Di solito non mi fido di quelle storie la cui principale attrattiva è l'ambientazione. Spesso, dopo un inizio sfolgorante, si finisce delusi da una trama inconsistente. Gli Hunger Games sono un'idea originale, la trama però non altrettanto. Tuttavia bisogna dare atto a Suzanne Collins di aver saputo imporre un ottimo ritmo alla narrazione, riuscendo così a catturare l'attenzione del lettore per tutta la durata del romanzo, qualità, questa, che non sempre le storie possiedono.
I personaggi sono ben tratteggiati, la protagonista è in gamba, ha coraggio e la giusta dose di cinismo che la rende credibile, un'eroina nella quale potersi riconoscere. Un po' meno convincenti i cattivi ma questa è una caratteristica comune ad altre scrittrici. Sarà una coincidenza ma non è la prima volta che mi capita di trovare malvagi grossolani in opere di autori appartenenti al gentil sesso. Mi piace pensare che dipenda dal fatto che sono appunto "gentili".
Suzanne Collins racconta di una società estrema, della quale i suoi Hunger Games sono l'espressione più grottesca. Colpisce la scelta di descrivere la popolazione sottomessa come gente non solo dominata ma del tutto sconfitta. L'agghiacciante prospettiva di vedere un proprio figlio consegnato alle autorità per partecipare a una competizione nella quale probabilmente morirà, viene vissuta con rassegnazione, nemmeno un tentativo di rivolta, nemmeno da parte di chi viene chiamato a partecipare. Viene definito "tributo" ed in effetti è come fosse una tassa da pagare: costa ma permette di vivere sereni.
Compito della fantascienza è sondare il campo delle ipotesi: cosa accadrebbe se…? Come dicevo, capita spesso che l'autore si fermi a questa domanda, senza riuscire a sviluppare il tema. Suzanne Collins si limita, in questo che è il primo capitolo di una saga, a raccontarci come il mondo di Panem viva e sopravviva attraverso contrasti così netti, senza offrire soluzioni ma semplicemente con l'intento di arrivare al giorno dopo. Si colgono i semi del cambiamento ma non sono nemmeno germogli e si può solo immaginare se mai la nostra Katniss vivrà in una società più libera e giusta.
Non resta che proseguire la lettura per scoprirlo.
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martedì 20 agosto 2013
mercoledì 5 giugno 2013
IL CASO JANE EYRE - Jasper Fforde
Considerate le sue caratteristiche, il caso Jane Eyre di Jasper Fforde non poteva che piacermi e divertirmi. Inanzitutto è un romanzo di fantascienza, e io adoro la fantascienza. In realtà la definizione più calzante è quella di fantastoria. Le vicende sono, infatti, ambientate in un 1985 alternativo in cui Russia e Francia sono ancora impegnate nella guerra di Crimea e la letteratura è parte fondante della società. Al punto che esistono delle vere e proprie fazioni che sostengono un autore piuttosto che un altro. E qui veniamo all'altra caratteristica per cui non potevo non leggere Il Caso Jane Eyre. E' un romanzo che parla di altri romanzi, metaletteratura insomma. Ma lo fa in maniera geniale, divertente e appassionante. Protagonista della vicenda è Thursday Next, di professione detective letteraria. Il suo lavoro consiste nello sconfiggere i crimini contro i romanzi e contro la letteratura e nello svolgersi della narrazione la seguiamo alle prese con il furto della copia originale di Jane Eyre. Ma l'aspetto che più me lo ha fatto amare è l'idea, assolutamente geniale, che il mondo reale e quello letterario e di finzione dei romanzi siano in qualche modo collegati e sia possibile entrare dentro i romanzi e interagire con i protagonisti degli stessi. Geniale a mio parere è l'idea che gli eroi letterari siano coscienti di essere parte di un romanzo e di dover recitare in eterno sempre le stesse battute, così come l'idea di poterli seguire in tutti quei momenti che non sono narrati nei romanzi in cui si muovono. E questa è probabilmente l'elemento più divertente e più originale. Ammetto che la trama in qualche punto fa un pò acqua, certi passaggi non sono proprio chiari, ma l'ambientazione, la descrizione della società e le trovate relative al mondo dei libri sono più che sufficienti a far dimenticare alcuni elementi un pò confusi. Un bel romanzo per trascorrere piacevolmente alcune ore, alla fine del quale sarà impossibile non chiedersi in quale libro si vorrebbe entrare. Io un paio di idee ce le ho, e voi?
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Titolo originale: The Eyre Affair
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Titolo originale: The Eyre Affair
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sabato 30 marzo 2013
QUELLI DI ANARRES - Ursula Le Guin
Ursula Le Guin immagina un'utopia realizzata, una società basata sull'anarchia, dove Quelli di Anarres vivono nella condivisione e nell'uguaglianza. Come vivrebbe un popolo se avesse la possibilità di realizzare i dettami di un antico mentore il quale secoli prima condusse i loro progenitori su un pianeta dove avrebbero potuto vivere in splendido isolamento? Letteratura cosiddetta d'evasione a parte, uno dei grandi temi della fantascienza è il tentativo di prevedere il futuro, descrivere al lettore come la realtà si potrebbe presentare se particolari eventi si realizzassero. La LeGuin si sforza di dare al mondo di Anarres il giusto grado di verosimiglianza, la coerenza necessaria per dare al lettore la possibilità di credere che una società anarchica, basata su tradizioni storiche, con ritmi scanditi da metodi precisi e regole date a puro scopo indicativo ma senza alcun obbligo di seguirle, possa davvero esistere e prosperare.
La ricerca della felicità attraverso la libertà è da sempre la spinta che muove i popoli, il cambiamento è il combustibile necessario per alimentare la fiamma del desiderio. Per arrivare a lasciare il proprio mondo inteso letteralmente come pianeta con l'intento di emigrare verso un altro globo, seppure relativamente vicino, come potrebbe essere la nostra Luna, ci vuole una motivazione veramente valida. Costruire una nuova forma di società anarchica può essere un motivo sufficiente. L'entusiasmo generato da un simile atto genera una spinta motivazionale sufficiente a concedere a Quelli di Anarres centinaia d'anni di vita serena e soddisfacente, pur fra le mille difficoltà di una terra arida e inospitale, che non concede nulla e costringe i suoi abitanti a notevoli sacrifici quotidiani.
Ma come in tutte le società fatte di uomini e donne, terminata la spinta dell'entusiasmo, subentrano malumori e insofferenze, il futuro si fa nebuloso, l'incertezza si insinua nelle menti e la paura nei cuori della gente.
Anche in una società anarchica serve una prospettiva, un'idea un sogno. Toccherà a Shevek, uno scienziato geniale, restituire questo sogno, che trascende ogni ordinamento e donerà all'umanità una nuova epoca.
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La ricerca della felicità attraverso la libertà è da sempre la spinta che muove i popoli, il cambiamento è il combustibile necessario per alimentare la fiamma del desiderio. Per arrivare a lasciare il proprio mondo inteso letteralmente come pianeta con l'intento di emigrare verso un altro globo, seppure relativamente vicino, come potrebbe essere la nostra Luna, ci vuole una motivazione veramente valida. Costruire una nuova forma di società anarchica può essere un motivo sufficiente. L'entusiasmo generato da un simile atto genera una spinta motivazionale sufficiente a concedere a Quelli di Anarres centinaia d'anni di vita serena e soddisfacente, pur fra le mille difficoltà di una terra arida e inospitale, che non concede nulla e costringe i suoi abitanti a notevoli sacrifici quotidiani.
