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12/02/16

[we talk about...'zines!]
L'antica e sapiente pratica del fanzinaro...
[Sarta] Riflettevamo l'altro giorno: che senso hanno oggi i blog? Dopo un grande exploit iniziale, sembra che pochi attualmente se ne interessino o li aggiornino con continuità. Troppo impegnativi! Nell'Era del Trionfo Imperante dei Social Network (©) tutti noi preferiamo pubblicare ciò che facciamo/pensiamo/vediamo attraverso sintetici post su fb: frasi brevi, una foto, un link, un tag...tutto deve fluire semplice e veloce. Se scrivi un post di più di 10 righe, allora rassegnati ad avere un riscontro pericolosamente rasente allo zero, se non addirittura qualcuno che ti insulta perchè “oh, zio, non ho tempo di leggere tutto 'sto pippotto” (è accaduto, giuro). Sembrerebbe che fermarsi a pensare, riflettere e problematizzare ci renda...davvero poco social!
Ma a parte questo (e ho già sforato le 10 righe....ah, ma tanto sono sul blog! Tiè!) c'è una cosa che i social network non hanno ancora messo - sorprendentemente - fuori gioco: le fanzine di carta! Nell'ultimo periodo mi sono reso conto di aver collezionato un sacco di materiale molto interessante ed eterogeneo, tutto rigorosamente diy. E, dunque, dato che mi piace pensare, riflettere e problematizzare ma soprattutto condividere, ve ne propongo qui sotto una selezione ovviamente sleale ed arbitraria in base a quello che mi è rimasto sotto mano...buona lettura!

Attacca la metropoli! (by SaraPop)
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Noi definiamo la realtà attraverso il confronto, per questo ci è difficile comprendere ciò di cui non vediamo i margini (…), come per un pesce è difficile definire l'acqua”. Con queste parole si apre “Attacca la metropoli”, una simpatica fanzine a cura di Sara Pop, un prontuario di pratiche sovversive per districarsi tra gli inganni del nostro vivere quotidiano tra il cemento delle nostre città. Organizzarsi in piccole reti di sussistenza solidale, occupare, vivere di espedienti, sabotare i contatori di gas ed eletricità, boicottare i consumi, recuperare, espropriare e aderire al “nun te pago”: tutte modalità di difesa/attacco verso il conformismo e le regole della metropoli! Nell'introduzione si legge: “La metropoli è l'organizzazione quotidiana della vita nel capitalismo, la sua caratteristica è la serialità. Nella metropoli ogni giornata è uguale all'altra esattamente come ogni Autogrill, ogni panino McDonald, ogni negozio H&M è uguale all'altro. La metropoli trasmette a ripetizione un unico messaggio: tutto quello di cui hai bisogno può essere comprato e consumato. La metropoli è il nemico di tutti i giorni, modella la nostra vita, stabilisce tempi e spazi, ci ingabbia in mostri di metallo e cemento, altera le nostre relazioni e i nostri desideri. La metropoli è la nostra gabbia e noi la vogliamo distruggere”. Chiaro no?
Una curiosità: in copertina si legge “la metropoli si riproduce uguale in tutto il mondo, ci riempie i polmoni e i nervi, dà ritmo alla nostra respirazione” che è anche il verso conclusivo di una canzone inedita dei Corpse (la meravigliosa power-violence-band di Milano) dal titolo “Comunicato n.2”, che a breve uscirà su cassettina ma che io già conosco bene, avendola registrata con il nostro Kala-studio mobile...chi ha copiato chi?



How we arrived at this desolate place? (by Francesco Goat)
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Non so se questo sia esattamente il titolo di questa 'zine, ma mi piace appellarla così, con la scritta dal sapore esistenzial-nichilista che fa bella mostra in copertina. Si tratta di una raccolta di illustrazioni artistiche orgogliosamente ultra-cheap realizzate ripassando (credo) decine si volte delle immagini nella più sgrausa e scalcinata fotocopiatrice che possiate immaginare, ingrandendole a dismisura fino a renderle quasi irriconoscibili. L'effetto finale è di grande suggestione: una panoramica di luoghi desolati, atoni, in un putrido bianco e nero slabbrato, il contraltare ideale al culto patinato in alta fedeltà delle immagini pubblicitarie che (nostro malgrado) notiamo quotidianamente dappertutto. O, se preferite, un perfetto catalogo di sconosciute località nichiliste per un'immaginaria agenzia di viaggi suicidi. O ancora, la restituzione di un panorama interiore nero come il vuoto delle nostre malcelate solitudini. Niente altro, non una parola, una spiegazione, una indicazione...solo la “rassicurante” parola “always” in chiusura, a mettere la pietra tombale su ogni possibile vagito di speranza.
Che si tratti di un reperto proveniente da un'altra dimensione?


Il Folletto – foglio di critica antipsichiatrica (by Coordinamento gruppi antipsichiatrici)
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A dire il vero questa non è una vera e propria 'zine, ma un foglio di informazione, ma mi va di parlarne lo stesso. Anzi, vi consiglio di andarvi a vedere un concerto dei mitici Rauchers, che tra le altre cose sono tra i più attivi nella divulgazione di questo tipo di messaggi. Tornando al nostro foglio, già la sua copertina racchiude in maniera meravigliosamente naif il senso sinistro della disciplina psichiatrica. Il foglio contiene un po' di tutto: racconti e lettere personali, elenchi di siti web, libri e collettivi attivi sul territorio, scritti informativi e teorici. Tutto accomunato dall'intento di svelare l'inganno che c'è dietro alla presunta “cura” che altro non è che l'ennesimo strumento per controllare gli individui, de-potenziare il loro eventuale afflato anticonformista o anche semplicemente antisociale. Si scrive: “opponendosi alla pseudoscienza psichiatrica e alle sue forme di “prevenzione” che implicano pratiche autoritarie,“Il folletto” vuole essere uno strumento di informazione atto a evitare di rimanere ingabbiati nelle menzogne e nelle barbarie della psichiatria, denunciarne le torture mascherate da “cura medica”, creare una cultura di comprensione del problema e di solidarietà, nel tentativo di mettere a disposizione di tutti le esperienze di ognuno”. Per cui...scaricate!



