Oggi se volete viaggiare per l'Europa è sufficiente comprare un biglietto aereo (spesso la parte più complicata è proprio quella di orientarsi tra le diverse offerte e tra i vari balzelli aggiuntivi), avere la carta di identità non scaduta (non vale proprio per tutti i paesi europei, ma quasi) e partire. Nessuna dogana, nessun controllo da parte della polizia frontaliera. Viaggiare tra le diverse nazioni, da una parte grazie alle compagnie low cost e dall'altra grazie al trattato di Shengen, è ormai diventato semplice e considerato da tutti normale. Da una parte questo ha permesso a sempre più di scoprire i paesi intorno a noi, ma dall'altra ha fatto perdere un po' di fascino all'idea del viaggio. Non è sempre stato così però, anche se molti di noi o non lo hanno vissuto o lo hanno completamente scordato. C'è stato un tempo, neanche così lontano, dove anche solo per entrare in Francia si veniva sottoposti al controllo dei documenti e dove viaggiare non era alla portata di tutti. Un viaggio in un paese straniero era sempre un'avventura. La lettura di Europa Molto Amore di Scerbanenco ci riporta ai quei tempi, la sensazione è come quella di immergersi in un negozio vintage riscoprendo capi di cui si era completamente dimenticata l'esistenza. Si tratta di un'opera minore dello scritto ucraino trapiantato a Milano, il poliziesco non è accentuato e l'indagine è pressochè inesistente. Quello che veramente colpisce eè riscoprire come fosse l'Europa negli anni 60 e come potesse essere così complicato muoversi al suo interno. Ancora di più, poi, se a viaggiare sono due ragazze sole, un pò ingenue per quanto convinte del contrario, che si trovano a fuggire da una vicenda troppo più grande di loro. L'altro punto di estrema originalità, e questa volta voluto dall'autore e non causato dal passare del tempo, è il rovesciamento dei ruoli: le due ragazze viaggiano e i loro uomini le aspettano preoccupandosi e stando in asia per loro. Come sempre una lettura piacevole, ma su Scerbanenco penso di essermi già espressa positivamente più volte, un'immersione in un mondo e in una società ormai completamente cambiati. Un bel tuffo nel passato insomma.
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lunedì 9 dicembre 2013
mercoledì 28 agosto 2013
AL MARE CON LA RAGAZZA - Giorgio Scerbanenco
Chi è nato in un paese di mare difficilmente capisce il desiderio spasmodico che spesso prende coloro che abitano in una grande città di poter andare in spiaggia, bagnarsi anche solo i piedi, o passeggiare lungo il mare. Si tratta di una necessità quasi fisica, una sorta di mancanza che in certe stagioni diventa quasi intollerabile. Ed è proprio questa mancanza che spinge i due protagonisti di Al mare con la ragazza di Giorgio Scerbanenco. Duilio e Simona, si conoscono fin dall'infanzia, sono figli del boom economico milanese degli anni 60. Boom economico che da una parte ha determinato benessere, ma dall'altra ha portato alla nascita di periferie degradate dove vivere all'ombra della grande città. Sognano fin da piccoli di abbandonare anche se per pochi giorni il quartiere dormitorio in cui vivono. Il mare è per loro non tanto un luogo fisico, quanto un luogo dell'anima dove la bellezza e la natura possono avere la meglio sullo squallore e la tristezza della periferia. Quando finalmente, pur accettando di invischiarsi in un affare poco pulito, riescono ad avvicinarsi a questo loro sogno, qualcosa va storto e quello che avrebbe dovuto essere un viaggio verso il mare diventa un'odissea nel nord est di Italia. Un viaggio non tanto per lasciarsi indietro le brutture e raggiungere la felicità, ma una discesa nel dolore per poi poterne uscire. Il mare, infatti, alla fine del romanzo riuscirà a spuntarla lasciando ai diversi protagonisti uno spiraglio di felicità e prospettive positive per il futuro.
Come in molte altre sue opere Scerbanenco non condanna gli atti dei suoi protagonisti, per quanto delittuosi possano essere, ma al contrario ci porta a provare empatia con loro analizzandole le motivazioni e il contesto che li spinge ad agire in questo modo. La descrizione della periferia milanese è talmente riuscita che diventa impossibile non comprendere il desiderio di mare di Duilio e Simona. Ed è proprio qui la forza drammatica di Scerbanenco, nella sua capacità di descrivere gli ambienti in cui i suoi protagonisti si muovono, la sua penna è in grado di creare immagini come se fossero fotografie. Ancora una volta mi ritrovo a pensare che questo autore meriti molto più spazio e molta più attenzione di quelle ricevute.
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Come in molte altre sue opere Scerbanenco non condanna gli atti dei suoi protagonisti, per quanto delittuosi possano essere, ma al contrario ci porta a provare empatia con loro analizzandole le motivazioni e il contesto che li spinge ad agire in questo modo. La descrizione della periferia milanese è talmente riuscita che diventa impossibile non comprendere il desiderio di mare di Duilio e Simona. Ed è proprio qui la forza drammatica di Scerbanenco, nella sua capacità di descrivere gli ambienti in cui i suoi protagonisti si muovono, la sua penna è in grado di creare immagini come se fossero fotografie. Ancora una volta mi ritrovo a pensare che questo autore meriti molto più spazio e molta più attenzione di quelle ricevute.