Ma come in tutte le società fatte di uomini e donne, terminata la spinta dell'entusiasmo, subentrano malumori e insofferenze, il futuro si fa nebuloso, l'incertezza si insinua nelle menti e la paura nei cuori della gente.
Anche in una società anarchica serve una prospettiva, un'idea un sogno. Toccherà a Shevek, uno scienziato geniale, restituire questo sogno, che trascende ogni ordinamento e donerà all'umanità una nuova epoca.
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venerdì 6 gennaio 2012
NEANCHE GLI DEI - Isaac Asimov
A fronte di un'idea di fondo fantasiosa e stimolante, Neanche gli dei difetta di uno sviluppo convincente della trama. Come dichiara lo stesso Asimov, la storia prende spunto da un evento casuale e lui ci ricama sopra un racconto ricco di misteri e del giusto senso del meraviglioso che è lecito aspettarsi da uno scrittore di fantascienza che si rispetti.
Tuttavia, dopo una prima metà caratterizzata da un crescendo coinvolgente e da una seconda di preparazione alla soluzione finale, si finisce un po' sotto tono, come se, dopo un pasto di ricche e gustose portate, si concludesse con un dessert deludente. La verità è che, di fronte alla bellezza delle ambientazioni, la trama passa quasi in secondo piano.
Leggendo Asimov si resta spesso colpiti dallo stile documentaristico con cui l'autore americano struttura le sue opere, si ha la sensazione di leggere il trattato di un sociologo più che la storia di un romanziere. Il famoso "sense of wonder" è assicurato e non c'è da stupirsi se poi trama e personaggi ci intrigano meno di quanto ci si aspetterebbe.
La descrizione di una società aliena, che non si limita solamente a tratteggiare l'aspetto di improbabili omini verdi, ma che ci dà invece informazioni sullo stile di vita quotidiano, sulla struttura gerarchica della società, persino sulle nevrosi dei suoi membri, con idee e intuizioni geniali, lascia stupefatti. Esattamente come la descrizione della colonia lunare nella seconda parte di Neanche gli Dei, interessante rappresentazione di una civiltà umana extraterrestre, abituata a vivere in un contesto estremamente diverso da quello originario ma non per questo meno confortevole e sofisticato. Centinaia di chilometri di gallerie, scavate nel corso di decenni, in grado di fornire case, lavoro, svaghi e ogni genere di servizi che rendono possibile il fiorire di una cultura indipendente, con un proprio stile di vita e proprie aspirazioni.
Così tanto materiale, così emotivamente coinvolgente, da far passare in secondo piano le vicende dei protagonisti. Fantascienza con la "F" maiuscola.
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Titolo originale dell'opera: The Gods Themselves
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Tuttavia, dopo una prima metà caratterizzata da un crescendo coinvolgente e da una seconda di preparazione alla soluzione finale, si finisce un po' sotto tono, come se, dopo un pasto di ricche e gustose portate, si concludesse con un dessert deludente. La verità è che, di fronte alla bellezza delle ambientazioni, la trama passa quasi in secondo piano.
Leggendo Asimov si resta spesso colpiti dallo stile documentaristico con cui l'autore americano struttura le sue opere, si ha la sensazione di leggere il trattato di un sociologo più che la storia di un romanziere. Il famoso "sense of wonder" è assicurato e non c'è da stupirsi se poi trama e personaggi ci intrigano meno di quanto ci si aspetterebbe.
La descrizione di una società aliena, che non si limita solamente a tratteggiare l'aspetto di improbabili omini verdi, ma che ci dà invece informazioni sullo stile di vita quotidiano, sulla struttura gerarchica della società, persino sulle nevrosi dei suoi membri, con idee e intuizioni geniali, lascia stupefatti. Esattamente come la descrizione della colonia lunare nella seconda parte di Neanche gli Dei, interessante rappresentazione di una civiltà umana extraterrestre, abituata a vivere in un contesto estremamente diverso da quello originario ma non per questo meno confortevole e sofisticato. Centinaia di chilometri di gallerie, scavate nel corso di decenni, in grado di fornire case, lavoro, svaghi e ogni genere di servizi che rendono possibile il fiorire di una cultura indipendente, con un proprio stile di vita e proprie aspirazioni.
Così tanto materiale, così emotivamente coinvolgente, da far passare in secondo piano le vicende dei protagonisti. Fantascienza con la "F" maiuscola.
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domenica 11 settembre 2011
LA FINE DELL'ETERNITA` - Isaac Asimov
La fantascienza basata sui viaggi nel tempo, come quella narrata ne La fine dell'eternità, è un'arma a doppio taglio. Da una parte c'è la curiosità di rivivere il passato o il fascino irresistibile dello scoprire il futuro, dall'altra ci sono gli inevitabili "paradossi temporali" che scattano come trappole non appena si muove un passo in più del consentito. Quando gli eventi si incastrano con certi contorsionismi incomprensibili, fra passato instabile, presente incerto e futuro improbabile, la trama finisce quasi sempre col perdersi per strada, l'autore si "arrangia" proponendo soluzioni abbozzate per risolvere la storia, che quasi sempre lasciano un senso di incoerenza, di non finito. E` una materia difficile da trattare, come tentare di afferrare una saponetta.
Il buon vecchio Isaac Asimov tuttavia non si smentisce neanche questa volta e con questo "La fine dell'eternità" ci fornisce il suo viaggio nel tempo facendo addirittura un passo più in là (come dubitarne), immaginando un futuro nel quale l'uomo non solo può viaggiare nel tempo ma addirittura di tale capacità ne ha fatto una scienza, codificata e strutturata. E, sorpresa, i paradossi temporali sono conosciuti e addirittura sfruttati per modificare appositamente il corso del tempo a favore del benessere dell'umanità. Garanti di questo meccanismo sono gli Eterni, specialisti in incognito che di fatto decidono il destino dell'uomo con l'unico scopo di migliorarne l'esistenza.
Tuttavia è facile immaginare come venga presto a galla il vero nodo della questione, cioè il libero arbitrio. Come può l'uomo essere padrone del proprio destino quando qualcuno, pur con tutte le buone intenzioni, impone le proprie scelte, vanificando di fatto gli sforzi compiuti dal genere umano per migliorare se stessi? Nel momento in cui gli Eterni decidono che quel tentativo può rivelarsi pericoloso o addirittura fatale per la sopravvivenza dell'intera razza umana, essi intervengono in un preciso momento del passato, con metodo scientifico, in modo tale da modificare gli eventi futuri. Il mondo potrà così proseguire la sua avventura sereno e inconsapevole.
La domanda che si pone è: cosa è preferibile? La pace e la sicurezza di una gabbia o i rischi e i pericoli di un'esistenza libera e indeterminata?