Lungidame, numero zero (by Zanna)
>>> download here!
Concludiamo la rassegna con questa bellissima operetta cartacea a cura del buon Zanna (No White Rag): una classica raccolta, nel più tradizione stile da punkzine, di interviste, articoli, fumetti e pensieri in una lussuosa e raffinata rilegatura brossurata con tanto di illustrazioni in bianco e nero su ottima carta “avorio”. Oltre alla nostra intervista, già apparsa online su nuclearchaos.org, c'è una bella chiacchierata con gli Into theBaobab, il resoconto del tour in Indonesia dei No White Rag (imperdibile), i “consigli” per il detersivo fatto in casa di Lara, le riflessioni sulla natura di Nicola e Martina di Limbdisarm, un fumetto di Ancè, le riflessioni sulla violenza di Modi e altri contributi di loschi figuri decisamente interessanti. Finita di leggere, viene subito voglia di avere tra le mani il prossimo numero, eheheh...volete leggerla? Sussù, non fate i marci! Scrivete a nuclearchaos@autoproduzioni.net e fatevela spedire!
 

16/11/15

Copertina del demotape degli Inzirli (1993)
[We talk about...Inzirli!]
Max Mauro. Inzirli: una storia per caso (1990-1996)
[Sarta] "Ed ecco a voi...gli Inzirli! Questo libretto non è l'ennesima nostalgica biografia romanzata in chiave eroica dell'ennesimo gruppo punk del passato, ma un sincero documento sulla vita della prima punk band... che ha cantato in friulano. Partendo dal nome (che in dialetto significa “vertigine”), gli Inzirli iniziano la loro attività all'alba degli anni Novanta, quando quattro ragazzi dei dintorni di Udine decidono di metter su un gruppo punk scrivendo testi nella loro lingua originaria: non per folklore, ma perché “usare il friulano è essere neri in un mondo di bianchi, donne in una società di maschi padroni e preti bigotti, nomadi in un mondo di stanziali, punk, gay e tutto ciò che di minoritario va contro il ben pensare della maggioranza cogliona e pecorona”. 

Il libro racconta i sette anni di attività di Oscar, Max, Marco e Gb tra musica, concerti rovina e concerti pacco, furti di strumenti, vicende di militanza e solidarietà, occasioni di crescita e amicizia ma anche incontri con i peggiori personaggi ubriachi e molesti. Tutte cose che, bene o male, abbiamo sperimentato anche noi!
Il modo con cui tutto questo viene raccontato è naif e profondamente sincero: chiunque abbia mai suonato anche nel più sgangherato gruppo punk può riconoscersi nelle parole scritte da Max, voce e più giovane membro della band, con la differenza non indifferente che di vivere in una terra di confine, di margine, lo sbattimento per fare qualsiasi cosa è doppio e la noia e il perbenismo possono distruggerti molto più che in una grande città, dove i problemi forse sono differenti. “Ho sempre pensato che vivere l'hardcore e il punkrock (…) significasse essere parte di una cultura (…). Comunicare attraverso la musica che vuole comunicare e non intrattenere; l'autoproduzione, creare rapporti con altri che operano allo stesso livello, cercare strade di dissenso nuove e coinvolgenti, sono tutti aspetti di questa cultura. Ma c'è, al principio, quella sensazione vitale (…), quella sensazione di aver trovato qualcosa in cui riconoscersi, anche se la gente attorno non capiva, senza la quale non sarebbe venuto nulla dopo” (…). “Per me, questa musica e quello che ci ruota intorno in termini di comunicazione ha significato, semplicemente, trovare un posto mio dove nessuno mi facesse sentire estraneo o diverso”. 
La storia degli Inzirli nasce da qui: un incontro ad un concerto in uno squat, le prove in casa, i primi concerti e i dischi, l'importanza della rivista Usmis, che raccoglieva i contributi della controcultura anarchico-libertaria in contesto friulano, fino alle trasferte negli squat di nord italia e Slovenia, fino all'epilogo che ha portato allo scioglimento. Già, perchè un gruppo punk si scioglie? “Quanti gruppi hanno continuato a suonare quando avevano ormai già detto il loro, sopravvivendo a loro stessi? Credo che anche i Kina abbiano sentito una certa “fatica” ad un certo punto. Si capiva. Punk è grado zero, origine, inizio, momento dello sboccio, prima parola, estemporaneità, istinto, errore, vertigine. Imparare, provare se vuoi, ma quando hai imparato non puoi utilizzare più quello che hai imparato, non può diventare un lavoro. Devi ripartire da zero per non ucciderlo e ritrovarne lo spirito”. 
In effetti, ci è capitato spesso di chiederci: per quanto potrà durare la magia che ci unisce in quel sabba selvaggio e gioioso che, in fin dei conti, è un concerto punk? Qual'è il vero significato della nostra ostinazione a voler vivere le passioni più brucianti in questo modo, con istinto ferino, sbattendoci per macinare chilometri e scrivere musica, ripetendo tutte le volte le stesse situazioni, uguali eppure diverse, all'interno di spazi occupati? E la risposta, tutte le volte, sta negli sguardi delle persone che incontri, nell'esperienza viva di un'affinità che non trovi altrove, in quella sensazione unica di fare qualcosa di speciale, di autentico, in un mondo di cose finte. Alla domanda "fino a quando?", forse ci si dovrebbe chiedere "perchè smettere?". E la risposta, da parte nostra, ovviamente, è scontata!

Inzirli al CSOA Gramigna di Padova (199?)