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venerdì 2 agosto 2013
RESISTERE NON SERVE A NIENTE - Walter Siti
Resistere non serve a niente è senza ombra di dubbio una lettura faticosa. Non è un difetto, ma se nella lettura cercate puro intrattenimento, sicuramente l'opera vincitrice del premio Strega 2013 non fa per voi. Devo ammettere che esprimere un giudizio è piuttosto complicato, sono certa di non avere compreso tutti gli intrecci che l'autore prova ad illustrare, ma allo stesso tempo ha prodotto in me una maggiore consapevolezza su certi meccanismi che governano il nostro mondo e che alla maggior parte delle persone sfuggono. Lo scrittore modenese ci introduce con la sua opera a cavallo tra romanzo e saggio sociale al mondo della finanza, cercando di illustrare i forti legami che intercorrono con la criminalità organizzata, dimostrando come siano talmente pervasivi da essere impossibile opporre resistenza.
Non sono solo i temi trattati a rendere difficile la lettura, ma è la struttura stessa che l'autore ha dato alla sua narrazione. Il libro è come diviso in 3 parti diverse, in ognuna delle quali l'attenzione si concentra su un particolare personaggio e su una particolare tematica.
La prima parte ruota intorno alla figura dello scrittore, che si assumerà il compito poi di raccontare la vicenda del protagonista delle altre due parti. L'idea che si ha è quella che Siti dichiari in questa parte qual è la sua poetica: lo scrittore deve raccontare la società e l'attualità vivendoci dentro e sperimentando sulla propria pelle quello che ci racconta. La figura dello scrittore ci mostra poi come sia difficile non rispondere al fascino nascosto del potere e dei soldi.
La seconda parte è incentrata su Tommaso, vero protagonista di questa vicenda, giovane broker nel pieno del suo successo di cui lo scrittore decide di raccontarci la storia. Tommaso è uno sposato sociale cresciuto con forti difficoltà relazionali, adolescente bulimico sempre alla ricerca di cibo per saziare i vuoti affettivi, decide ad un certo punto di cambiare vita, e con l'aiuto di alcuni personaggi non ben definiti e grazie al suo ingegno matematico si laurea e entra nel mondo della finanza. Siti ci racconta la sua ascesa e il suo successo, la sua mania per il lavoro e per l'accumulo di ricchezza e la sua incapacità di creare relazioni stabili, la sua bulimia si è spostata dal cibo al denaro. E' un gran bel personaggio, delineato bene, profondo e veritiero.
La terza parte, è probabilmente quella più complessa, vengono svelate le vere attività di Tommaso e il legame di queste con la criminalità, ma Siti non si limita a questo, ma cerca di mostraci come la criminalità, attraverso operazioni legalmente linde, posso controllare attraverso il mondo della finanza le scelte politiche e sociali delle principali democrazie. Questa è probabilmente la parte più complessa e spesso noiosa, ma sta qui il vero messaggio che l'autore voleva comunicarci.
Come già detto, non sono certa di aver compreso tutto, sicuramente ha aumentato la mia consapevolezza su come economia, finanza, politicia e criminalità siano più intrecciate di come le persone siano portate a pensare.
Una lettura difficile, ma che lascia anche molto da riflettere.
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Non sono solo i temi trattati a rendere difficile la lettura, ma è la struttura stessa che l'autore ha dato alla sua narrazione. Il libro è come diviso in 3 parti diverse, in ognuna delle quali l'attenzione si concentra su un particolare personaggio e su una particolare tematica.
La prima parte ruota intorno alla figura dello scrittore, che si assumerà il compito poi di raccontare la vicenda del protagonista delle altre due parti. L'idea che si ha è quella che Siti dichiari in questa parte qual è la sua poetica: lo scrittore deve raccontare la società e l'attualità vivendoci dentro e sperimentando sulla propria pelle quello che ci racconta. La figura dello scrittore ci mostra poi come sia difficile non rispondere al fascino nascosto del potere e dei soldi.
La seconda parte è incentrata su Tommaso, vero protagonista di questa vicenda, giovane broker nel pieno del suo successo di cui lo scrittore decide di raccontarci la storia. Tommaso è uno sposato sociale cresciuto con forti difficoltà relazionali, adolescente bulimico sempre alla ricerca di cibo per saziare i vuoti affettivi, decide ad un certo punto di cambiare vita, e con l'aiuto di alcuni personaggi non ben definiti e grazie al suo ingegno matematico si laurea e entra nel mondo della finanza. Siti ci racconta la sua ascesa e il suo successo, la sua mania per il lavoro e per l'accumulo di ricchezza e la sua incapacità di creare relazioni stabili, la sua bulimia si è spostata dal cibo al denaro. E' un gran bel personaggio, delineato bene, profondo e veritiero.
La terza parte, è probabilmente quella più complessa, vengono svelate le vere attività di Tommaso e il legame di queste con la criminalità, ma Siti non si limita a questo, ma cerca di mostraci come la criminalità, attraverso operazioni legalmente linde, posso controllare attraverso il mondo della finanza le scelte politiche e sociali delle principali democrazie. Questa è probabilmente la parte più complessa e spesso noiosa, ma sta qui il vero messaggio che l'autore voleva comunicarci.
Come già detto, non sono certa di aver compreso tutto, sicuramente ha aumentato la mia consapevolezza su come economia, finanza, politicia e criminalità siano più intrecciate di come le persone siano portate a pensare.
Una lettura difficile, ma che lascia anche molto da riflettere.