La risposta può sembrare scontata ma il metterla poi in pratica non lo è affatto, soprattutto se la si applica alla nostra vita. Il dilemma che Asimov ci pone di fronte è più quotidiano di quanto possiamo immaginare, con in più l'aggravante delle "buone intenzioni". Sì perché, se i famosi manipolatori fossero i classici nemici brutti, sporchi e cattivi, la lotta per liberarci dal giogo verrebbe supportata anche da un legittimo senso di rivalsa nei loro confronti. Sarebbe tutto più facile. Asimov invece ci propone praticamente dei sant'uomini, sacerdoti-scienziati, intorno ai quali si è venuta a creare un'aura divina, austera che intimorisce e provoca un senso di rispetto in quei pochi "comuni mortali" che hanno il privilegio di averci a che fare.
Una volta di più, le visioni del futuro proposte da Asimov non sono banali speculazioni basate su un'idea brillante. Qualcuno potrà chiamarla fantascienza d'altri tempi, fuori moda, tuttavia gli spunti offerti da questa come da altre storie impongono riflessioni che interessano e interesseranno le generazioni di oggi e di domani. Esse partono da temi più profondi, che trascendono le questioni attuali, le paure moderne, i dubbi del giorno dopo. La finestra che Asimov ci apre con i suoi romanzi offre una vista da una posizione molto elevata e per questo ci permette di vedere più chiaro e più lontano. Come solo i grandi classici sanno fare.
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Il buon vecchio Isaac Asimov tuttavia non si smentisce neanche questa volta e con questo "La fine dell'eternità" ci fornisce il suo viaggio nel tempo facendo addirittura un passo più in là (come dubitarne), immaginando un futuro nel quale l'uomo non solo può viaggiare nel tempo ma addirittura di tale capacità ne ha fatto una scienza, codificata e strutturata. E, sorpresa, i paradossi temporali sono conosciuti e addirittura sfruttati per modificare appositamente il corso del tempo a favore del benessere dell'umanità. Garanti di questo meccanismo sono gli Eterni, specialisti in incognito che di fatto decidono il destino dell'uomo con l'unico scopo di migliorarne l'esistenza.
Tuttavia è facile immaginare come venga presto a galla il vero nodo della questione, cioè il libero arbitrio. Come può l'uomo essere padrone del proprio destino quando qualcuno, pur con tutte le buone intenzioni, impone le proprie scelte, vanificando di fatto gli sforzi compiuti dal genere umano per migliorare se stessi? Nel momento in cui gli Eterni decidono che quel tentativo può rivelarsi pericoloso o addirittura fatale per la sopravvivenza dell'intera razza umana, essi intervengono in un preciso momento del passato, con metodo scientifico, in modo tale da modificare gli eventi futuri. Il mondo potrà così proseguire la sua avventura sereno e inconsapevole.
La domanda che si pone è: cosa è preferibile? La pace e la sicurezza di una gabbia o i rischi e i pericoli di un'esistenza libera e indeterminata?
La risposta può sembrare scontata ma il metterla poi in pratica non lo è affatto, soprattutto se la si applica alla nostra vita. Il dilemma che Asimov ci pone di fronte è più quotidiano di quanto possiamo immaginare, con in più l'aggravante delle "buone intenzioni". Sì perché, se i famosi manipolatori fossero i classici nemici brutti, sporchi e cattivi, la lotta per liberarci dal giogo verrebbe supportata anche da un legittimo senso di rivalsa nei loro confronti. Sarebbe tutto più facile. Asimov invece ci propone praticamente dei sant'uomini, sacerdoti-scienziati, intorno ai quali si è venuta a creare un'aura divina, austera che intimorisce e provoca un senso di rispetto in quei pochi "comuni mortali" che hanno il privilegio di averci a che fare.
Una volta di più, le visioni del futuro proposte da Asimov non sono banali speculazioni basate su un'idea brillante. Qualcuno potrà chiamarla fantascienza d'altri tempi, fuori moda, tuttavia gli spunti offerti da questa come da altre storie impongono riflessioni che interessano e interesseranno le generazioni di oggi e di domani. Esse partono da temi più profondi, che trascendono le questioni attuali, le paure moderne, i dubbi del giorno dopo. La finestra che Asimov ci apre con i suoi romanzi offre una vista da una posizione molto elevata e per questo ci permette di vedere più chiaro e più lontano. Come solo i grandi classici sanno fare.
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lunedì 1 agosto 2011
NEUROMANTE - William Gibson
Considerato un "must" per gli amanti del genere cyberpunk, Neuromante offre un inquietante sguardo sul futuro dell'umanità. Con uno stile spigliato e decadente, Gibson ci porta in un domani non lontano, dove la simbiosi uomo-macchina è completa, al punto che si distingue a fatica il confine fra i due mondi. L'uomo è in parte macchina e la macchina è in parte uomo, sebbene la macchina resti ancora confinata in una sorta di dimensione parallela, il cyberspazio appunto, nel quale però Case, il protagonista, ci bazzica spesso e anche volentieri, alla ricerca di informazioni da rubare, di protezioni da scardinare, utilizzando virus informatici e altri strumenti iper-tecnologici. Niente a che vedere con il solito ragazzino nerd che mette in imbarazzo gli amministratori di rete dell'ente militare di turno, Case entra con la propria mente direttamente nel mondo privo di forma e di sostanza nel quale le informazioni scorrono, vengono scambiate o tenute al sicuro, per farne man bassa, per rivenderle al miglior offerente.
Gli spunti di riflessione proposti da Gibson sono numerosi e in gran parte attuali. Lo stile risente un po' dell'epoca in cui il libro è stato scritto, gli anni '80 della droga, della malavita organizzata, delle grandi multinazionali. Oggi questi fenomeni sono stati metabolizzati dall'opinione pubblica ma non per questo hanno cessato di esistere e il corso delle cose, come l'attualità ci indica, non sembra andare in una direzione molto diversa da quella ipotizzata dallo scrittore americano.
Sempre più numerose sono le acquisizioni di imprese più piccole o in difficoltà da parte di aziende di livello mondiale, addirittura in certi casi proprietarie di beni ed enti pubblici, eventi favoriti dalla recente crisi economica. Nulla di strano quindi nel paventare un futuro letteralmente dominato da queste mega-società il cui unico obiettivo è realizzare il profitto e mantenere il proprio status.
Stesso discorso per quanto riguarda la cibernetica, i passi avanti fatti nella genetica permettono di pensare a protesi e dispositivi vari impiantati nel nostro corpo per aiutarci a vivere o a sopravvivere. Niente di strano dunque nell'immaginare personaggi dotati di bracci meccanici, di lenti scure computerizzate al posto degli occhi, di organi "speciali" che possono salvare o compromettere la vita di un uomo.
Il futuro immaginato da William Gibson non è remoto, per certi versi può essere esaltante ma anche pauroso. Se a queste visioni associamo uno stile di scrittura da noir, cinico, disperato, violento, otteniamo una miscela esplosiva, coinvolgente, seducente.
