regista Peter Jackson (al suo attivo pellicole come “Il Signore degli anelli”, “King Kong”, “Lo Hobbit”) ha selezionato tra 60 ore, girate da Michael Lindsay Hogg nel 1969, “riducendole” a sole otto (!), per confezionare uno dei docu film più particolari, nella sua unicità, della storia del rock.

Il film di Lindasy-Hogg, “Let it be”, era già uscito nel maggio 1970 (vincendo un Oscar per la colonna sonora), poco dopo lo scioglimento della band, mostrata in drammatica decadenza.

“Get Back” di Jackson cambia le carte in tavola e ci propone tutt'altra storia, con un gruppo in preda a cambiamenti e scontri personali ma ancora terribilmente vivo e creativo ma che, soprattutto, continua a volersi un sacco di bene.

Due puntualizzazioni sono necessarie: il film è pertinenza (quasi) esclusiva dei fan più sfegatati e profondi conoscitori dei Beatles. Solo loro sono in grado di apprezzare, sopportare, comprendere in pieno la lunghezza del film.
Per il resto del mondo le prove, gli scherzi, i dialoghi, i litigi, le improvvisazioni caotiche, le cover raffazzonate risulteranno insignificanti, noiose e inutili.
In seconda battuta, come si è sempre erroneamente creduto, non è rappresentata “la fine dei Beatles”, che, dopo queste riprese, resteranno insieme ancora per un altro anno, sfornando quello che è presumibilmente il loro capolavoro, “Abbey Road”. “Get back” è invece la ricostruzione del mese di lavoro della band che porterà, il 30 gennaio 1969, al famoso e breve concerto sul tetto della Apple Records, qui interamente documentato.

Si parte dal 2 gennaio 1969, quando Paul, John, George e Ringo si ritrovano in un enorme studio di Twickenham per preparare uno spettacolo, un rientro sulle scene, un ritorno alle origini (“Get back”) della band, dopo anni di voluta assenza dai palchi, una serie di capolavori discografici, l'ascesa nell'Olimpo della musica, arte, cultura, assurti a opera d'arte vivente.
Paul McCartney vuole che la band, dopo i sempre più numerosi contrasti degli ultimi tempi, si ricomponga per sfuggire alla forza centrifuga che sta proiettando ognuno versi altri progetti. Pensa ai Beatles che riprendano in mano gli strumenti e suonino come facevano agli esordi (sette anni prima, solo sette anni, durante i quali hanno cambiato il mondo della musica e non solo), per ritrovare spontaneità, freschezza, genuinità.
E che tutto ciò venga dettagliatamente filmato, dalle prove fino allo show finale. Che, anticipa il preveggente Paul, “tanto sarà il nostro ultimo concerto”.

Il progetto iniziale prevede di esibirsi a Sabrata, in Libia, nei resti del teatro romano. In poco tempo l'idea, pur suggestiva, viene cassata.
Si passerà a un concerto londinese a Regent's Park, a Londra. Ma l'unico a volerlo è lui, agli altri non interessa più risalire su un palco.
Passano i giorni, le tensioni salgono, John sembra assente (con Yoko costantemente a fianco), George infastidito e incattivito, Ringo annoiato.
Paul cerca di stimolarli “Non siamo pensionati del rock”), prende le redini delle prove ma finisce sempre malamente, tra nervosismo (George gli si rivolge, durante un'accesa discussione, in modo sprezzante, “Non mi infastidisci Paul, ormai non mi infastidisci più”), tempo perso, musicisti annoiati.
Alla fine George si alza e lascia il gruppo. “Ci si vede in giro in qualche locale” dice.
La scena è incredibile, i tre sembrano non prendersela, pensano a sostituirlo con Eric Clapton, poi si lasciano andare all'isteria e alla depressione, con occhi lucidi e sconforto palpabile.

Lo convinceranno a ritornare e da lì la faccenda cambia radicalmente. Sono tutti più distesi, propositivi, emerge l'imponente figura artistica e creativa di Paul che compone, arrangia, crea in diretta capolavori immortali, rende geniali le bozze degli altri.
In mezzo gli scherzi, le battute, il caustico humor dei quattro che ritrovano unità e voglia di fare e stare insieme. Soprattutto quando si aggiunge Billy Preston, geniale tastierista (suonerà con Stones, Aretha Franklin, Ray Charles, Bob Dylan, Miles Davis, Elton John e mille altri) che passa a salutare i ragazzi (conosciuti ad Amburgo anni prima) e si ritrova di punto in bianco nella band. Osservare la sua faccia quando glielo propongono, così, sui due piedi, e quella dei quattro Beatles, subito entusiasti ad ascoltare quello che suona, è imperdibile.