26/11/14

11/09/14

[We talk about...]
Sullo sgombero del Telos!
Ieri, all'alba, dopo cinque anni dall'inizio dell'occupazione, è stato sgomberato il Telos di Saronno. Non abbiamo intenzione di scrivere il solito amarcord, né la solita invettiva militante, anche perché il nostro rapporto con il Telos non ha mai avuto nulla di retorico o ideologico. C'è da sempre stata soltanto grande affinità e tanto banale affetto. Non ci ricordiamo quante volte ci abbiamo suonato, registrato dischi e quante volte abbiamo condiviso momenti con le ragazze e i ragazzi che hanno animato quel posto, ma sicuramente abbiamo ricordi bellissimi per ognuna di quelle volte. E soprattutto non vogliamo scrivere un necrologio, perché sappiamo che la storia non finisce qui.
Il nostro incontro con i telosini è avvenuto qualche mese prima l'occupazione di Via Milano, quando fu squattata una vecchia area industriale in via Concordia, sempre a Saronno. Era il settembre del 2008: per festeggiare e tenere alto il morale dopo un paio di settimane di occupazione, in fretta e furia fu organizzato un concerto nello sterminato capannone. Sembrava di suonare in un hangar, il suono tornava indietro stonato e distorto, non si capiva un cazzo di niente, ma noi eravamo contentissimi! 


 

Il posto fu sgomberato di lì a poco e sempre di lì a poco (marzo 2009) fu preso lo stabile di via Milano che tutti/e conoscete. All'inizio i concerti si svolgevano nella saletta del primo piano: bastavano cinquanta persone per creare un vero e sublime caos. Poi, nel 2011 fu aperto il piano terra e allora lì lo spazio sembrò di coplo sterminato. Tanto che il suono si disperdeva creando nuovamente l'effetto hangar...



In occasione della festa di Halloween di quell'anno, un manipolo di punk col trabattello (Kalashnikov + Kontatto) si preoccupò di realizzare una (non così tanto) encomiabile opera di insonorizzazione della sala utilizzando cartoni recuperati nella spazzatura...

  

E basta, il resto è storia... 



.
E la storia non si ferma. Va avanti e segue direzioni imperscrutabili. Certo, per ora, è che i ragazzi e le ragazze del Telos, con le loro uniche forze, andando contro tutto e tutti, animati dal semplice e umano sentimento di autodeterminazione, hanno costruito in questi anni qualcosa che i politici, i funzionari e gli amministratori saronnesi (e di ogni altro luogo) si devono accontentare di sognare; vedendola in una certa prospettiva, un successo clamoroso. Che ridere e che piangere vedere poi tutti prendersi la paternità e i meriti di questo sgombero epocale che "finalmente ha riportato la legalità a Saronno". Fossimo in loro non saremmo così contenti perché l'eccezionale portata elettorale dell'affaire Telos ora è svanita e saranno costretti ad inventarsi qualcos'altro per mendicare consenso. E la fantasia non è certo dalla loro parte.
Al posto del Telos che cosa verrà quindi dato alla popolazione saronnese? L'ipotesi più accreditata allo stato attuale è... una strada. Sì, una strada tra Via Varese e Via Milano dicono i proprietari dello stabile, e se capita  pure "un'area commerciale artigianale con esposizione" (?). Però è tutto da vedere, perché il Comune deve concedere un bel po' di spazio gratis e alla fine si litigherà per mesi, forse anni, tra promesse e inciuci, così nemmeno la strada si farà. Ah! C'è stato tempo fa un tale che ha proposto di costruire al posto del Telos un parco giochi per bambini ispirato a Peppa Pig. Sfortunatamente questo tizio non è un cartone animato come Peppa Pig, ma l'aspirante sindaco di Saronno in carne ed ossa. (Parentesi. Chiedetevi: che appeal può avere nel 2014 un parco giochi ispirato agli Snorky o ai Barbapapà? Lo stesso che potrà avere nel 2040 un parco giochi ispirato a Peppa Pig, che per i bambini dell'epoca sarà presumibilmente un'entità anonima e misteriosa. Non è un dettaglio banale: è sintomatico della clamorosa mancanza di lungimiranza di certe persone che hanno ambizioni politiche e che si renderanno responsabili di sprechi, infelicità, degrado ambientale e disastri sociali).  

Insomma: spazzati via i ragazzi e le ragazze, giovani e meno giovani, che si agitavano in un coacervo di passione, vita, solidarietà, arte e cultura, chi irrompre sulla scena? Gli ideologi dello spazio spazzatura, gli utopisti delle strade sgombre, gli inventori dei Comi-point, i profeti dei centri commerciali con l'aria condizionata; dove sicuramente si terranno happening d'arte, concerti di musica d'avanguardia, letture di filosofia, dibattitti su temi d'attaulità, cene popolari, proiezioni di film d'autore, reading di poesia, registrazioni di dischi, workshop di autoproduzione, occasioni di reale integrazione e socialità...  tutte cose, come tante altre, che al Telos c'erano.
Va riconosciuto però che tra i nuovi protagonisti sulla scena c'è anche chi mantiene uno sguardo sobrio sulla realtà: il Telos era quello che era, ma rappresentava anche la risposta ad una reale esigenza di "aggregazione giovanile"; quindi "per i giovani si mettano in atto politiche adeguate, si trovino spazi per i ragazzi affinché possano incontrarsi ed esprimere la loro creatività, ma nella legalità, nel rispetto delle regole". 

Il problema è: chi li vuole i vostri centri di aggregazione giovanile? Nessuno. Perché sono dei posti tristi. Perchè sono vostri, c'è il vostro odore dentro. Quell'odore di opportunismo, di piaggeria, di mani sfregate. Lo sentite? Per questo ci sarà sempre qualcuno che occuperà un telos qualsiasi, perché voi evanescenze grige, voi riflessi nei vetri, voi nomi in calce, voi file jpeg sgranati stampati sui muri delle città in stagione elettorale, non siete in grado di capire che cosa cova nell'animo di chi ha una passione bruciante senza nome, tutta rivolta in avanti, negli spazi sterminati e selvaggi del futuro. C'è chi ha altre ambizioni, altre aspettative. C'è chi non si accontenta degli avanzi freddi e masticati del banchetto, leccati da terra, tra i vostri rutti e le vostre scorregge, ma vuole gioire di cibi squisiti, succosi, esotici, inusitati, afrfodisiaci su spiagge siderali solcate da tramonti di fuoco. 
I saronnesi sono così ingenui da convincersi che senza il Telos tutti i problemi della città possano svanire come al risveglio da un brutto sogno e mettere la croce sul vostro nome? Può darsi, ma l'inganno è da sempre la pietra tombale dei politici.
Lunga vita quindi a chi se la può permettere: LUNGA VITA AL TELOS!