Uno stile che travolge il lettore, lo inchioda con quel modo diretto e un po' volgare di presentare le scene ma che non è facile seguire. Gibson non ti fa stare a tuo agio, il ritmo è incalzante, rari i momenti di quiete, si ha sempre il fiatone e spesso non si fa in tempo a rendersi conto di cosa sta accadendo. Molte cose vengono date per scontate, l'immagine è spesso sfocata, si ha l'impressione di essere perennemente fra il sonno e la veglia, come Case, preda di qualche droga che ci porta sull'orlo di una sensazione onirica, come guardare un film in una lingua incomprensibile senza sottotitoli. A causa di questo torpore affannato, la trama scivola via, sfuggente e resta la sensazione di essere stati trasportati in una dimensione perfettamente realistica, così ricca di dettagli, così precisa nelle descrizioni, così vera da restare abbagliati ma allo stesso tempo di non essere in grado di capire cosa sta accadendo.
Resta poco della storia in sé ma, come ogni sogno agitato, alla fine rimane un senso di inquietudine, di disagio, di incertezza.
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Gli spunti di riflessione proposti da Gibson sono numerosi e in gran parte attuali. Lo stile risente un po' dell'epoca in cui il libro è stato scritto, gli anni '80 della droga, della malavita organizzata, delle grandi multinazionali. Oggi questi fenomeni sono stati metabolizzati dall'opinione pubblica ma non per questo hanno cessato di esistere e il corso delle cose, come l'attualità ci indica, non sembra andare in una direzione molto diversa da quella ipotizzata dallo scrittore americano.
Sempre più numerose sono le acquisizioni di imprese più piccole o in difficoltà da parte di aziende di livello mondiale, addirittura in certi casi proprietarie di beni ed enti pubblici, eventi favoriti dalla recente crisi economica. Nulla di strano quindi nel paventare un futuro letteralmente dominato da queste mega-società il cui unico obiettivo è realizzare il profitto e mantenere il proprio status.
Stesso discorso per quanto riguarda la cibernetica, i passi avanti fatti nella genetica permettono di pensare a protesi e dispositivi vari impiantati nel nostro corpo per aiutarci a vivere o a sopravvivere. Niente di strano dunque nell'immaginare personaggi dotati di bracci meccanici, di lenti scure computerizzate al posto degli occhi, di organi "speciali" che possono salvare o compromettere la vita di un uomo.
Il futuro immaginato da William Gibson non è remoto, per certi versi può essere esaltante ma anche pauroso. Se a queste visioni associamo uno stile di scrittura da noir, cinico, disperato, violento, otteniamo una miscela esplosiva, coinvolgente, seducente.
Uno stile che travolge il lettore, lo inchioda con quel modo diretto e un po' volgare di presentare le scene ma che non è facile seguire. Gibson non ti fa stare a tuo agio, il ritmo è incalzante, rari i momenti di quiete, si ha sempre il fiatone e spesso non si fa in tempo a rendersi conto di cosa sta accadendo. Molte cose vengono date per scontate, l'immagine è spesso sfocata, si ha l'impressione di essere perennemente fra il sonno e la veglia, come Case, preda di qualche droga che ci porta sull'orlo di una sensazione onirica, come guardare un film in una lingua incomprensibile senza sottotitoli. A causa di questo torpore affannato, la trama scivola via, sfuggente e resta la sensazione di essere stati trasportati in una dimensione perfettamente realistica, così ricca di dettagli, così precisa nelle descrizioni, così vera da restare abbagliati ma allo stesso tempo di non essere in grado di capire cosa sta accadendo.
Resta poco della storia in sé ma, come ogni sogno agitato, alla fine rimane un senso di inquietudine, di disagio, di incertezza.
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lunedì 4 luglio 2011
IO, ROBOT - Isaac Asimov
Il termine fantascienza va stretto a questa raccolta di racconti del "tirannico" Isaac Asimov. "Io, robot" non è una semplice antologia di storie fantastiche che i sempre più rari (alleluja!) detrattori di tutto ciò che è "fanta-qualcosa" bollano come lavori di stampo adolescenziale o come (sic!) "romanzi di evasione". Siamo di fronte al tentativo, riuscito, di studiare la psiche umana, a livello individuale e, tanto per gradire, pure su scala planetaria, cercando di immaginare come saremo nel domani che ci attende. Asimov ci regala uno sguardo sul futuro, dove, udite udite, non troveremo i soliti mostriciattoli alieni che si premurano di sostituire le ormai dimenticate bestie carnivore della jungla, al fine di soddisfare il nostro imbarazzante e puerile bisogno di sfogare l'aggressività repressa.
Ciò che ci attende è una società in evoluzione, iper-tecnologica, dove la ricerca scientifica ci conduce verso traguardi sempre più lontani. Una società che si pone domande, che ha paura della propria stessa intelligenza, alla quale però non può rinunciare, al punto da produrne una artificiale, autonoma e cosciente.
Affascinante quanto Asimov riesca ad essere credibile, non si fa mai prendere la mano, non racconta con l'intento di stupire il lettore, la sua non è un'invenzione ma una previsione, che si basa sulla ferrea logica della scienza. Con simili presupposti è normale scavalcare certe banalità del genere, prendere a sberle gli alieni è roba da videogames, qui si fa sul serio, qui si cerca veramente di guardare nel futuro, per scoprire come potremmo essere da qui a decine, centinaia di anni. Inutile negarlo, il livello letterario di questo maestro è di qualità superiore o, per restare in tema, di un altro pianeta.
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Ciò che ci attende è una società in evoluzione, iper-tecnologica, dove la ricerca scientifica ci conduce verso traguardi sempre più lontani. Una società che si pone domande, che ha paura della propria stessa intelligenza, alla quale però non può rinunciare, al punto da produrne una artificiale, autonoma e cosciente.
Affascinante quanto Asimov riesca ad essere credibile, non si fa mai prendere la mano, non racconta con l'intento di stupire il lettore, la sua non è un'invenzione ma una previsione, che si basa sulla ferrea logica della scienza. Con simili presupposti è normale scavalcare certe banalità del genere, prendere a sberle gli alieni è roba da videogames, qui si fa sul serio, qui si cerca veramente di guardare nel futuro, per scoprire come potremmo essere da qui a decine, centinaia di anni. Inutile negarlo, il livello letterario di questo maestro è di qualità superiore o, per restare in tema, di un altro pianeta.
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venerdì 25 giugno 2010
IL LIBRO DEL NUOVO SOLE - Gene Wolfe
Non si può certo dire che la saga del libro del nuovo sole sia una storia di facile lettura. Gene Wolfe utilizza una tecnica narrativa interessante, che spesso spiazza il lettore, lo illude dando l'impressione che il racconto prenda una certa direzione per poi sorprenderlo con un improvviso cambio di scena, una situazione inaspettata, un incontro ai limiti dell'assurdo. Probabilmente una seconda lettura permetterebbe di apprezzare al meglio certi passaggi che in prima battuta possono sembrare sconcertanti. Certo l'impegno non è leggero, l'opera ha un certo spessore anche in termini "fisici" ma di certo questo non è un romanzo da leggere come semplice svago. Merita un approccio paziente e curioso ma alla fine anche i palati esigenti trovarenno di che trarre soddisfazione.