La sublimazione dell'innocenza.

Ricordiamoci che Billy aveva 23 anni, i “quattro” andavano dai 25 ai 28. Anche se nel nostro immaginario ci appaiono adulti, immortali, saggi e onniscienti erano ancora ragazzi giovanissimi.
La sua presenza rivitalizza la band, nascono nuove canzoni. Nel film ne vediamo la prima scintilla, le progressive modifiche, i reciproci suggerimenti, i cambiamenti, in un lavoro corale, condiviso, in cui ognuno apporta il proprio contributo.
Fino ad avere sotto gli occhi “Let it be”, “The long and winding road”, “Two of us”, “Don't let me down”, “Get Back” e le radici di successivi capolavori come “Something”, “All things must pass”, “Jealous guy”.

La band stringe i tempi, lo show, non ancora definito, si avvicina e alla fine decidono (ennesimo colpo di genio) di farlo sul tetto della Apple, nei cui studi si sono spostati.

Gli dei della musica assurgono al cielo, si avvicinano al divino.

Lasciando a terra l'incredibile fauna che li circonda anche durante le registrazioni (mogli, compagne, fonici, produttori, discografici, fotografi, cameramen, amici in visita, manager, personaggi di vario tipo).
E da lì, il 30 gennaio 1969, in un breve concerto di una manciata di brani, lanciano l'ultimo messaggio al mondo.
E' il momento clou del film (e degli anni Sessanta).
La gente in strada non capisce, sono i Beatles, si sentono ma non si vedono, si crea affollamento, in tanti salgono sui tetti circostanti per avvicinarsi e guardarli insieme (inconsapevolmente) per l'ultima volta, la maggior parte apprezza, in pochi protestano perché la confusione creata “danneggia il commercio”.

I Beatles, a dispetto dei detrattori ignoranti, suonano benissimo, cantano divinamente, diventano un unicum di suono, immagine, creatività.

L'icona Beatles risplende in tutta la sua luminosità, solamente perché sono loro e perché nessun altro è mai stato e mai sarà più come Paul, John, George e Ringo insieme.

Gli anni Sessanta si chiudono e un'epoca irripetibile lascia spazio ad altro (meglio o peggio è pertinenza esclusiva del giudizio personale).
Il capolavoro dei Beatles è stato nello sciogliersi alla fine del decennio di cui sono stati simbolo.
Anche se, emerge chiaro dal film, non ne avevano alcuna intenzione all'epoca.
George confida a John e Yoko di voler fare un album solista con lo scopo di poter aver finalmente lo spazio che ormai meritava ma che nei Beatles non poteva avere, sottolineando che sarà anche un modo per rafforzare l'unità del gruppo.
Alcuni brani, che ritroveremo negli album solisti dei componenti, sono in predicato di entrare nel prossimo album della band.
Il motivo scatenante dello scioglimento emerge, inconsapevolmente, verso la fine del film, quando il manager Allen Klein si offre di gestire gli affari della band.
Paul vorrà il padre della moglie Linda, gli altri tre rifiuteranno e i Beatles finiranno (anche per questo).

E finalmente da queste immagini Yoko Ono, da sempre vituperata e considerata la causa della rottura, viene “scagionata”. E' sempre appiccicata a John ma non interferisce mai, se ne sta in silenzio, legge, prende appunti, fa persino l'uncinetto.
Sostiene la fragilità di John, ne smussa le asperità del carattere. E' costantemente presente ma con dolcezza, mai ingombrante o invasiva.

Uno dei momenti più esplosivi del film è quando arriva la polizia a sospendere il concerto sul tetto.
Sono due giovani ragazzi che sotto gli elmetti e il piglio autoritario nascondono un caschetto alla Beatles.
Ma devono mantenere fede al loro ruolo.
Imbarazzati, impacciati, probabilmente devastati dall'ingrato compito. Le telecamere li spiano nel loro straziante dilemma.
Un altro elogio all'innocenza.

Tutto intorno esplodono i colori, la naiveté e la freschezza dei protagonisti, l'abbigliamento del pubblico del concerto sul tetto, le pettinature, le minigonne, le giacche a tre bottoni, la sensazione di un mondo nuovo che stava per esplodere.

“Get Back” è un inimitabile ritratto di un'epoca tanto esaltante quanto finita.
E che i Beatles hanno rappresentato, tanto più in queste immagini, in cui li vediamo veri, presenti, “umani” in maniera imbarazzante.
E per questo ancora più vicini e immortali.

lunedì, novembre 29, 2021

Beatles - Get Back



Approfondirò successivamente le impressioni sul film "Get Back" di Peter Jackson.
Queste sono le prime conclusioni e sensazioni.