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sabato 22 giugno 2013
IL CENTODELITTI - Giorgio Scerbanenco
I racconti andrebbero letti con calma, meglio uno o al massimo due al giorno, per evitare di portarsi dietro da uno all'altro echi e sensazioni. Ma quelli raccolti nel Centodelitti di Scerbanenco sono esattamente come le ciliegie: uno tira l'altro ed è assolutamente impossibile smettere. Nel volume sono raccolti 100 racconti scritti in pochi più di 2 anni a partire dal 1963 per essere pubblicati su una rivista femminile. E sono tutti talmente belli, anche quelli appena accennati, da chiedersi come sia possibile che tutto questo sia stato partorito da un'unica penna. La bellezza di questi racconti non sta tanto nella trama, che in poche pagine spesso riesce appena da abbozzarsi, ma nella capacità di Scerbanenco di delineare, quasi come una fotografia, con pochi tratti ambienti ed emozioni. E proprio grazie a questa capacità la lettura di questi racconti diventa un viaggio all'interno della società italiana di quegli anni, da Milano a Napoli, passando per Torino e la Sicilia. Un viaggio attraverso i diversi strati sociali dell'Italia del boom dove convivono ricchezza e povertà, imprenditoria e malavita, ma in cui gli uomini e le donne soffrono degli stessi mali e sono mossi dalle medesime pulsioni. Scerbanenco, volutamente, non si sofferma tanto sulle azioni delittuose che i protagonisti dei suoi racconti compiono, ma cerca di illustrarcene le motivazioni e le cause che le hanno determinate: ansie, frustrazioni, desideri. Quasi come se il suo intento fosse quello di creare una sorta di compendio di dolori e di tristezze umane. E ancora una volta il grande maestro del noir colpisce ancora.
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martedì 21 maggio 2013
L'INVERNO DEL NOSTRO SCONTENTO - John Steinbeck
Sensazioni contrastanti per L'inverno del nostro scontento. Da una parte c'è l'abilità impareggiabile di John Steinbeck nel rappresentare i suoi personaggi con eccezionale efficacia, nel dare loro anima e corpo e un luogo nel quale vivere. Dall'altra c'è una storia alla quale ho fatto fatica ad appassionarmi, forse perché lo stesso Steinbeck sembra averla scritta con un certo amaro distacco.
La voce narrante è quella del protagonista, un uomo deluso dalla vita, scontento e disincantato, senza più entusiasmo, la cui unica gioia è un matrimonio felice. Da qui giunge la spinta a un ultimo tentativo di migliorare la propria condizione, per donare un futuro più luminoso alla propria famiglia, ancor prima che a se stesso. E' lo spirito di sacrificio ad animare gli sforzi di Ethan Hawley, il quale si presenta come l'eroe positivo della storia. Ma attenzione, in un'America cinica e decadente, dove il mito del successo impera e si misura in dollari, non c'è posto per i puri di cuore. E' un lusso che nessuno si può permettere, Ethan, semplice commesso di negozio, meno di tutti. Il confronto con gli avventurosi e ammirati antenati della sua famiglia è inclemente, impossibile ripetere le loro gloriose gesta né tanto meno riguadagnare il rispetto della comunità e la stima perduti.
Il denaro resta l'unico mezzo attraverso il quale conquistare una posizione sociale e ciascuno si ingegna con i mezzi che gli sono propri per ottenerlo. C'è l'affarista intrallazzatore e senza scrupoli, l'impiegato chino sulla propria scrivania tutto il santo giorno, la zitella in cerca di un marito che la mantenga, il figlio a caccia di scorciatoie, ciascuno, con alterne fortune, ottiene la propria parte, anche se nessuno di solito ne rimane soddisfatto. Ethan non è più brillante degli altri ma non è uno stupido, l'intuito lo guida a formulare un piano che potrebbe concedergli il sospirato successo o condurlo al disastro.
L'America, lo sanno tutti, è il paese delle opportunità. Forse anche per Ethan ci sarà una sorpresa, forse la felicità è dietro l'angolo, anche se lui non lo sa ancora. Ma l'amarezza per una vita che, comunque vada, gli apparirà sempre meschina, potrebbe coprire il gusto dolce della vittoria perché il problema sta giù nel profondo e ci rode l'anima. Una sorta di fame dello spirito che il vile denaro non potrà mai placare.
Pur se con un romanzo meno acclamato di altri, John Steinbeck si conferma scrittore fra i più grandi, un architetto che progetta con scultorea precisione le sue storie e i suoi personaggi, lasciando sempre un segno profondo e indelebile.
Ulteriori informazioni su John Steinbeck
Visita la pagina ufficiale dei Premi Nobel per John Steinbeck
Visita il sito del museo di Salinas dedicato a John Steinbeck
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La voce narrante è quella del protagonista, un uomo deluso dalla vita, scontento e disincantato, senza più entusiasmo, la cui unica gioia è un matrimonio felice. Da qui giunge la spinta a un ultimo tentativo di migliorare la propria condizione, per donare un futuro più luminoso alla propria famiglia, ancor prima che a se stesso. E' lo spirito di sacrificio ad animare gli sforzi di Ethan Hawley, il quale si presenta come l'eroe positivo della storia. Ma attenzione, in un'America cinica e decadente, dove il mito del successo impera e si misura in dollari, non c'è posto per i puri di cuore. E' un lusso che nessuno si può permettere, Ethan, semplice commesso di negozio, meno di tutti. Il confronto con gli avventurosi e ammirati antenati della sua famiglia è inclemente, impossibile ripetere le loro gloriose gesta né tanto meno riguadagnare il rispetto della comunità e la stima perduti.