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giovedì 3 giugno 2010
IL FIGLIO DEL TEMPO – Isaac Asimov, Robert Silverberg
Un bellissimo libro di fantascienza “Il figlio del tempo” scritto da una coppia che non ha bisogno di presentazioni, a meno che non fate parte di quel gruppo di “ignorantelli” che non conosce due giganti del settore, Isaac Asimov e Robert Silverberg. Narra la storia di un bambino di Neanderthal che viene rapito dal suo tempo e dalla sua tribù e si ritrova catapultato nel ventunesimo secolo, solo e inconsapevole che una potente società di ricerche l’ha richiamato dal suo tempo per trasformarlo in una cavia da esperimento. Anche nella fantascienza ritroviamo un aspetto romantico o comunque commovente come il rapporto che si viene a creare tra il bambino e Edith, infermiera professionale che si occupa di lui. Evito di soffermarmi sul fatto che è ben scritto e mai noioso, perché è scontato visti gli autori, forse un giudizio un po’ di parte ma se non vi va bene potete sempre commentare…
Leggetelo, non ne rimarrete delusi.
Buona lettura
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mercoledì 2 giugno 2010
MEMORIE DI UN CUOCO D’ASTRONAVE – Massimo Mongai
Se vi piace la cucina e siete amanti dei viaggi spaziali, l’unica soluzione è iniziare la lettura delle “Memorie di un cuoco d’astronave” di Massimo Mongai. Ero in cerca di qualcosa di divertente ma non banale e ho trovato questo libro in una bancarella di libri usati, mai ho investito così bene 2 euro. E’ un Premio Urania del 1997, già questo indica che per le mani non ho un semplice libro di fantascienza, parla delle avventure in giro per le galassie del cuoco Rudy “Basilico” Turturro, personaggio molto divertente, spassoso, a cui piace godersi la vita con la buona cucina e non solo. All’interno si trovano delle ricette tratte dal Manuale di cucina di Rudy, interessante la versione terrestre, le altre non ve le consiglio. Non saprei che altro aggiungere, quindi leggetelo.
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mercoledì 19 maggio 2010
TRILOGIA DEI DRAGONIERI DI PERN - Anne McCaffrey
Negli ultimi tempi si è assistito a un crescente interesse nei confronti dei draghi, creature mitologiche protagoniste della saga di Anne McCaffrey il cui fascino, a giudicare dai titoli al cinema o in recenti romanzi fantasy, continua ad influenzare l'immaginario collettivo. Il pubblico sembra essere dedito a una sorta di ricerca di affetto nei confronti di un compagno immaginario che si vorrebbe dotato di intelletto e autodeterminazione ma allo stesso tempo fedele e docile come un cane. Caratteristiche che poco si conciliano con un mostro sputafuoco e gigantesco, un rettile dotato di una saggezza superiore con l'irresistibile tendenza ad accumulare tesori di cui diventa gelosissimo custode.
E` l'eterna attrazione che proviamo per la bestia dai terribili poteri ma che vorremmo allo stesso tempo imparare a conoscere e addomesticare, un istinto che ha probabilmente radici profonde nel nostro essere, in cui il sesso gioca un ruolo importante.
Al di là delle motivazioni con le quali Anne McCaffrey abbia scritto la sua saga sui dragonieri di Pern, ciò che viene fuori da questa trilogia è l'ammirazione che l'autrice prova nei confronti di queste creature, dalle quali tra l'altro dipende la sopravvivenza del genere umano nel lontano mondo alieno sul quale vivono. Le imprese a cui sono chiamati questi esseri speciali tuttavia non bastano a restituire loro la giusta dimensione che altri racconti invece efficacemente consegnano, siano essi brutali e terrificanti, saggi e ammirevoli, leggendari e invincibili.
Sul mondo di Pern essi vengono relegati al rango di animali addomesticati, asserviti alle necessità della razza umana, da essi amati dell'amore che si può nutrire per una meraviglia tecnologica, non già per una creatura della quale si ammira e si teme la superiorità fisica e mentale. Troppo poco per chi ha provato timore e meraviglia di fronte all'astuzia e alla potenza di Smaug o dei draghi di Terramare.
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E` l'eterna attrazione che proviamo per la bestia dai terribili poteri ma che vorremmo allo stesso tempo imparare a conoscere e addomesticare, un istinto che ha probabilmente radici profonde nel nostro essere, in cui il sesso gioca un ruolo importante.
Al di là delle motivazioni con le quali Anne McCaffrey abbia scritto la sua saga sui dragonieri di Pern, ciò che viene fuori da questa trilogia è l'ammirazione che l'autrice prova nei confronti di queste creature, dalle quali tra l'altro dipende la sopravvivenza del genere umano nel lontano mondo alieno sul quale vivono. Le imprese a cui sono chiamati questi esseri speciali tuttavia non bastano a restituire loro la giusta dimensione che altri racconti invece efficacemente consegnano, siano essi brutali e terrificanti, saggi e ammirevoli, leggendari e invincibili.
Sul mondo di Pern essi vengono relegati al rango di animali addomesticati, asserviti alle necessità della razza umana, da essi amati dell'amore che si può nutrire per una meraviglia tecnologica, non già per una creatura della quale si ammira e si teme la superiorità fisica e mentale. Troppo poco per chi ha provato timore e meraviglia di fronte all'astuzia e alla potenza di Smaug o dei draghi di Terramare.
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martedì 11 maggio 2010
FLINX NELLA TERRA DI MEZZO - Alan Dean Foster
Guardando Avatar e le foreste del pianeta Pandora, viene subito in mente il mondo arboreo in cui Alan Foster ambienta l'avventura di Flinx e del suo piccolo drago domestico. Personaggio dotato di poteri psichici, Flinx è un eroe atipico, lontano anni luce da certi spacca-montagne, molto più attirato dai misteri dello spazio e animato da una curiosità insaziabile, soprattutto quando questa gli permette di stare lontano dai suoi simili, coi quali fatica a trovare sintonia. Simili che, più lui si allontana, più loro gli vanno dietro, come quelli che, in questo episodio fra i tanti vissuti dal nostro, finiscono però col trovare guai molto grossi.
A metà strada fra l'azione e lo splatter, Foster inscena un'avventura tutto sommato avvincente, scritta con piglio sicuro e spedito, dove ciò che emerge è la rovina incontro alla quale va l'ottuso dai modi bruti a differenza dell'uomo umile e quindi curioso, che vuole capire e non necessariamente farsi capire e che migliora la propria esistenza aumentando la conoscenza, il rispetto e l'ammirazione per ciò che lo circonda, scoprendo quanto di sorprendente e interessante si possa nascondere anche dietro le realtà più spaventose.
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A metà strada fra l'azione e lo splatter, Foster inscena un'avventura tutto sommato avvincente, scritta con piglio sicuro e spedito, dove ciò che emerge è la rovina incontro alla quale va l'ottuso dai modi bruti a differenza dell'uomo umile e quindi curioso, che vuole capire e non necessariamente farsi capire e che migliora la propria esistenza aumentando la conoscenza, il rispetto e l'ammirazione per ciò che lo circonda, scoprendo quanto di sorprendente e interessante si possa nascondere anche dietro le realtà più spaventose.