PREMESSA 1.
Il film è pertinenza (quasi) esclusiva degli hardcore fan dei BEATLES.
Solo loro sono in grado di apprezzare, (sopportare), comprendere in pieno, le OTTO ore di film.
Presumibilmente per il resto del mondo le prove, gli scherzi, i dialoghi, i litigi, le improvvisazioni caotiche, le cover raffazzonate risulteranno insignificanti,noiose e inutili.

PREMESSA 2.
Dopo queste riprese i Beatles proseguiranno la carriera per un altro anno, incidendo il capolavoro "Abbey Road" (probabilmente il loro migliore album) e il singolo con gli inediti "The ballad of John & Yoko"/"Old Brown Shoe".
Non si tratta di conseguenza di immagini che documentano la "fine della band".

Il film ha una perfetta logica, poco comprensibile all'inizio.
Ovvero la ricostruzione (inconsapevole), certosinamente dettagliata, del concerto sul tetto del 30 gennaio 1969, che passa attraverso una lunga serie di progetti e idee, progressivamente disattese ed eliminate.

Si parte da un gruppo distrutto, indifferente, annoiato, tenuto in piedi solamente da Paul, alla ritrovata voglia, freschezza, energia dei quattro che recuperano l'unità dei primi tempi e la gioia di stare insieme e di volerlo fare ancora a lungo.
In mezzo giganteggia Macca, per la sua spaventosa capacità creativa, produttiva, ingegnosa nel sapere scrivere e arrangiare.

Infine:
i colori, la naiveté dei protagonisti e di chi sta loro intorno, l'abbigliamento del pubblico del concerto sul tetto, le pettinature, le minigonne, le giacche a tre bottoni, la sensazione di un mondo nuovo che stava per esplodere.
Un incredibile ritratto di un'epoca.

E inoltre:
i Beatles sapevano suonare benissimo, raffinati quandi necessario, duri quando serviva, armonie vocali da brividi, senso del groove innato, Billy Preston sublime a unire la band, una spanna su tutti.

Ultima:
Love Yoko.

martedì, maggio 05, 2020

Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli



Film di rara crudeltà e spietatezza.

La giovane, ingenua, inesperta, di umili origini, Stefania Sandrelli arriva dalla provincia toscana a Roma per cercare fortuna nello spettacolo.
Finirà per essere usata, abusata, sfruttata, da un ambiente senza scrupoli e di un cinismo insopportabile.
Umiliazione dopo umiliazione non ne reggerà il peso e porrà fine alla sua vita.

Ambientato e girato nel 1965, con una Sandrelli superlativa nella spontaneità di un personaggio futile e ingenuo ma sostanzialmente pulito, circondata da un cast di eccellenze (un Tognazzi superlativo su tutti oltre a Nino Manfredi Enrico Maria Salerno, Jean-Claude Brialy, Solvi Stubin, un giovane Terence Hill.

Acre, cattivo, crudo, disturbante, nonostante l'apparente ambientazione leggera, tra feste, vestiti strepitosi, musica beat.

Film vincitore di tre NASTRI d'ARGENTO.

Il trailer:
https://www.youtube.com/watch?v=_xt2jIx5IEM

Su RaiPlay qui:
https://www.raiplay.it/programmi/iolaconoscevobene

martedì, giugno 25, 2019

Gabrielle Drake



Iconico personaggio, assurta a celebrità grazie alla partecipazione alle serie UFO e anche per essere sorella del grandissimo NICK DRAKE, cantautore prematuramente scomparso nei primi 70 e su cui ha scritto un controverso libro recentemente.

La sua carriera è vissuta tra alti e bassi ma con notevole intensità, tra cinema, Tv e teatro fino ai giorni nostri.
Tra apparizioni nuda in film di non eccelso valore artistico e parti teatrali di un certo spessore.

venerdì, giugno 15, 2018

Grazie zia di Salvatore Samperi



Attraverso una cinquantina di post, riviviamo una serie di episodi in chiave artistica, culturale, sociale del 1968.
I precedenti post qui:

http://tonyface.blogspot.it/search/label/50%20anni%20dal%201968

Film di Salvatore Samperi, uscito nel 1968 , presentato a Cannes, spesso erroneamente associato alla commedia erotica, in realtà di spessore tragico e drammatico, morboso e inquietante, espressione del cinema arrabbiato di quel periodo.

Il giovane Alvise (Lou Castel), figlio di un ricco industriale della provincia veneta, finge una paralisi alle gambe per evitare l'assunzione di responsabilità future nella società.
Affidato alle cure della zia materna Lea (una conturbante Lisa Gastoni), la irretirà e conquisterà in un gioco perverso e sadomaso fino a indurla ad ucciderlo con un'iniezione letale.