18/08/14

Robert Hanna
[We talk about...]
COUNTDOWN TO ARMAGEDDON! 
(Post-crust from Seattle, U.s.a.)
[Puj] Il due settembre prossimo suoneremo a Milano con gli amici dei Countdown to Armageddon, trio di Seattle, U.S.A., al loro secondo tour europeo. Non fatevi ingannare dal nome! Non si tratta del solito d-beat apocalittico: la loro musica sta in bilico tra post-punk, crust e...beh, sì, grunge!
Considerata la città di provenienza della band, ovvero l'epicentro di quel fenomeno musicale degli anni '90, potrebbero non essere un caso! Tutti i punk della nostra generazione sono cresciuti con i dischi grunge, e sotto sotto oggi li amano più di allora. Anche Zack, batterista dei C.T.A. pare aver avuto un trascorso simile: "Sono cresciuto negli anni '90 e ho ascoltato un sacco di musica grunge in quel periodo, I Nirvana sono stati il mio gruppo preferito da quando avevo circa 12 anni. Ho imparato a conoscere il punk, metal e rock n 'roll da tutte quelle band. E divertente vedere che da queste parti pare esserci un revival grunge... ma con un taglio più hipster!". E' vero, anch'io l'ho notato caro Zack: il grunge oggi è... figo!
"Ascolto ancora un sacco di dischi grunge degli anni '90 - aggiugne Rob (chitarra/voce) - anche se alcuni di essi non sono invecchiati così bene :) E 'un peccato che la scena di Seattle sia stata così sfruttata dall'industria discografica durante quel periodo, perché un sacco di quelle band in realtà hanno scritto canzoni davvero belle, con produzioni pesanti e oscure". E Dav (basso/voce)? "Dirt degli Alice in Chains è ancora uno dei miei dischi preferiti!". 
I componenti del terzetto non hanno però vissuto in città ai tempi del grunge: si sono infatti trasferiti a Seattle da Denver, Colorado, nella prima metà degli anni zero, periodo nel quale hanno formato la band: (Zack) "Non ero a Seattle negli anni '90 così ho visto le stesse cose che hanno visto gli altri sulle riviste e in televisione. Quando mi sono trasferito qui il fenomeno si era spento del tutto".

Dav Tafoya
Formatisi nel 2003, solo nel 2008 i C.T.A. pubblicano il loro primo album, intitolato "Eater of worlds", fondamentalmente un buon album di crust melodico che raccoglie materiale scritto in un lungo periodo di tempo, inframezzato da un'altrettanto lunga pausa di ben tre anni. Quella di "Eater of Worlds" forse può sembrare una band ancora in cerca della proprio strada; una strada che i tre imboccheranno, senz'ombra di dubbio e con la sicurezza dei veterani, nel disco successivo: il bellissimo "Through the wires", prodotto dalla leggendaria Skuld Release (chi ascoltava crust e anarcopunk negli anni '90 ben conosce questa label tedesca!). "Through the wires" è un piccolo capolavoro nel quale emergono le influenze dark e grunge di cui abbiamo poc'anzi parlato. 
La causa del brusco cambiamento di rotta tra un disco e l'altro pare sia da attribuire ad una full immersion forzata nelle canzoni dei Cure: (Rob) "Durante il tour di "Eater of worlds" abbiamo imparato un sacco di cover dei Cure per uno spettacolo di Halloween che abbiamo tenuto come ultima data. Quell'esperienza ha spostato il nostro songwriting e "Through the wires" ne è stato il risultato, nonché il primo disco che abbiamo scritto con un concept unitario". 
Non fraintendete: i pezzi di Through the wires sono certamente ottime canzoni post-punk, ma come se fossero i Black Flag o i Machine Head a suonarle!
L'album ha una copertina molto suggestiva, ed anche piuttosto enigmatica, per questo abbiamo chiesto delucidazioni a Rob: "Ho scattato quella foto nei pressi del confine tra Canada e lo stato di Washington. L'idea mi è venuta scrivendo il testo della canzone che ha dato il titolo all'album. La canzone parla di ricongiungersi alla natura per sfuggire alla giungla di cemento della città; ho pensato che sarebbe stato interessante lasciare un po' libera interpretazione all'osservatore: quella persona che giace tra l'erba in copertina è viva, morta o dorme? Il protagonista della foto è in realtà il nostro amico Brandon, che suona con me in un'altra band chiamata con Sick Ward".

La copertina di "Through the wires"
Zack Alexander
La data del due settembre a Milano, al T28 assieme a noi, sarà la prima di un tour che porterà i C.T.A. a girare l'Europa: Francia, Olanda, Germania, con alcune partecipazioni prestigiose come l'Enemy of the Sun di Praga. Non si tratta della prima esperienza della band nel nostro continente, per cui ho chiesto loro che impressione si siano fatti della scena punk D.I.Y. europea sulla base degli scorsi tour. Sono emerse riflessioni interessanti: (Rob) "Ho visitato l'Europa nel 2002 con la mia vecchia band Phalanx, ho passato un sacco di tempo in tour con loro e sono rimasto subito colpito dal livello di organizzazione underground e del senso di comunità che c'è in Europa. La differenza principale tra Stati Uniti ed Europa è che gli americani hanno meno senso di comunità degli europei; la nostra é una cultura individualista che è focalizzata sul materialismo e sul guadagno personale più che su ogni altra cosa. Un sacco di lavoro sulla comunità che avviene negli Stati Uniti proviene dai punk che hanno viaggiato all'estero e hanno visto come altri gruppi lavorano insieme, ma si tratta ancora di poche persone e lontane tra loro. 
Dopo quelle prime esperienze io e i miei amici abbiamo cercato di portare alcuni di questi elementi della scena europea nella nostra, qui negli U.S.A. (vale a dire, per esempio, cucinare per le band in tour, fare attenzione che le band abbiano luoghi dove dormire, ecc.). Il nostro tour nel 2012 è stata un'esperienza positiva: pensiamo che gli europei apprezzino quello che facciamo più di quanto accada negli Stati Uniti". 
(Dav) "Sembra che gli europei siano più addentro alla nostra musica rispetto agli americani. Sono entusiasta di tornare in Europa e suonare con band che hanno idee in comune con noi, qualsiasi genere di musica suonino".
(Zack): "Ho sicuramente apprezzato l'aspetto comunitario della scena punk europea. Tutti lavorano insieme verso un obiettivo comune. Cerco di portare quest'aspetto comunitario con me ovunque vada. Stabilire un terreno comune con le persone è importante!".