Il denaro resta l'unico mezzo attraverso il quale conquistare una posizione sociale e ciascuno si ingegna con i mezzi che gli sono propri per ottenerlo. C'è l'affarista intrallazzatore e senza scrupoli, l'impiegato chino sulla propria scrivania tutto il santo giorno, la zitella in cerca di un marito che la mantenga, il figlio a caccia di scorciatoie, ciascuno, con alterne fortune, ottiene la propria parte, anche se nessuno di solito ne rimane soddisfatto. Ethan non è più brillante degli altri ma non è uno stupido, l'intuito lo guida a formulare un piano che potrebbe concedergli il sospirato successo o condurlo al disastro.
L'America, lo sanno tutti, è il paese delle opportunità. Forse anche per Ethan ci sarà una sorpresa, forse la felicità è dietro l'angolo, anche se lui non lo sa ancora. Ma l'amarezza per una vita che, comunque vada, gli apparirà sempre meschina, potrebbe coprire il gusto dolce della vittoria perché il problema sta giù nel profondo e ci rode l'anima. Una sorta di fame dello spirito che il vile denaro non potrà mai placare.
Pur se con un romanzo meno acclamato di altri, John Steinbeck si conferma scrittore fra i più grandi, un architetto che progetta con scultorea precisione le sue storie e i suoi personaggi, lasciando sempre un segno profondo e indelebile.
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domenica 5 maggio 2013
IL PROFUMO DELLE FOGLIE DI LIMONE - Clara Sánchez
Una buona idea sprecata. La mia recensione del best-seller di Clara Sánchez Il profumo delle foglie di limone, potrebbe concludersi qui. Ma sarebbe un peccato, perché qualcosa di buono in quest'opera effettivamente c'è. Innanzitutto il personaggio di Juliàn, anziano superstite del campo di concentramento di Mauthausen, che ha dedicato buona parte della sua vita alla ricerca dei principali criminali nazisti. Attraverso di lui rivediamo non tanto i giorni trascorsi in prigionia, quanto la difficoltà di dimenticare e di sopravvivere a tutto quell'orrore. Altrettanto interessante è l'idea della setta di anziani nazisti trapiantati in Spagna e delle dinamiche psicologiche e sociali che si sviluppano al loro interno. C'è chi si pone delle domande su quanto successo, c'è chi si giustifica con il fatto che null'altro si poteva fare e c'è chi cerca di mantenere lo status quo ottenuto all'epoca. Quello che non funziona per nulla, a mio parare, è il personaggio di Sandra, giovane donna incinta alla ricerca di un posto nel mondo, che funziona da collegamento tra Julian e il gruppo di ex-nazisti. L'ho trovato un personaggio assolutamente non credibile, quanti si trasferirebbero a vivere dopo pochi giorni di conoscenza a casa di una coppia di anziani sconosciuti? E quanti ci rimarrebbero anche dopo aver scoperto il loro terribile passato da aguzzini? Sicuramente l'ingenuità della ragazza è utile per far passare il messaggio che la cattiveria si nasconde ovunque, anche nelle persone più insospettate, e funziona perfettamente da contro altare alla malizia che muove, pur con scopi diversi, gli altri personaggi del romanzo. Ma in certi casi è veramente troppo, al punto che ho più volte sperato che facesse una brutta fine, a causa della sua avventatezza. L'altro aspetto sui cui l'opera della Sánchez mi ha lasciato delusa è stato il finale. Per tutto lo svolgimento della trama si è andata creando una tensione emotiva che però non si conclude in nulla. Il finale è praticamente inesistente, non pretendo un finale in cui il bene trionfa a tutti i costi sul male, sarebbe andato bene anche l'esatto contrario, ma in questo caso tutto si conclude con un pari e patta che lascia un senso di incompiutezza.
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Titolo originale: Lo que esconde tu nombre
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domenica 3 marzo 2013
DOVE IL SOLE NON SORGE MAI - Giorgio Scerbanenco
E' il secondo romanzo di Scerbanenco che leggo, a distanza di qualche anno dal primo. Mi ero ripromessa più volte di leggere nuovamento qualcosa di questo autore, ma non ho mai saputo scegliere cosa leggere. Poi mi sono ritrovata tra le mani Dove il sole non sorge mai. E devo dire di non essere rimasta per niente delusa, anzi. Scerbanenco è famoso soprattutto per i suoi romanzi gialli/noir con ambientazione milanese, questo romanzo però è diverso, più rosa che giallo. Ma che rosa! La trama è tutto sommato molto semplice: la giovane contessa Emanuela Sinistalchi, appena quindicenne, viene arrestata e portata in un riformatorio femminile a seguito di un grosso equivoco, che tuttavia la fa risultare complice di un reato davanti agli occhi della legge. E qui il lettore inizia la discesa agli inferi con la giovane protagonista, dove la crudeltà non è legata a crimini efferati o a cattivi spietati, ma alla freddezza delle istituzioni, polizia e addetti dei riformatori, che non capiscono il dramma e la profondità di Emanuela e alla cattiveria delle sue compagne di reclusione disposte a tutto pur di galleggiare e rendere il meno difficile possibile la loro esistenza. C'è una sola speranza per Emanuela, l'amore, a cui si aggrapperà con tutta se stessa e che la guiderà come un faro nella notte. La potenza dell'autore ucraino sta nella suo linguaggio asciutto, senza fronzoli che ci colpisce in piena faccia. Un libro consigliato ai lettori di gialli, ma anche a chi cerca una storia fuori dall'ordinario.
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domenica 13 gennaio 2013
IL MERCANTE DI LIBRI MALEDETTI - Marcello Simoni
Il più grosso problema de "Il mercante di libri maledetti" è di aver vinto un premio importante come il Bancarella. A cui poi si unisce l'utilizzo per la sua promozione di roboanti fascette in cui si sono richiamati come termini di paragone niente di meno che "I pilastri della Terra" di Ken Follett e "Il Nome della Rosa" di Eco. Tutto questo ha portato a far sì che le aspettative del lettore fossero estremamente alte e la delusione provata al termine della lettura forse più cocente del dovuto.