Incredibilmente efficace la colonna sonora di Ennio Morricone, con "Filastrocca vietnamita", cantata da Sergio Endrigo, e il cantilenante tema musicale "Guerra e pace Pollo e brace" che ricorre per l'intero film.


Trailer
https://www.youtube.com/watch?v=TPg7NEQDjv8&t=52s

"Guerra e pace Pollo e brace"
https://www.youtube.com/watch?v=fbLmZWQleLc

giovedì, marzo 01, 2018

Putifero va alla guerra



50 ANNI DAL 1968.
Attraverso una cinquantina di post, riviviamo una serie di episodi in chiave artistica, culturale, sociale del 1968.

I precedenti post qui:

http://tonyface.blogspot.it/search/label/50%20anni%20dal%201968

Film d'animazione, purtroppo dimenticato e colpevolmente trascurato, con la regia di Roberto Gavioli, fondatore della Gamma Film, studio grafico particolarmente attivo negli anni sessanta soprattutto in ambito pubblicitario per "Carosello".

PUTIFERIO VA ALLA GUERRA è un film che esalta i valori pacifisti e contro la guerra di quegli anni.
Una comunità di formiche gialle e pacifiche viene invasa da una di formiche rosse (il cui formicaio sorge sotto un elmetto nazista), guerriere e "imperialiste".
Putiferio (peraltro "vestita" in pieno stile 60's con minigonna e capelli corti) viene rapita dopo una strenua resistenza di guerriglia.
Si innamora del capo delle formiche rosse.
Le due comunità si riuniranno dovendo fare fronte contro un nemico comune, il formichiere.
Passato il pericolo, le formiche diventano un solo popolo per vivere in pace.

Il film fu trasmesso in televisione nel 1971 nella rubrica serale di Rai2 "Mille e una sera", dedicata al cinema d'animazione d'autore e è stato recentemente restaurato.

venerdì, novembre 10, 2017

L'eclisse di Michelangelo Antonioni



Un classicamente enigmatico film del sempre e per sempre immenso Michelangelo Antonioni.

L'amore fatto a pezzi, la sua assenza, lo spirito e l'anima martoriati della protagonista (una favolosa Monica Vitti che si confronta con un poco espressivo, giovane, Alain Delon), l'alienazione di un mondo moderno che diventerà sempre peggiore.
Il tutto condito da immagini che sono quadri.
Modernisti, futuristi ma anche romantici, decadenti, tremendamente malinconici.

Sullo sfondo la nuova Roma dei primi Sessanta in pieno boom economico e quella caotica del centro, della Borsa che manda in fumo milioni di lire in un botto.

Il film è un'opera d'arte da guardare, al di sopra della trama e dello spiazzante e devastante finale. Ogni inquadratura meriterebbe essere esposta in un museo.
Le simmetrie (così care poi a Kubrick), gli sguardi, i rumori appena percettibili che contrastano con momenti di puro caos sonoro.

Capolavoro.

venerdì, giugno 09, 2017

Lucifer Rising - Kenneth Anger



Lucifer Rising è un film documentario di meno di mezzora sperimentale del regista Kenneth Anger completato nel 1972 ma che necessitò di altri otto anni per venire completato ed uscì nel 1980.

La colonna sonora fu affidata a Jimmy Page (che appare fugacemente con una lunga barba mentre tiene in mano una stele egizia e ammira un ritratto dell'occultista Aleister Crowley) ma regista e musicista litigarono furiosamente accusandosi pubblicamente.
La musica (molto psichedelica e interessante) fu così assegnata a Bobby Beausoleil, che la compose in carcere dopo essere stato arrestato per le stragi compiute a fianco di Charles Manson.

Le immagini che documentano l'ascesa di Lucifero vennero registrate tra l'Egitto (Piramidi, Sfinge, Luxor, l'Inghilterra e la Germania (in una foresta "sacra" ai nazisti che mandavano la gioventù hitleriana a fare riti di iniziazione e dove su molte piante sono ancora conservate le iniziali incise ai tempi dai partecipanti).
Tra i protagonisti Marianne Faithfull mentre il fratello di Mick Jagger, Chris , dopo un litigio con Anger fu tagliato nel montaggio finale.

Il film è costituito da una serie di sequenze prive di dialoghi che raffigurano celebrazioni pagane, riti magici, evocazioni oscure tra esoterismo e satanismo.

Qui il film: https://www.youtube.com/watch?v=TWYr72xlQIQ
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