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giovedì 3 dicembre 2009
CICLO DEI ROBOT - Isaac Asimov
Insieme al ciclo della Fondazione, i robot di Asimov sono probabilmente la creazione più celebre del grande scrittore americano. Ciò che probabilmente ha reso così ampio il consenso dei lettori nei confronti delle sue opere è la capacità di raccontare vicende e paesaggi che appaiono credibili, coerenti, "robuste" e in questo ciclo avvincente se ne ha forse la migliore dimostrazione. L'autorevolezza di Asimov nel dare un senso a ciò non può averne, con il piglio di chi sa esattamente di cosa sta parlando mette il lettore nella condizione di cedere senza fatica alla cosiddetta sospensione dell'incredulità. Se poi pensiamo al fatto che i progressi tecnologici cui ormai siamo abituati ci mette sempre più di frequente davanti a meraviglie che fino a pochi anni prima si credevano semplici fantasie, immergersi nella lettura di un romanzo come questo diventa veramente immediato.
La fantascienza è un genere "difficile": tolti coloro che non hanno la capacità o il desiderio di sganciarsi dalla realtà del presente o dalla irrevocabilità del passato, rimangono quelli che amano invece sognare il futuro. E non sono pochi. Tuttavia sono, giustamente, esigenti. Il lettore di fantascienza pretende coerenza, il futuro che si intende narrare deve essere possibile. Ecco allora che, se da una parte non si fa alcuna difficoltà ad accettare una tecnologia che permetta di spostarsi nell'infinità dell'universo in un semplice batter di ciglia, allo stesso tempo si storce il naso di fronte all'eroe di turno che distrugge la flotta dei cattivi alieni schiacciando il grilletto della sua super-pistola laser.
Da questo punto di vista, Asimov è senza dubbio maestro incontrastato. Le vicende narrate nei suoi libri sembrano prese dai libri di storia, quelli che si scriveranno da qui ai prossimi mille anni, con uno stile sì avventuroso ma con un'intelaiatura che ricorda il naturalismo: scientifico, metodico, quasi ineluttabile. Non per nulla l'altra sua creazione, la Psicostoria, incarna proprio questa sua visione del futuro, quella in cui le grandi masse di uomini rispondono in modo matematicamente prevedibile agli eventi che il tempo presenta loro.
Il fascino di Isaac Asimov, nei suoi romanzi di robot ma anche in molti altri racconti, scaturisce proprio dalla sua capacità non solo di raccontare storie avventurose e intriganti ma anche e soprattutto dalla possibilità di immaginare come potrebbe essere veramente il nostro domani.
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La fantascienza è un genere "difficile": tolti coloro che non hanno la capacità o il desiderio di sganciarsi dalla realtà del presente o dalla irrevocabilità del passato, rimangono quelli che amano invece sognare il futuro. E non sono pochi. Tuttavia sono, giustamente, esigenti. Il lettore di fantascienza pretende coerenza, il futuro che si intende narrare deve essere possibile. Ecco allora che, se da una parte non si fa alcuna difficoltà ad accettare una tecnologia che permetta di spostarsi nell'infinità dell'universo in un semplice batter di ciglia, allo stesso tempo si storce il naso di fronte all'eroe di turno che distrugge la flotta dei cattivi alieni schiacciando il grilletto della sua super-pistola laser.
Da questo punto di vista, Asimov è senza dubbio maestro incontrastato. Le vicende narrate nei suoi libri sembrano prese dai libri di storia, quelli che si scriveranno da qui ai prossimi mille anni, con uno stile sì avventuroso ma con un'intelaiatura che ricorda il naturalismo: scientifico, metodico, quasi ineluttabile. Non per nulla l'altra sua creazione, la Psicostoria, incarna proprio questa sua visione del futuro, quella in cui le grandi masse di uomini rispondono in modo matematicamente prevedibile agli eventi che il tempo presenta loro.
Il fascino di Isaac Asimov, nei suoi romanzi di robot ma anche in molti altri racconti, scaturisce proprio dalla sua capacità non solo di raccontare storie avventurose e intriganti ma anche e soprattutto dalla possibilità di immaginare come potrebbe essere veramente il nostro domani.
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domenica 14 dicembre 2008
SOTTO LA PELLE - Michel Faber
Sotto la Pelle è il romanzo d'esordio di Michel Faber, conosciuto ai più per il successo mondiale de Il Petalo Cremisi e Il Bianco.
Anche nella sua prima opera letteraria Faber mette al centro della sua narrazione una donna che è costretta ad utilizzare il proprio corpo per vivere e che per questa ragione vive in piena solitudine ed emarginazione.
E' un libro strano su cui è difficile dare giudizi senza rivelare troppo della trama. Partendo da uno spunto quasi banale, che potrebbe richiamare alla memoria racconti al limite tra l'erotico e il pulp e aggiungendo pagina su pagina dettagli sull'esistenza che la protagonista conduce, Faber costruisce un'allegoria crudele e spietata della nostra società e delle regole che ne stanno alla base. Una società in cui lo sfruttamento domina e l'alienazione dal proprio essere e dal proprio corpo è l'unica forma di sopravvivenza.
L'intento di Faber è sicuramente notevole e il risultato è buono. I personaggi sono realistici, le scene ben delineate, avvincenti e credibili, peccato però che ecceda talvolta in particolari e dettagli al solo scopo di colpire il lettore e rafforzare l'intento pedagogico del libro.
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Anche nella sua prima opera letteraria Faber mette al centro della sua narrazione una donna che è costretta ad utilizzare il proprio corpo per vivere e che per questa ragione vive in piena solitudine ed emarginazione.
E' un libro strano su cui è difficile dare giudizi senza rivelare troppo della trama. Partendo da uno spunto quasi banale, che potrebbe richiamare alla memoria racconti al limite tra l'erotico e il pulp e aggiungendo pagina su pagina dettagli sull'esistenza che la protagonista conduce, Faber costruisce un'allegoria crudele e spietata della nostra società e delle regole che ne stanno alla base. Una società in cui lo sfruttamento domina e l'alienazione dal proprio essere e dal proprio corpo è l'unica forma di sopravvivenza.
L'intento di Faber è sicuramente notevole e il risultato è buono. I personaggi sono realistici, le scene ben delineate, avvincenti e credibili, peccato però che ecceda talvolta in particolari e dettagli al solo scopo di colpire il lettore e rafforzare l'intento pedagogico del libro.
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venerdì 20 giugno 2008
FONDAZIONE - Isaac Asimov
Quello della Fondazione è un ciclo di romanzi dalle dimensioni ciclopiche. Lo stesso Asimov, quando lo iniziò, probabilmente non aveva in mente un così vasto sviluppo, è stato solo in un secondo momento che prese la decisione di collegare gran parte delle sue opere con uno stesso filo conduttore. Ottenendo tutto sommato un risultato abbastanza coerente.
Ma non è per questo che il ciclo della Fondazione verrà ricordato. Ciò che lo ha reso una delle opere più apprezzate della fantascienza a livello mondiale è la geniale intuizione che sta alla base di tutto, quella “psicostoria” grazie alla quale, in funzione di complessi calcoli matematici e statistici, la scienza è in grado di prevedere il futuro con estrema precisione, purché il campione sul quale i dati vengono elaborati sia composto da un gran numero di individui. La scienza quindi era in grado di prevedere con successo il destino dei popoli che, all'epoca in cui è ambientato il romanzo, avevano colonizzato la galassia.