L'opera prima di Simoni non si avvicina neanche lontanamente al capolavoro di Eco e non ha la potenza narrativa del romanzo di Follett, ma tutto sommato non è così male. Il libro è scritto bene, i personaggi non sono molto originali ma piacevoli. La vicenda narrata è quella classica da romanzo di avventura, un gruppo di personaggi che parte alla ricerca di un tesoro e che si trova ad affrontare ostacoli e a raccogliere indizi per poter arrivare alla fine. L'unico punto veramente dolente è il finale: i colpi di scena introdotti sono scontati, alcune situazioni sono chiare già alla terza pagina e l'agognato tesoro si rivela essere niente di che.
Insomma un libro piacevole, di facile lettura, adatto ad un viaggio in treno o ad una giornata in spiaggia. Niente però che possa giustificare i premi ricevuti e il successo editoriale riscosso.
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L'opera prima di Simoni non si avvicina neanche lontanamente al capolavoro di Eco e non ha la potenza narrativa del romanzo di Follett, ma tutto sommato non è così male. Il libro è scritto bene, i personaggi non sono molto originali ma piacevoli. La vicenda narrata è quella classica da romanzo di avventura, un gruppo di personaggi che parte alla ricerca di un tesoro e che si trova ad affrontare ostacoli e a raccogliere indizi per poter arrivare alla fine. L'unico punto veramente dolente è il finale: i colpi di scena introdotti sono scontati, alcune situazioni sono chiare già alla terza pagina e l'agognato tesoro si rivela essere niente di che.
Insomma un libro piacevole, di facile lettura, adatto ad un viaggio in treno o ad una giornata in spiaggia. Niente però che possa giustificare i premi ricevuti e il successo editoriale riscosso.
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sabato 18 febbraio 2012
SUPER SANTOS - Roberto Saviano
E' innegabile che Saviano sia un grande affabulatore, sia quando scrive, sia quando parla. E non importa quale argomento stia affrontando: camorra, amore, sport. Una volta che comincia la sua narrazione diventa difficile distogliere l'attenzione. All'inizio della storia raccontata in Super Santos, i protagonisti potremmo tranquillamente essere noi, che da bambini ci divertivamo a correre dietro un pallone sognando di diventare chi Maradona, chi Platini, chi Gullit, ma tutti dei grandi calciatori. Come i protagonisti, abbiamo poi, crescendo, accantonato questi grandi sogni, trovando ognuno la propria strada. L'unica differenza tra noi e loro è che noi non abbiamo rincorso il pallone nelle piazze dello spaccio controllato dalla camorra e che le scelte legate al nostro futuro non hanno dovuto fare i conti con questo fattore. Da una storia in cui è facile identificarsi Saviano ci dimostra come la criminalità organizzata sia parte della quotidianità di moltissime persone e come possa influenzarne non solo il presente, ma anche i sogni. E forse è proprio questa capacità di raccontarci come normali e quotidiane situazioni che non dovrebbero esserlo, la grandissima forza di questo autore.
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sabato 4 giugno 2011
L'UOMO DUPLICATO - Josè Saramago
Il tema del doppio ha sempre affascinato gli scrittori di tutti i tempi. Saramago, ne L'uomo Duplicato, lo tratta però in maniera decisamente nuova. Non più una persona con due diverse personalità, bensì due persone distinte, con due vite diverse ma identiche nell'aspetto, pur non essendo in alcun modo parenti.
Quanto è importante il sapere di essere unici e non copia di qualcun'altro? Quanto l'apparenza connota un uomo in quanto tale? Questi sono i quesiti che Saramago pone a noi e ai suoi protagonisti. E Saramago cerca di dare una risposta guidandoci passo passo nell'ossessione che il protagonista matura verso il proprio doppio fino ad un finale spiazzante e stupendo.
Si tratta di un tema sicuramente interessante e intrigante, l'inizio del romanzo è coinvolgente e spinge il lettore a volerne sapere di più. Il finale è di quelli che colpiscono e rimangono. Peccato però che la parte centrale sia lenta e noiosa, il protagonista eccessivamente inetto e poco attrezzato ad affrontare la sua vita, a tal punto da risultare fastidioso. Il vero valore di questo romanzo sta nello stile e nella scrittura di Saramago. L'ironia pungente, continue intrusioni del narratore nella storia, il non utilizzo delle virgolette nei dialoghi rendono lo stile di Saramago innovativo ed unico.
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Quanto è importante il sapere di essere unici e non copia di qualcun'altro? Quanto l'apparenza connota un uomo in quanto tale? Questi sono i quesiti che Saramago pone a noi e ai suoi protagonisti. E Saramago cerca di dare una risposta guidandoci passo passo nell'ossessione che il protagonista matura verso il proprio doppio fino ad un finale spiazzante e stupendo.
Si tratta di un tema sicuramente interessante e intrigante, l'inizio del romanzo è coinvolgente e spinge il lettore a volerne sapere di più. Il finale è di quelli che colpiscono e rimangono. Peccato però che la parte centrale sia lenta e noiosa, il protagonista eccessivamente inetto e poco attrezzato ad affrontare la sua vita, a tal punto da risultare fastidioso. Il vero valore di questo romanzo sta nello stile e nella scrittura di Saramago. L'ironia pungente, continue intrusioni del narratore nella storia, il non utilizzo delle virgolette nei dialoghi rendono lo stile di Saramago innovativo ed unico.