Virando il discorso sull'Italia é venuto allo scoperto l'amore che i tre di Seattle nutrono per le vecchie e meno vecchie band italiane. Aaah, sempre la stessa storia: tutti cadono ai nostri piedi, siamo irresistibili!: "(Rob) Uno dei primi dischi in vinile che ho comprato è stata una copia di "Solo Odio" degli Impact. E' stato in un negozio di dischi usati in Colorado, l'ho comprato senza sapere cosa fosse perché sembrava punk. E ha totalmente cambiato la mia vita! Dopodiché sono stato ossessionato dal punk italiano: Cheta Chrome Muthafucker, Declino e Peggio Punx soprattutto. La compilation P.e.a.c.e./War e il cd antologico della Antichrist Dyonisus mi hanno acceso l'interesse per tutta quella roba".
(Zack) "Conosco vecchie band italiane come Wretched, Raw Power, Impact, Negazione, Eu Arse. In questo tour suonremo con gli Indigesti e per noi è eccitante! Attraverso Mila e Koppa (Agipunk) ho avuto modo di conoscere altre band italiane come Kontatto, Guida e i Barbarian, che mi piacciono molto". (Dav) "Wrethced e Impact!".
Bene, e ora? E ora andate ad ascoltarvi i C.T.A. sul loro Bandcamp, no? Quanto a noi, ci vediamo martedì 2 settembre a Milano, luridi punx!


06/10/13

[Torniamo a parlare di musica, con una breve rassegna di quanto, negli ulimi tempi, la scena punk DIY delle nostre parti - Milano e province limitrofe - ha proposto di nuovo!... ].

NIHILIST WAVES (gee-noise, Pavia) - Il primo attentato (2013)
[Puj] Partiamo con una scelta audace, quella di parlare di Gino e del suo progetto Nihilist Waves. One-man band dedita a generare, più o meno, rumore. Rumore per distruggere l'esistente, però! La definizione che Gino offre della sua musica è piuttosto didascalica, ma efficace: "Progetto rumorista sperimentale che mira a denunciare l'oppressione dell'individuo e della natura con suoni che non rispettano l'idea generale di musica". 
Due le produzioni discografiche di Nihilist Waves: il primo e finora unico album (Il primo attentato) é composto cinque pezzi di noise sintetico piuttosto minimal dai titoli un po' criptici (tipo Collasso di una navicella spaziale, Non ci sono soldi per la fattura, L'essenza e il comportamento dei pensieri). Il tutto si apre con il celeberrimo discorso di Gianmaria Volonté in "Indagine su un cittadino aldisopra di ogni sospetto" ("Repressione è civiltà!" tanto per intenderci...). Poi c'è la partecipazione ad una compilation dal titolo "Nazis make me vomit!": Gino ci sculaccia i padiglioni auricolari con un pezzo dal titolo ben più esplicito dei suoi standard: The only good fascist is... the dead fascist.
Noi, non si sa bene perché, apprezziamo Gino e le sue mirabolanti esibizioni live, quando, accucciato sul pavimento suona una tastierina trovata nell'uovo di pasqua e grida senza essere sentito da nessuno. In un panorama musicale dove tutti tendono ad imitare quello che fa l'altro, lui ha scelto una strada impervia e, diciamo, coraggiosa: quella di offrirsi in pasto al pubblico in tutta la sua nuda solitudine, in tutta la sua diversità musicale/lessicale che purtroppo, come tutte le differenze, genera perplessità e distanza, e nei casi peggiori pernacchie e sfottò. Gino: un martire dei nostri tempi? Vabbé. Che per le proposte artistico-musicali di questo genere, sia difficile esprimere un giudizio secondo i tradizionali canoni estetici, è ovvio, ma non ci pare davvero un problema: quel che ci interessa é l'intento: che è quello di squarciare la coltre di apatia che ci circonda! 
Un problema c'è però, ed é l'impianto artigianale con il quale Gino si presenta solitamente sul palco, che è sgangherato e malfunzionante, e incarna l'incubo di ogni fonico, perché genera feed-back atroci e lancinanti. Rumorismo sperimenatale o pick-up difettosi? 

>>> Download/listen NIHILIST WAVES "Il primo attentato" via Bandcamp!

Gino con due fan.
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DOMS (grind-fitness, Milano) - 4tks demo (2013)
[Puj] Un nuovo genere si fa largo nel panorama musicale odierno: il grind-fitness! Per ora lo suonano solo i grandi DOMS di Milano. La muscia dei DOMS (acronimo di delayed onset muscle soreness, in italiano: "indolenzimento muscolare ad insorgenza ritardata") è davvero una session di aerobica estrema. Formazione a tre (due chitarra e una batteria), capitanata dalla signorina Satanana, che non ha tempo da perdere, perché canta e suona la chitarra insieme, dimostrando di sapersi districare alla grande in mezzo a riff sincopati, cambi di tempo, battute dispari e altre trovate amene che rendono la vita di ogni musicista piuttosto complicata. Clazzo, all'altra chitarra, le dà fortunatamente una mano.
Anziché utilizzare una comoda drum-machine, i DOMS si sono dotati di un batterista cyborg (nome in codice: Santa Chove) che umilia il genere umano con il suo drumming spaventoso: d'altronde un uomo non sarebbe mai stato in grado di eseguire quelle partiture, quindi la scelta di un alieno bio-meccanico è stata pressoché obbligata. 
Per ora i DOMS si sono limitati a trivellare le nostre orecchie in occasione di una manciata di concerti qua e là nel circondario e hanno prodotto un demo di 4 pezzi piuttosto notevoli: grind-fitness perfetto, oserei dire. "This is a demo, just to be heard around and get feedback. We hope to be recording something serious soon", dicono.
Detto questo, indossate indumenti comodi e scarpe da jogging, per seguire i DOMS nei loro live. Ah! Non dimenticate i polsini di spugna per asciugare il sudore, che fanno tanto vintage anni '80!