Tutto ebbe inizio con il romanzo “Prima fondazione”, conosciuto anche come “Cronache della galassia”. Il primo capitolo inizia con quella che potremmo definire una grandiosa overture, di proporzioni così eccezionali da far impallidire qualunque kolossal cinematografico. Qui si viene a conoscenza della psicostoria e del suo inventore e del fatto che egli intenda dare vita a quella che sarebbe diventata la più grande istituzione della storia umana, cioè un'immensa enciclopedia in grado di raccogliere tutto il sapere di migliaia di anni di Storia. Gli scienziati della Fondazione avrebbero ricoperto questo incarico, col fine ultimo di preservare l'umanità dalla barbarie che si sarebbe scatenata dopo il crollo del pachidermico impero galattico, il cui declino era stato previsto appunto dalla psicostoria.
C'è parecchia carne al fuoco in questa premessa, non c'è da stupirsi che Asimov abbia avuto materiale per scrivere così tanti libri. Colpisce l'idea di una sorta di destino ciclico dell'umanità, una simmetria con l'impero romano, a seguito del quale ci fu un impoverimento culturale, limitato parzialmente dai monaci cristiani che avevano tentato di salvare il salvabile trascrivendo con cura il sapere umano dell'epoca su un altissimo numero di libri. La Fondazione di Asimov ha lo stesso scopo, qui però non abbiamo a che fare con monaci ma con scienziati, paradossalmente i futuri rappresentanti del nostro lato più spirituale. Colpisce anche il fatto che questa idea di raccogliere e preservare il sapere cavalchi ogni epoca e trovi sempre nuovi adepti in grado di portarla avanti. Sembra anzi che negli ultimi tempi abbia subito una evoluzione, non più semplice raccolta di tomi rilegati, redatta da un gruppo di persone bensì vera e propria istituzione di livello mondiale, con la novità di lasciare l'accesso libero a tutti coloro che, rispettando certe regole di impostazione, intendano contribuire.
E` innegabile che molte delle intuizioni di Asimov si siano poi tramutate in realtà con largo anticipo rispetto alle epoche di cui lui narra e questa dell'Enciclopedia Galattica non fa eccezione, sebbene per adesso si possa chiamare al limite Enciclopedia Planetaria. Probabilmente è proprio questo il segreto del successo di pubblico di quello che è considerato il più grande scrittore di fantascienza di tutti i tempi: la capacità di proporre un futuro remoto plausibile, dove l'uomo è protagonista in uno scenario maestoso e stimolante, dalle possibilità infinite, ricco di sfide e di conquiste.
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Ma non è per questo che il ciclo della Fondazione verrà ricordato. Ciò che lo ha reso una delle opere più apprezzate della fantascienza a livello mondiale è la geniale intuizione che sta alla base di tutto, quella “psicostoria” grazie alla quale, in funzione di complessi calcoli matematici e statistici, la scienza è in grado di prevedere il futuro con estrema precisione, purché il campione sul quale i dati vengono elaborati sia composto da un gran numero di individui. La scienza quindi era in grado di prevedere con successo il destino dei popoli che, all'epoca in cui è ambientato il romanzo, avevano colonizzato la galassia.
Tutto ebbe inizio con il romanzo “Prima fondazione”, conosciuto anche come “Cronache della galassia”. Il primo capitolo inizia con quella che potremmo definire una grandiosa overture, di proporzioni così eccezionali da far impallidire qualunque kolossal cinematografico. Qui si viene a conoscenza della psicostoria e del suo inventore e del fatto che egli intenda dare vita a quella che sarebbe diventata la più grande istituzione della storia umana, cioè un'immensa enciclopedia in grado di raccogliere tutto il sapere di migliaia di anni di Storia. Gli scienziati della Fondazione avrebbero ricoperto questo incarico, col fine ultimo di preservare l'umanità dalla barbarie che si sarebbe scatenata dopo il crollo del pachidermico impero galattico, il cui declino era stato previsto appunto dalla psicostoria.
C'è parecchia carne al fuoco in questa premessa, non c'è da stupirsi che Asimov abbia avuto materiale per scrivere così tanti libri. Colpisce l'idea di una sorta di destino ciclico dell'umanità, una simmetria con l'impero romano, a seguito del quale ci fu un impoverimento culturale, limitato parzialmente dai monaci cristiani che avevano tentato di salvare il salvabile trascrivendo con cura il sapere umano dell'epoca su un altissimo numero di libri. La Fondazione di Asimov ha lo stesso scopo, qui però non abbiamo a che fare con monaci ma con scienziati, paradossalmente i futuri rappresentanti del nostro lato più spirituale. Colpisce anche il fatto che questa idea di raccogliere e preservare il sapere cavalchi ogni epoca e trovi sempre nuovi adepti in grado di portarla avanti. Sembra anzi che negli ultimi tempi abbia subito una evoluzione, non più semplice raccolta di tomi rilegati, redatta da un gruppo di persone bensì vera e propria istituzione di livello mondiale, con la novità di lasciare l'accesso libero a tutti coloro che, rispettando certe regole di impostazione, intendano contribuire.
E` innegabile che molte delle intuizioni di Asimov si siano poi tramutate in realtà con largo anticipo rispetto alle epoche di cui lui narra e questa dell'Enciclopedia Galattica non fa eccezione, sebbene per adesso si possa chiamare al limite Enciclopedia Planetaria. Probabilmente è proprio questo il segreto del successo di pubblico di quello che è considerato il più grande scrittore di fantascienza di tutti i tempi: la capacità di proporre un futuro remoto plausibile, dove l'uomo è protagonista in uno scenario maestoso e stimolante, dalle possibilità infinite, ricco di sfide e di conquiste.
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venerdì 6 giugno 2008
VISIONI DAL FUTURO - Philip K. Dick
Questo è il titolo che l'editore Fanucci ha dato a una raccolta che comprende il romanzo “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” e altri racconti.
Leggere un'opera di Dick significa prepararsi a provare angoscia, quella che ci prende quando ci troviamo soli, al buio, in un luogo che non si conosce. Nelle storie di Dick non esistono punti fermi, non esistono certezze, ogni volta che si ha finalmente la sensazione di aver acquisito un risultato, ci si accorge, spesso quando ormai è troppo tardi, che qualcosa ci era sfuggito, un dettaglio apparentemente insignificante e invece determinante, grazie al quale avremmo dovuto intuire che qualcosa non andava, che c'era un inganno, un imprevisto. La novità in Dick è che, a differenza di un'impostazione kafkiana, dove l'individuo finisce col rappresentare la vittima senza speranza di un meccanismo perverso, qui, nel pieno di una perfetta coerenza, nessuno può sentirsi al sicuro, nemmeno coloro che apparentemente manovrano le leve di comando. Ce n'è per tutti, grandi e piccoli, forti e deboli, buoni e malvagi.
Nelle visioni dal futuro di Dick, l'uomo ha ormai perso ogni contatto con il mondo da cui proviene, la tecnologia invade ogni cosa, dentro e fuori il corpo umano e il suo creatore finisce col diventarne vittima, anche quando è convinto di esserne l'assoluto padrone. C'è un momento in cui egli si rende conto che la situazione gli sta scappando di mano ma sarà fatalmente sempre troppo tardi. L'uomo firma inevitabilmente la sua condanna, è colui che passa inconsapevolmente il testimone di nuova razza dominante, con l'ulteriore beffa di rendersi conto anche del fatto che questa, in quanto suo stesso prodotto, è fallace e non potrà sostituirsi al suo creatore con successo, al fine di riuscire laddove egli ha fallito. Una vera condanna senza appello.