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mercoledì 13 aprile 2011
UOMINI E TOPI - John Steinbeck
C'è un'amarezza di fondo in questo spietato romanzo di Steinbeck, tale da non lasciare scampo. Giunti alla fine di Uomini e Topi, resta un profondo senso di frustrazione, dovuto al fatto che gli eroi per i quali si parteggia sono destinati a soccombere. E non si tratta di una sorpresa, Steinbeck lo mette in chiaro fin da subito, è evidente che i due protagonisti sono due poveri sprovveduti, profondamente onesti ma drammaticamente impreparati ad affrontare il mondo. Tuttavia hanno un sogno, talmente bello che vale la pena mettersi in gioco. Sanno che sarà dura ma sanno anche che, se si impegneranno, potranno farcela. Eppure, per quanta dedizione ci si possa mettere, ci sono persone che partono da così in basso che è veramente difficile risalire la china, il percorso è accidentato e, pur con tutta la prudenza e l'esperienza di cui si dispone, basta un passo falso per precipitare.
Alcuni lo sanno, ci provano ma si fermano quando si rendono conto che proseguire vorrebbe dire rischiare troppo. Preferiscono accontentarsi di quel poco che hanno ottenuto e vivere sereni, sebbene non felici.
Altri si illudono di aver ottenuto ciò che desideravano e si circondano di beni d'ogni sorta per rendere più reale questa loro illusione. Ma è come la baracca dei porcellini, basta un soffio di vento per portare via tutte le convinzioni.
Poi ci sono quelli che vivono un'intera vita nella speranza, un giorno, di poter finalmente tentare la scalata ma non hanno il coraggio di buttarsi. Restano prigionieri di se stessi, chiusi in una sorta di oblio, incapaci di ammettere che non riusciranno mai a cominciare, che hanno troppa paura di lanciarsi per inseguire il loro sogno.
Infine ci sono quelli che il sogno già lo vivono ma, e sono i più scellerati, non se ne rendono conto e vagano nella costante, infruttuosa ricerca di qualcos'altro, che nemmeno loro sanno cosa sia. Forse perché, avendo già posseduto un sogno, magari perché regalato da altri, non ne hanno più e si perdono.
Orchestrare un'opera simile è impresa che solo un maestro della letteratura può compiere. In poche pagine, Steinbeck mette in scena una rappresentazione della vita vera, senza fronzoli e con una certa ruvidezza che pone il lettore nella scomoda posizione del testimone controvoglia, il quale vorrebbe che le cose andassero diversamente ma deve ammettere che non può essere così.
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Alcuni lo sanno, ci provano ma si fermano quando si rendono conto che proseguire vorrebbe dire rischiare troppo. Preferiscono accontentarsi di quel poco che hanno ottenuto e vivere sereni, sebbene non felici.
Altri si illudono di aver ottenuto ciò che desideravano e si circondano di beni d'ogni sorta per rendere più reale questa loro illusione. Ma è come la baracca dei porcellini, basta un soffio di vento per portare via tutte le convinzioni.
Poi ci sono quelli che vivono un'intera vita nella speranza, un giorno, di poter finalmente tentare la scalata ma non hanno il coraggio di buttarsi. Restano prigionieri di se stessi, chiusi in una sorta di oblio, incapaci di ammettere che non riusciranno mai a cominciare, che hanno troppa paura di lanciarsi per inseguire il loro sogno.
Infine ci sono quelli che il sogno già lo vivono ma, e sono i più scellerati, non se ne rendono conto e vagano nella costante, infruttuosa ricerca di qualcos'altro, che nemmeno loro sanno cosa sia. Forse perché, avendo già posseduto un sogno, magari perché regalato da altri, non ne hanno più e si perdono.
Orchestrare un'opera simile è impresa che solo un maestro della letteratura può compiere. In poche pagine, Steinbeck mette in scena una rappresentazione della vita vera, senza fronzoli e con una certa ruvidezza che pone il lettore nella scomoda posizione del testimone controvoglia, il quale vorrebbe che le cose andassero diversamente ma deve ammettere che non può essere così.
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domenica 2 maggio 2010
ROSSA - Giorgio Scerbanenco
Ciò che colpisce di Scerbanenco, fin dalle prime pagine, è la sicurezza e "competenza" che dimostra nel raccontare la sua storia. Lo stesso incontro con Rossa, lo sbocciare della passione fra lei e il protagonista, viene spiegato con le parole di chi ha vissuto quelle sensazioni sulla propria pelle e con tanta forza da sapere bene di cosa sta parlando.
Non si tratta quindi di una consapevolezza di tipo tecnico ma passionale, attraverso l'esperienza. La passione domina i comportamenti dei personaggi di Scerbanenco, li rende ciechi e sordi alla ragione, si abbandonano al fato, prigionieri della loro incapacità di ribellarsi all'istinto. Quando un uomo si trova in una certa situazione, deve reagire in un certo modo e nulla potrà distoglierlo, anche se questo lo porterà alla rovina.
Scerbanenco dà ai propri personaggi l'illusione di poter gestire la propria vita, di migliorarla grazie ai propri sforzi. Tuttavia il destino si frapporrà con la sua carica distruttiva e insuperabile e loro lo sanno. Essi sanno sempre che, qualunque sia l'impegno che ci potranno mettere, accadrà un evento che allontanerà i loro sogni, vanificando ogni tentativo. Da qui il fatalismo, una vita da vivere alla giornata, un abbandonarsi all'ineluttabile destino di rovina.