>>> Listen/Download DOMS 4tks. demo via Bandcamp!

Santa Chove nel suo laboratorio. Non fatevi ingannare dalla maglietta degli Spazz: non è umano!


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MOTRON (sleaze-crust, Varese) - s/t (cd 2013)
[Puj] Disco senza compromesso alcuno quello dei Motron, quartetto della provincia di Varese, composto da facciazze note del giro punk/d.i.y. nostrano: Ago (Miseria/Kontatto) alla chitarra, il Gra (Campus Sterminii) alla voce, Arca (Miseria) al basso e Luchino alla batteria. Schiacciare play qui è come mettere il piede a paletta sull'acceleratore e imboccare una strada senza uscita: il viaggio non dura molto, il tempo giusto per permettersi di non toccare mai il pedale del freno. 
Se siete così perversi da cercare un incrocio ideale tre Extreme Noise Terror e Guns'n'Roses, qui lo potete trovare: ritmiche crust, voce stench, simpatici assoli sleaze-rock e attitudine da teppista di provincia. Discreta bombetta! I testi raccontano della vita di tutti i giorni, cioé tipo di quando mangi una pizza troppo salata e la notte hai gli incubi ("Kiss of death") oppure quando finisce il concerto e scopri che sei circondato da zombie ubriachi ("They are going to eat me") e vorresti salvarti, ma non puoi perché sei... uno di loro! Comunque nessuno perda tempo a leggere i testi dei Motron, dato che loro la pensano così: "If you enjoy the music just for the lyrics... FUCK OFF!". Però è un peccato, perché i loro testi dicono anche cose interessanti: per esempio, la presa di posizione di "Drugs for fun", è abbastanza audace, perché consiste in una dichiarazione chiara ed inequivoabile sul tema droga, raramente affrontato in maniera così esplicita dalle bands (anche quelle che della droga fanno un largo uso): "Without any drugs I can't paly rock'n'roll, drink and sniff is all I need. Destroy all around and wait for my down. I need some drugs, some drugs for fun". Beh!

>>> Listen MOTRON album via Youtube!

I Motron nella loro formazione originale


OVERCHARGE (Panzerdrumming punx, Varese) - demo (2013)
[Puj] Massive D-beat-R'n'R Punx Bastard: occorre aggiungre altro? Restiamo in territori crust'n'roll con gli Overcharge, anche loro dalla provincia di Varese anche loro devoti ai Motorhead. Rispetto ai Motron qui c'è più metal e meno sleazeness, e lo stesso culto per la velocità. 
I riffoni proto-metal che ci accompagnano nel regno della perversione metallica degli Overcharge mostano un certo amore per la musica tonale, che tanti colleghi disprezzano: "Accellerate", per esempio, è un bel pezzo classic-metal immerso nelle acque putride di una palude, che conserva, malgrado tutto, grande enfasi epica, da cavalcata trionfale nella tempesta. 
L'inizio di "Drown in our own" denota invece la grande tecnica chitarristica di Josh, che dietro la scorza di turpe axeman puzzone nasconde una raffinatezza hendrixiana, che noi conosciamo bene... Panzer nel frattempo picchia sulla batteria come per distruggerla, e garantisce all'ascoltatore un head-banging regolare e costante, come prescrive il medico. Fabio, infine, sbiascica meavigliosamente dietro al microfono, come se non avesse fatto altro per tutta una vita. Risultato: la perfezione. L'equilibrio totale tra punk e metal, che ultimamente tanti cercano e che nessuno trova. Booom! 

>>> Download/listen OVERCHARGE demo via Bandcamp! 
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Overcharge: musica per tutte le età.

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CORPSE (Powerviolence, Milano) - Nessuna Governabilità (e.p. 2013)
[Puj] Inizialmente non avevo capito la poderosa maestà dei Cadavere, giovane quartetto di punk milanesi dedito ad una musica che se proprio volessimo incasellarla da qualche parte, la incaselleremmo sotto la etichetta un po' così del power-violence. Ascoltando con attenzione il loro demo, sono diventati la mia band-che-suona-male preferita. Di sicuro dello stile powerviolence hanno la fretta di finire (la durata media dei pezzi si aggira intorno al minuto), i testi impressionisti e la copertina del disco scelta col culo. I riff sono insensati al punto giusto, la registrazione satura e merdosa, ma quel che fa la differenza qui sono i testi, che sono incisivi e puzzano di anni '70. Fra, il cantante, mi ha detto che nel periodo in cui li ha scritti  stava leggendo alcuni grandi saggi di Emilio Quadrelli, come "Andare ai Resti" e "Gabbie metropolitane", che anch'io ho letto, anzi divorato, perché bellissimi racconti, ricchi di testimonianze dirette, delle "lotte segrete" degli anni '70, quelle senza falce e martello, combattute dagli anarchici, dai banditi e dagli emarginati in genere, che la storia ufficiale dell'antagonismo quasi sempre dimentica. 
Il riferimento a quegli anni non ha per i Corpse ovviamente niente di archeologico, anzi è giustamente sentimentale e allusivo, determinato da un'urgenza del tutto attuale, dall'istintiva ricerca di una conflittualità sociale più lucida e sfrontata di quella che si respira oggi. 
L'ultimo pezzo é risolutore: "Sta nel prendersi la merce, sta nel prendersi la mano" è una cover (molto libera, quasi soltanto una citazione) di una canzone, forse la più bella, del cantautore milanese Gianfranco Manfredi, intitolata "Ma chi ha detto che non c'è". La reinterpretazione pedestre dei Corpse é talmente sincera da far venire le lacrime agli occhi. Lunga vita ai Corpse, quindi! I quali, ovviamente, si scioglieranno dopodomani e nessuno sentirà mai più parlare di loro... A parte gli scherzi (quali scherzi?), ci vorrebbero più gruppi in giro come questo: umili, intelligenti, romantici!