Si ha la sensazione che Dick disprezzi se stesso e i suoi simili, ci accusa di avidità, di scarsa lungimiranza, siamo un treno in corsa, talmente lanciato da non preoccuparsi nemmeno di guardare se ci sono ancora binari da percorrere di fronte a sé. La vocazione ecologista di Dick è evidente ma resta sempre e solo sullo sfondo, un ricordo sbiadito e nulla più. In tutti i racconti c'è sempre la guerra, l'unica, vera, grande piaga che ci porterà alla rovina, una guerra in corso o appena passata che lascia dietro di sé una scia indelebile, che si porta via qualcosa del vecchio mondo che non avremo più modo di ritrovare. E così, pezzo dopo pezzo, smontiamo noi stessi, fino a rimanere con niente se non un incolmabile rammarico.
E` spietato, Dick, non ci lascia scampo, ci sbatte la sua verità in faccia e lo fa con sarcasmo, con cinico disprezzo. E` profondamente inquietante e purtroppo tremendamente attuale. Non è un caso che così tanti registi traggano film di cassetta dai suoi racconti. La verità è che, nel nostro inconscio, noi sappiamo che questa fantascienza potrebbe non essere così fantasiosa. E` un altro specchio nel quale abbiamo paura di guardare. Dick ci prende per i capelli, ci trascina davanti ad esso e ci fa guardare.
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Leggi la nostra recensione sul film Blade Runner
Leggi la nostra recensione sulla colonna sonora di Vangelis
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Leggere un'opera di Dick significa prepararsi a provare angoscia, quella che ci prende quando ci troviamo soli, al buio, in un luogo che non si conosce. Nelle storie di Dick non esistono punti fermi, non esistono certezze, ogni volta che si ha finalmente la sensazione di aver acquisito un risultato, ci si accorge, spesso quando ormai è troppo tardi, che qualcosa ci era sfuggito, un dettaglio apparentemente insignificante e invece determinante, grazie al quale avremmo dovuto intuire che qualcosa non andava, che c'era un inganno, un imprevisto. La novità in Dick è che, a differenza di un'impostazione kafkiana, dove l'individuo finisce col rappresentare la vittima senza speranza di un meccanismo perverso, qui, nel pieno di una perfetta coerenza, nessuno può sentirsi al sicuro, nemmeno coloro che apparentemente manovrano le leve di comando. Ce n'è per tutti, grandi e piccoli, forti e deboli, buoni e malvagi.
Nelle visioni dal futuro di Dick, l'uomo ha ormai perso ogni contatto con il mondo da cui proviene, la tecnologia invade ogni cosa, dentro e fuori il corpo umano e il suo creatore finisce col diventarne vittima, anche quando è convinto di esserne l'assoluto padrone. C'è un momento in cui egli si rende conto che la situazione gli sta scappando di mano ma sarà fatalmente sempre troppo tardi. L'uomo firma inevitabilmente la sua condanna, è colui che passa inconsapevolmente il testimone di nuova razza dominante, con l'ulteriore beffa di rendersi conto anche del fatto che questa, in quanto suo stesso prodotto, è fallace e non potrà sostituirsi al suo creatore con successo, al fine di riuscire laddove egli ha fallito. Una vera condanna senza appello.
Si ha la sensazione che Dick disprezzi se stesso e i suoi simili, ci accusa di avidità, di scarsa lungimiranza, siamo un treno in corsa, talmente lanciato da non preoccuparsi nemmeno di guardare se ci sono ancora binari da percorrere di fronte a sé. La vocazione ecologista di Dick è evidente ma resta sempre e solo sullo sfondo, un ricordo sbiadito e nulla più. In tutti i racconti c'è sempre la guerra, l'unica, vera, grande piaga che ci porterà alla rovina, una guerra in corso o appena passata che lascia dietro di sé una scia indelebile, che si porta via qualcosa del vecchio mondo che non avremo più modo di ritrovare. E così, pezzo dopo pezzo, smontiamo noi stessi, fino a rimanere con niente se non un incolmabile rammarico.
E` spietato, Dick, non ci lascia scampo, ci sbatte la sua verità in faccia e lo fa con sarcasmo, con cinico disprezzo. E` profondamente inquietante e purtroppo tremendamente attuale. Non è un caso che così tanti registi traggano film di cassetta dai suoi racconti. La verità è che, nel nostro inconscio, noi sappiamo che questa fantascienza potrebbe non essere così fantasiosa. E` un altro specchio nel quale abbiamo paura di guardare. Dick ci prende per i capelli, ci trascina davanti ad esso e ci fa guardare.
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venerdì 25 aprile 2008
DUNE - Frank Herbert
Frank Herbert ha saputo creare un mondo credibile, dotato di una propria coerenza, con una storia, una geografia, una politica, con un livello di dettaglio eccezionale, grazie al quale le sue storie ambientate nell'affascinante mondo desertico di Arrakis acquistano uno spessore in grado di coinvolgere efficacemente il lettore.
Tuttavia non è questo che rende Dune un libro memorabile. Herbert ha la sagacia e l'impudenza di scrivere una nuova genesi. Qui non ci si limita a raccontare le gesta di un eroe leggendario, qui si narra la storia di un profeta, un uomo atteso da un intero popolo, un uomo in grado di cambiare il destino di un mondo. Come un novello Zarathustra, Paul Atreides prende coscienza del proprio ruolo e si erge a guida spirituale, alla ricerca di una libertà perduta, di una purezza d'animo dimenticata fra le mille pieghe di una società decadente, una società incapace di reggersi sulle proprie gambe. Una società così disperata da aver dimenticato il concetto di Paradiso e che si dimena in una infinita e logorante lotta per la supremazia che non può portare ad alcuna conclusione. E` proprio questa invece la promessa del nuovo Messia, quella del cambiamento, della nuova via verso un'esistenza migliore, in definitiva di un obiettivo, in grado di regalare un senso a un'esistenza troppo arida e povera per poter essere accettata.
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Tuttavia non è questo che rende Dune un libro memorabile. Herbert ha la sagacia e l'impudenza di scrivere una nuova genesi. Qui non ci si limita a raccontare le gesta di un eroe leggendario, qui si narra la storia di un profeta, un uomo atteso da un intero popolo, un uomo in grado di cambiare il destino di un mondo. Come un novello Zarathustra, Paul Atreides prende coscienza del proprio ruolo e si erge a guida spirituale, alla ricerca di una libertà perduta, di una purezza d'animo dimenticata fra le mille pieghe di una società decadente, una società incapace di reggersi sulle proprie gambe. Una società così disperata da aver dimenticato il concetto di Paradiso e che si dimena in una infinita e logorante lotta per la supremazia che non può portare ad alcuna conclusione. E` proprio questa invece la promessa del nuovo Messia, quella del cambiamento, della nuova via verso un'esistenza migliore, in definitiva di un obiettivo, in grado di regalare un senso a un'esistenza troppo arida e povera per poter essere accettata.
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