Eppure Scerbanenco dà sempre loro una via di fuga, una possibilità, un modo per uscirne "puliti". E questa possibilità passa attraverso la ragione. La passione che dà gli stimoli, che è il motore della quotidianità, deve essere sapientemente dosata o rischia di trascinarci in un vortice, un pauroso vortice.
La vita richiede equilibrio, un sapiente dosaggio di ingredienti, al fine di realizzare i propri sogni, anche se questo dovesse richiedere dei sacrifici.
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Non si tratta quindi di una consapevolezza di tipo tecnico ma passionale, attraverso l'esperienza. La passione domina i comportamenti dei personaggi di Scerbanenco, li rende ciechi e sordi alla ragione, si abbandonano al fato, prigionieri della loro incapacità di ribellarsi all'istinto. Quando un uomo si trova in una certa situazione, deve reagire in un certo modo e nulla potrà distoglierlo, anche se questo lo porterà alla rovina.
Scerbanenco dà ai propri personaggi l'illusione di poter gestire la propria vita, di migliorarla grazie ai propri sforzi. Tuttavia il destino si frapporrà con la sua carica distruttiva e insuperabile e loro lo sanno. Essi sanno sempre che, qualunque sia l'impegno che ci potranno mettere, accadrà un evento che allontanerà i loro sogni, vanificando ogni tentativo. Da qui il fatalismo, una vita da vivere alla giornata, un abbandonarsi all'ineluttabile destino di rovina.
Eppure Scerbanenco dà sempre loro una via di fuga, una possibilità, un modo per uscirne "puliti". E questa possibilità passa attraverso la ragione. La passione che dà gli stimoli, che è il motore della quotidianità, deve essere sapientemente dosata o rischia di trascinarci in un vortice, un pauroso vortice.
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lunedì 29 dicembre 2008
IL CANE GIALLO - Georges Simenon
Questo giallo di Simenon è come un paio di scarpe vecchie ma comode. Una certezza. Iniziandolo si sa già che non ci si annoierà durante la lettura, che arriveremo in fondo perché non saremo in grado altrimenti di scoprire il colpevole, che ci sentiremo appagati perché il finale ci avrà soddisfatto.
Questo risultato che apparentemente può sembrare riduttivo e banale è invece uno di quelli per cui molti scrittori farebbero i salti mortali. Conquistare il pubblico è il primo obiettivo di qualunque artista. La sensazione che si ha leggendo Il cane giallo è quella che Simenon ci riesca a mani basse, senza fatica, con uno stile pulito, privo di arzigogoli, una storia lineare, con pochi sussulti ma senza pause. Anzi, la sua forza sta proprio lì, in questo crescendo lento ma costante, come l'onda che non sale così in fretta da spaventare ma sale e sale, finché ti porta via, fino in fondo al libro, che quasi non te ne sei accorto.
I fattori di questo successo si possono trovare nel sapiente gioco della trama, delle ambientazioni o nel riuscito personaggio di Maigret. Ma a mio parere ciò che fa davvero la differenza è lo stile narrativo di Simenon, che potrebbe parlarti di qualunque cosa, utilizzando qualunque forma ma riuscendo sempre e comunque ad acchiapparti.
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Questo risultato che apparentemente può sembrare riduttivo e banale è invece uno di quelli per cui molti scrittori farebbero i salti mortali. Conquistare il pubblico è il primo obiettivo di qualunque artista. La sensazione che si ha leggendo Il cane giallo è quella che Simenon ci riesca a mani basse, senza fatica, con uno stile pulito, privo di arzigogoli, una storia lineare, con pochi sussulti ma senza pause. Anzi, la sua forza sta proprio lì, in questo crescendo lento ma costante, come l'onda che non sale così in fretta da spaventare ma sale e sale, finché ti porta via, fino in fondo al libro, che quasi non te ne sei accorto.
I fattori di questo successo si possono trovare nel sapiente gioco della trama, delle ambientazioni o nel riuscito personaggio di Maigret. Ma a mio parere ciò che fa davvero la differenza è lo stile narrativo di Simenon, che potrebbe parlarti di qualunque cosa, utilizzando qualunque forma ma riuscendo sempre e comunque ad acchiapparti.
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domenica 23 novembre 2008
FIRMINO - Sam Savage
E' strano il rapporto di amore e odio che gli uomini hanno sviluppato con i topi e i ratti. Se nella realtà sono bistrattati, temuti ed evitati, nel mondo della fantasia sono spesso personaggi positivi e protagonisti di grandi racconti, basti pensare a Topolino e a tutti i topi presenti nei film di Walt Disney.
Firmino, il protagonista del romanzo dell'esordiente Sam Savage, non sfugge a questa regola e il lettore troverà semplice immedesimarsi in lui. Questa volta però non si tratta di un topo dal bell'aspetto o portatore di chissà quali valori positivi, al contrario è un ratto brutto, sfigato, malinconico e perverso. L'unica nota positiva che lo rende simpatico è il suo amore per i libri.
Firmino si ciba di libri, dapprima nel vero senso della parola per non morire di fame e proseguendo con il tempo per sfuggire alla sua natura di Topo e al progresso che ingurgita il suo mondo.
Chiunque ami la lettura non può che immedesimarsi in Firmino, nella sua necessità di leggere qualunque cosa gli capiti a tiro, nel suo utilizzare i libri come antidoto alla solitudine a al cinismo del mondo esterno.
Un libro per i divoratori di libri e per chi sogna ancora leggendo.
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Firmino, il protagonista del romanzo dell'esordiente Sam Savage, non sfugge a questa regola e il lettore troverà semplice immedesimarsi in lui. Questa volta però non si tratta di un topo dal bell'aspetto o portatore di chissà quali valori positivi, al contrario è un ratto brutto, sfigato, malinconico e perverso. L'unica nota positiva che lo rende simpatico è il suo amore per i libri.