>>> Listen/download the CORPSE e.p. "Nessuna governabilità" via bandcamp! 

Ecco i Corpse in tutto il loro (contenuto) splendore...

03/10/13

[We talk about...]
PATRICIA AMA IL COBRA A SETTE TESTE! Patty Hearst, John Waters e l'Esercito di Liberazione Simbionese...
«Tutte le persone in stato d'arresto sembrano più belle. Il più brutto dei criminali sessuali e il più sgangherato dei tossici assumono un fascino particolare quando vengono ammanettati e trascinati al cospetto del pubblico americano affamato di crimine. Un nuovo criminale è l'evento più clamoroso di tutte le star dei media; è l'unico tipo di celebrità che può arrivare dalla mattina alla sera».

Patricia Hearst al momento dell'arresto.
John Waters e Patty Hearst nel 1988.
[Valeria] Chi scrive è John Waters, il regista di Baltimora che da una manciata di decadi sfida la morale ed il presunto buon gusto dell'americano medio con i suoi film. La citazione è stata tratta da «Shock. L'autobiografia trasgressiva e irriverente del re del trash»; il libro che è uscito per la Lindau nel 2000, a quasi quindici anni di distanza dalla pubblicazione negli Usa per l’americana Delta.
«Shock» può essere definito come il diario personale di John Waters che, dagli anni Settanta, sembra aver sposato la causa dello scandalo a tutti i costi. Spesso riconosciuto con l’appellativo «the Pope of trash» (il Papa del trash), basta vedere i suoi primi film, per confermare e legittimare quest’insolita investitura.
Scritto in prima persona, ci si aspetterebbe – come in ogni autobiografia che si rispetti – che parta dall’infanzia, e invece no, perché John Waters decide di raccontare la sua vita a partire dalla realizzazione di Pink Flamingos, primo film di successo che lo ha consacrato come massimo esperto del cattivo gusto. Il film (uscito nel 1972), reca il sottotitolo «An exercise in bad taste» e passerà alla storia per alcune scene che è difficile descrivere senza scadere nella volgarità e nell’oscenità. Dalle contrazioni a tempo di “Surfing Bird” di uno sfintere ripreso in primo piano, fino all'orripilante scena cult di coprofagia di Divine, la protagonista, nonché musa del regista: un travestito biondo platino di circa 150 chili che, nel film, lotta contro gli orribili coniugi Marble per aggiudicarsi il titolo di «persona più disgustosa del mondo».
Tra la narrazione della fase di produzione dei film (Pink Flamingos, Female Trouble, Desperate Living e Polyester), John Waters racconta i suoi ricordi e le sue ossessioni, in modo spontaneo e senza seguire una precisa cronologia. Racconta per esempio della sua passione morbosa per il crimine e i criminali, in un capitolo esilarante in cui descrive la fauna degli appassionati di cronaca nera che non si perdono un processo, tematica che tornerà sia in Female Trouble che nel blockbuster La Signora Ammazzatutti con Kathleen Turner (del 1994, presentato al 47° festival di Cannes).

Patricia Hearst durante la rapina alla Hiberna National Bank (1974).
Ed è qui che leggiamo per la prima volta un nome che non ci è nuovo: Patty Hearst, quella Patricia che ama il cobra a sette teste (simbolo dello SLA - l'Esercito di Liberazione Simbionese), anti-eroe tragico cantato in un pezzo contenuto nel nostro "Music is a gun loaded with future".
«Riuscire ad avere un posto a sedere a un famoso processo è come intrufolarsi alla premiazione degli Oscar: richiede gran pazienza e organizzazione. Al processo di Patty Hearst centinaia di persone aspettarono per giorni nei sacchi a pelo fuori dall'aula di tribunale per poi scoprire che c'erano solo sei o sette posti disponibili per il pubblico. [...] I fan di Patty erano adirati e si rifiutarono di spostarsi, creando così una sorta di Woodstock del crimine. Cantarono “Buon compleanno” a Patty e mangiarono rumorosamnete una torta di compleanno che aveva preparato una groupie di Patty...»
John Waters racconta di aver avuto l'onore di ascoltare la testimonianza di Patricia Hearst e scrive:
«Dopo settimane di studio di foto ingannevoli dell'accusato sui giornali è sempre un'eccitazione vedere coi propri occhi il criminale in carne e ossa. Alcuni fan svengono come groupie impazziti di rockstar. [...] Patty Hearst, comunque, fu sempre una delusione, con il suo aspetto così anonimo con le sue scarpe per bene e il suo vestiario da scuola privata: "Questa è Patty Hearst?" continuavo a pensare»
Ma chi è Patricia Campbell-Hearst? In un'America che oggigiorno dedica la copertina di Rolling Stone all'attentatore di Boston e a lettere capitali, scrive "THE BOMBER" e sottotitola "come un popolare e promettente studente, sia stato rovinato dalla sua famiglia e sia finito nell'islam radicale, diventando un mostro", in un Paese con la più numerosa popolazione carceraria nel mondo (poco meno di ottocento persone in prigione per ogni centomila abitanti circa), in cui è sancito per costituzione il diritto ad essere armati... come si colloca la vicenda assurda, violenta e ipocrita di Patricia Hearst?
Patricia è una ricca ereditiera di diciannove anni, che porta il cognome di una delle più importanti famiglie a capo di un gruppo editoriale. Nel 1974 viene rapita dallo SLA – L'esercito di Liberazione Simbionese e viene tenuta prigioniera in una cabina armadio per diverse settimane, bendata e costretta a rapporti sessuali coi cuoi carcierieri che, dopo poco meno di tre mesi, dichiara: «Mi è stata data la scelta di essere rilasciata in una zona sicura o di unirmi alle forze dell'Esercito di Liberazione Simbionese per la mia libertà e la libertà di tutti i popoli oppressi. Ho scelto di restare e di lottare». Da allora inizia il suo percorso armato al fianco dello SLA, fatto di addestramenti durissimi, rapine in banca, furti d'auto, rapimenti, fughe e clandestinità.
La sua prigionia durò 591 giorni, al termine della quale venne processata, insieme ai tre superstiti dello SLA (sei ne vennero uccisi nel maggio del '74) e condannati a 35 anni di reclusione. Patty venne difesa dallo stesso avvocato che diventerà poi famoso, per aver fatto assolvere il presunto uxoricidia O.J. Simpson.

