Eroe della controcultura svizzera (studioso delle culture marginali, fra cui quella zingara*, nonché di folclore ed esoterismo, protettore di Timothy Leary …), Golowin (1930-2006), prima che musicista, fu un colto cosmopolita in cui confluivano, in virtù della propria infanzia avventurosa e delle proprie ascendenze di sangue, le più varie suggestioni della cultura europea. Nato a Praga da genitori russi e svizzeri (lo scultore Alexander Golowin e la poetessa Alla von Steiger), a pochi anni d’età riparò assieme alla madre a Berna, separandosi dal padre, stabilitosi a Parigi. Tali vicissitudini lo accostano bizzarramente alla figura centrale dell’induismo, Krishna, che fu partorito segretamente (e nascosto al padre), vagò ramingo (si rifugiò a Goloka), ma visse serenamente, in una comunità di giovani pastori, l’amore per Radha (Golowin visse sulle Alpi svizzere con tre mogli – in una placida indifferenza fra anarchismo, socialismo e libertarismo bucolico). Non è, quindi, da scartare, da parte di Golowin, la voluta identificazione, dai ricaschi autobiografici, con la deità Krishna-Visnu.
Il disco rientra in una trilogia produttiva (ordita da Rolf Ulrich Kaiser) assieme a 7up (Ash Ra Tempel e Timothy Leary) e Tarot di Wegmüller, di cui è antecedente e di cui condivide parte della formazione**. Esso è articolato in tre pezzi, Der Reigen (16’57’’), Der Weisse Alm (6’09’’) e Die Hoch-Zeit (19’38’’) accompagnati dai recitativi di Golowin.
Diversamente da Tarot, Lord Krishna von Goloka preterisce i toni più scoperti da Kosmische Courier (anche se, a tratti, l’organo di Klaus Schulze riporta la barra verso quei lidi): le composizioni sono strutturate come lentissime distensioni, sottolineate da flauto, tastiere e chitarre acustiche, e somigliano a pacate e fluviali meditazioni. Ogni pezzo si prende tutto il tempo disponibile: non esistono qui forzature, non v’è l’urgenza, dettata dalla moda, di assecondare i gusti più triti del pubblico; mancano gli effetti più banali, la strofa ammiccante.
Può intuirsi che la musica germanica, in quel decennio mirabolante, scaturisse da una salda filosofia, teorica e di vita, nata dall’impasto fra la politica libertaria dei Settanta (influssi orientali inclusi) e un secolare retaggio culturale amante dei chiaroscuri, delle passioni ardenti, ma trattenute, di nostalgie ineffabili e, soprattutto, di un anelito alla totalità e di un disprezzo dei compromessi già identificati da Tacito.
Lord Krishna, sotto le mentite spoglie d’una saga orientale, si dimostra l’ennesima concrezione sonora dell’anima di un popolo.
* Tali esperienze vissute con Wegmüller furono raccolte in Die Welt des Tarot.
** Jerry Berkers (basso, percussioni); Jurgen Dollase (tastiere, chitarra); Jorg Mierke (tastiere, chiatarra, percussioni, flauto); Klaus Schulze (batteria, chitarra, tastiere); Bernd Witthüser (chitarra, flauto, percussioni); Walter Westrupp (chitarra).