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Tuesday, June 06, 2017

A Notre Dame la resa dell'Europa. Enough is enough

Per la serie "no panico", "non permetteremo che cambino il nostro stile di vita"... è già cambiato tutto.

Per la serie "non cambieranno le nostre vite"... Cristiani sotto assedio a Notre Dame nell'anniversario del DDay. Mani in alto: in un'immagine la resa dell'Europa...

Khuram Butt ennesimo terrorista "già noto" ai servizi di sicurezza. Un tema semplice, persino banale, ma pressoché "censurato". Nemmeno se ne parla... Perché gli estremisti, in termine tecnico li chiamano "radicalizzati" (molti persino di ritorno da zone di guerra, i cosiddetti foreign fighters), anziché tentare di tenerli sotto controllo, non vengono cacciati o rinchiusi? Drive them out. Lock them up. Ci si arriverà prima poi... Ma meglio prima, per evitare aberrazioni.

"Enough is enough", quando è troppo è troppo... La premier britannica Theresa May parla di "estremismo islamista", "le cose devono cambiare", "troppa tolleranza". L'alternativa in Occidente è tra "enough is enough" e "gli attacchi terroristici sono parte integrante della vita in una grande città", come dice il sindaco di Londra Sadiq Khan.

E comunque, scrive Theodore Dalrymple sul Wall Street Journal, i terroristi ci vedono come la società candele-e-orsacchiotti (Candle-and-Teddy-Bear Society): "Noi uccidiamo, voi accendete candele..."
"Another source of comfort for terrorists is that after every new atrocity, the police are able to arrest multiple suspected accomplices. That suggests the police knew the attackers' identities in advance but did nothing - in other words, that most of the time terrorists can act with impunity even if known. Here, then, is further evidence of a society that will not defend itself seriously. This is not just a British problem. The April murder of a policeman on the Champs Elysées in Paris was committed by a man who had already tried to kill three policemen, who was known to have become fanaticized, and who was found with vicious weapons in his home. The authorities waited patiently until he struck."

Wednesday, May 31, 2017

Quale Europa senza inglesi e americani?

Non c'è dubbio: Brexit e Trump sono argomenti forti a favore di un rafforzamento politico e istituzionale dell'Ue. Però bisogna vedere di che tipo di Europa stiamo parlando e soprattutto, prese le distanze da inglesi e americani, nelle mani di chi finirebbe il nostro destino...

E poi, gli altri membri del club concordano sul fatto che il rinnovato impulso al progetto europeo avvenga a scapito dei rapporti transatlantici, che forse i tedeschi hanno dovuto ingoiare per 70 anni ma altri intrattengono ben volentieri?

Sul Financial Times, Gideon Rachman definisce un "passo falso" quello della Merkel...
"It is baffling that a German leader could stand in a beer-tent in Bavaria and announce a separation from Britain and the US while bracketing those two countries with Russia. The historical resonances should be chilling.
...
some have even proclaimed that the German chancellor is now the true leader of the western world. That title was bestowed prematurely. The sad reality is that Ms Merkel seems to have little interest in fighting to save the western alliance."
Ma attenzione, perché a volte i desideri diventano realtà: la Merkel rischia di dare a Trump esattamente ciò che vuole... che l'Europa diventi responsabile della sua difesa.

E a proposito del ritiro americano dall'accordo di Parigi sul clima... "Since when is a difference of opinion on climate policy a signal of US retreat from Europe?" chiede il Wall Street Journal. Da quando le politiche sul clima sono alla base dell'alleanza transatlantica? Sulla Nato, invece, si direbbe che l'alleato inaffidabile è la Germania... che spende una cifra ridicola nella difesa rispetto alla sua ricchezza e contribuisce pochissimo alle missioni. Però adesso vuole farsi una difesa comune "europea"...

Intanto, sempre sul WSJ il consigliere per la sicurezza nazionale McMaster e il consigliere economico di Trump, Gary D. Cohn, spiegano che "America First doesn't mean America alone".

Friday, January 09, 2015

Processo all’islam e al multiculturalismo

Dopo fiumi, inondazioni di inchiostro e di retorica a buon a mercato, resterà stavolta una vera consapevolezza della minaccia islamica? Ricordate la brutale uccisione del regista Theo Van Gogh? Era il 2004, 10 (dieci!) anni fa. E l'ondata di violenza scatenata, nel 2005, dalle vignette su Maometto pubblicate dal quotidiano danese Jyllands-Posten? E quanti attentati e sgozzamenti da allora? Il rischio è che riempirsi la bocca, e riempire piazze - reali e virtuali - di "je suis", "siamo tutti" e slogan simili, serva solo a sollevare la propria coscienza, e agli ipocriti per mascherarsi, ma vera consapevolezza zero. E la strage di Boko Haram in Nigeria? "Siamo tutti nigeriani", naturalmente... Arriveremo al punto in cui non ci basterà uno slogan al giorno.

Ma passate poche ore dal massacro di Charlie Hebdo, e mentre a Parigi l'incubo continua, già è partita la corsa ai distinguo, sono partiti gli appelli alla tolleranza e al dialogo con l'islam "moderato" (quasi un ossimoro, o una figura mitologica), i richiami alla "liberté" che vince sull'odio e alle risate che "seppelliranno" i terroristi (sigh). E' già ripartita la giostra del politicamente corretto e del buonismo, e si vedono persino forme di autocensura. Né mancano complottismi vari (ma qui entriamo nel campo della psichiatria). Libertà, democrazia, diritto rischiano di diventare parole vuote se ad esse non corrispondono fatti, politiche, misure concrete per difenderle, per contrastare un'ideologia ben precisa e le sue braccia armate...
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