L'Esercito di Liberazione Simbionese... in una foto promozionale del film "Patty - la vera storia di Patricia Hearst" (1988).


La tesi della difesa fu quella che Patricia, nonostante i video e le foto di lei con un fucile automatico al collo che rapinava l'Hibernia National Bank, fosse vittima di un lavaggio del cervello e soffrisse di un disordine da stress post-traumatico a causa del rapimento. Si parlò inoltre di sindrome di Stoccolma, dal momento in cui la Hearst s'innamorò di uno dei suoi rapitori e stupratori. L'avvocato, invocando una sfilza di periti illuminati, riuscì a provare persino che il QI di Patricia fosse passato da 130 a 109, facendo così ridurre la sua pena a 7 anni, che poi diventarono 22 mesi, per poi essere graziata dal presidente Jimmy Carter e ottenere definitivamente l'indulto da Ronald Reagan e Bill Clinton.

Patricia Hearst durante il processo.
Di quei 591 giorni in cui Patricia fu ostaggio e complice dello SLA, sono stati girati film, documentari e sono stati scritti numerosi libri, uno tra questi è Pastorale Rivoluzionaria di Christopher Sorrentino, uscito nel 2005 negli Stati Uniti col titolo "Trance". Non siamo di certo di fronte ad un capolavoro della letteratura, ma è interessante ed utile per comprendere quale sia stato il percorso che ha portato la ricca e viziata Patricia Hearst (che per questioni legali diventa Alice Galton) a diventare quella donna in divisa, in posa davanti al serpente a sette teste con un fucile in mano, che è diventata un'icona al limite del pop, col nome di battaglia di Tania.
Innumerevoli sono i riferimenti di Sorrentino alla parte, al ruolo che, in un certo senso, Patty Hearst decise di interpretare in quella vicenda violenta e sconclusionata, dietro la cui macchina da presa c'erano uomini e donne fanatici e confusi. Il gergo è quello del mondo del cinema e dello spettacolo.
"Lei ride, come da copione, e si toglie gli occhiali da sole. Né i rozzi travestimenti, né i pasti frugali, né la dura disciplina dell'addestramento hanno alterato un viso che ormai tutti conoscono. Scandendo le parole, dice: «Sono Tania Galton»"
"Lei sta per salire in macchina quando Yolanda le ricorda il copione..."
"Sembra la scena di un film muto..."
"Lei sente il brivido della fama."
Come le reginette di bellezza avide e ninfette del recente Spring Breakers di Harmony Korine, che intraprendono la via del crimine e della violenza, continuando a ripetersi "è come in un film, è come un videogioco", ecco che anche la storia di Patricia Hearst nel romanzo di Sorrentino assume delle tinte ludiche e spettacolari, come se la rivoluzione dello SLA fosse prima di tutto, un copione scritto male. Un film assurdo e grottesco in cui la ricca ereditiera dà dei "luridi insetti fascisti" ai propri genitori, in cui rapina banche che appartengono ad amici di famiglia per poi essere graziata dal Presidente che l'ha vista crescere. Una storia che ha di per sé tutti gli elementi per essere spettacolarizzata. Ed è nelle parole di Guy, un cronista che si avvicina allo SLA per raccontare la storia di Tania (e rimediarci un contratto editoriale a sei zeri) che comprendiamo a pieno la fascinazione dell'americano medio per Tania / Patricia Hearst. «Randi, avresti dovuto vederla durante il viaggio in macchina, quando abbiamo attraversato il Paese. Tutte le volte che vedeva un addetto dell'autostrada o un casellante lei diceva che bisognava farlo fuori perché era un servo del sistema. Se ne stava lì seduta a tracciare delle X sulle foto dei manager della finanza che comparivano suelle pagine di economia del giornale. Quella ragazza brava seduta accanto a me, con il suo accento impeccabile, non faceva che elencare le malefatte dei ricchi fascisti. Se è successo a lei può succedere a chiunque: ecco cosa ci vuole dire lo SLA. E puoi star certa che questo è un pezzo di storia. I posteri la ricorderanno se la principessa terrorista morirà qui, fra queste verdi colline. Ma sarà tutta un'altra musica se lei si arrenderà, se dirà "non facevo sul serio", se collaborerà con la giustizia e si riprenderà il suo nome, i suoi milioni e il suo fidanzato coi baffetti. Se nel giro di venticinque anni si trasformerà in una madre di famiglia di Hillsborough che va al talk show di Dick Cavett a raccontare i suoi folli trascorsi di rivoluzionaria, allora quella sarà la storia degli annia Sessanta. L'unica vera storia.»
Non a caso la stessa Patricia Hearst, dopo essersi sposata con la sua guardia del corpo e aver dato alla luce due figlie, intraprenderà una carriera da attrice lanciata proprio da John Waters. E il cerchio si chiude. Più o meno.


[Da un periodico dell'epoca: "Chi c'era dietro l'Esercito di Liberazione Simbionese? L'SLA era stato forse creato e sviluppato con l'intento di collegare i gruppi di sinistra al terrorismo e alla violenza?"]