Firmino si ciba di libri, dapprima nel vero senso della parola per non morire di fame e proseguendo con il tempo per sfuggire alla sua natura di Topo e al progresso che ingurgita il suo mondo.
Chiunque ami la lettura non può che immedesimarsi in Firmino, nella sua necessità di leggere qualunque cosa gli capiti a tiro, nel suo utilizzare i libri come antidoto alla solitudine a al cinismo del mondo esterno.
Un libro per i divoratori di libri e per chi sogna ancora leggendo.
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domenica 14 settembre 2008
LA COSCIENZA DI ZENO - Italo Svevo
Gli usi e costumi dell'uomo cambiano nel corso della storia, la società si evolve, il pensiero umano con essa. Eppure ci sono aspetti della nostra natura che non cambiano, sono quelli più vicini al nostro lato animale, sul quale le sovrastrutture comportamentali non possono influire più di tanto.
Così, se da un lato la filosofia, il linguaggio, il generale approccio dell'uomo verso il mondo che lo circonda subisce mutamenti, lo stesso non si può dire ad esempio per i sentimenti. L'uomo contemporaneo ama esattamente come quello antico, prova odio, compassione, gioia e così via, oggi come allora. Se si scrive un racconto parlando di sentimenti, la storia narrata sarà sempre attuale. La coscienza di Zeno non sfugge a questa regola ed è per questo che mantiene tutt'ora un fascino modernissimo.
Svevo sonda la psiche umana, senza paura, scavando nel torbido del suo personaggio, cioè in noi tutti, facendone emergere i molteplici aspetti, spesso poco edificanti, per non dire imbarazzanti, a volte persino patetici. L'abilità di Svevo consiste nel rendere quella che potrebbe essere una lettura mortificante in una simpatica autocritica, grazie all'ironia pungente con cui egli descrive le gesta del nostro eroe.
Purtroppo l'ilarità non dura molto ma non certo per colpa sua. Il povero Zeno infatti, se da un lato ci diverte e intenerisce con i suoi maldestri tentativi di dare un senso alla sua vita, dall'altro ci deprime poiché col suo comportamento porta impietosamente a galla tutte le debolezze, le paranoie, le frustrazioni nelle quali, nostro malgrado, ci riconosciamo.
Svevo ci porge una mano per stringere amichevolmente la nostra ma con l'altra ci schiaffeggia sonoramente e non possiamo farci niente. Inutile nascondere le nevrosi di un uomo che anela a una vita sublimata dal compiersi degli ideali in cui ciascuno crede ma che non riesce fatalmente a staccarsi dalle bassezze derivanti dalla sua stessa natura. E` un rincorrersi disperato, più ci si tende verso l'impossibile meta, più le nostre radici ci inchiodano al nostro posto. Potremo stiracchiarci quanto vogliamo ma non potremo mai spiccare il volo, anzi corriamo il rischio di spezzarci. Da qui l'aspetto profetico di Svevo che è stato capace di vedere molto bene nel futuro dell'umanità. Si può ben dire infatti che tutto il '900 si sia svolto sulla base di questo motivo conduttore, spesso con esiti tragici, di cui ancora oggi subiamo le conseguenze.
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Così, se da un lato la filosofia, il linguaggio, il generale approccio dell'uomo verso il mondo che lo circonda subisce mutamenti, lo stesso non si può dire ad esempio per i sentimenti. L'uomo contemporaneo ama esattamente come quello antico, prova odio, compassione, gioia e così via, oggi come allora. Se si scrive un racconto parlando di sentimenti, la storia narrata sarà sempre attuale. La coscienza di Zeno non sfugge a questa regola ed è per questo che mantiene tutt'ora un fascino modernissimo.
Svevo sonda la psiche umana, senza paura, scavando nel torbido del suo personaggio, cioè in noi tutti, facendone emergere i molteplici aspetti, spesso poco edificanti, per non dire imbarazzanti, a volte persino patetici. L'abilità di Svevo consiste nel rendere quella che potrebbe essere una lettura mortificante in una simpatica autocritica, grazie all'ironia pungente con cui egli descrive le gesta del nostro eroe.
Purtroppo l'ilarità non dura molto ma non certo per colpa sua. Il povero Zeno infatti, se da un lato ci diverte e intenerisce con i suoi maldestri tentativi di dare un senso alla sua vita, dall'altro ci deprime poiché col suo comportamento porta impietosamente a galla tutte le debolezze, le paranoie, le frustrazioni nelle quali, nostro malgrado, ci riconosciamo.
Svevo ci porge una mano per stringere amichevolmente la nostra ma con l'altra ci schiaffeggia sonoramente e non possiamo farci niente. Inutile nascondere le nevrosi di un uomo che anela a una vita sublimata dal compiersi degli ideali in cui ciascuno crede ma che non riesce fatalmente a staccarsi dalle bassezze derivanti dalla sua stessa natura. E` un rincorrersi disperato, più ci si tende verso l'impossibile meta, più le nostre radici ci inchiodano al nostro posto. Potremo stiracchiarci quanto vogliamo ma non potremo mai spiccare il volo, anzi corriamo il rischio di spezzarci. Da qui l'aspetto profetico di Svevo che è stato capace di vedere molto bene nel futuro dell'umanità. Si può ben dire infatti che tutto il '900 si sia svolto sulla base di questo motivo conduttore, spesso con esiti tragici, di cui ancora oggi subiamo le conseguenze.
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