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martedì 5 marzo 2013

Nurse With Wound list vol. 25 (Komintern/Kraftwerk/Krokodil/Steve Lacy/Lard Free/Le Forte Four)

NWW list vol. 25. Krokodil

146. Komintern (Francia) - Le bal du rat mort (1971). Nati dagli umori fervorosi del 1968 (Komintern fu l’organizzazione internazionale dei partiti comunisti fra i due conflitti mondiali), i francesi (nell’episodio maggiore, la suite eponima, 16’31’’) cominciano esplicitamente con la rielaborazione di Bandiera rossa, poi sublimano in un progressive mercuriale in cui paiono convergere tutte le maggiori tendenze europee. La seconda parte concede di più allo sberleffo e al cabaret politico, ma, a tratti, il loro lato lunare risplende ancora con forza. Da ascoltare. Jeanne de Valène, voce;  Pascale Chassin, chitarra; Olivier Zdrzalik, voce, tastiere, basso; Joss Baselli, clavicembalo; Serge Catalano, batteria, percussioni; Francis Lemonnier, voce, sassofono; Raymond Katarzynsky, trombone; Fred Gérard, tromba; Pierre Thibaus, tromba; Richard Aubert, violino.

147. Kraftwerk (Germania) - Kraftwerk (1970). Il primo album dei Kraftwerk è già un capolavoro. Klaus Dinger è della partita. E si sente. Per un brevissimo periodo, lo sarà anche Michael Rother. Sui primi Kraftwerk si allunga, insomma, l’ombra smisurata dei Neu. Affidatevi a queste risonanze: Neu!, Cluster, Harmonia … Ruckzuck da sola vale l’ascolto dell’opera. Forse è una prova per Hallogallo e Für immer. E il finale di Von Himmel Hoch? I Kraftwerk troveranno poi il meritato successo con polpette elettroniche di altro sapore, ma questo è il loro disco inevitabile. Ralf Hütter, tastiere;  Florian Schneider-Esleben, flauto, violino, percussioni; Andreas Hohmann, batteria; Klaus Dinger, batteria. 

148. Krokodil (Svizzera) - Swamp (1970). Sonorità paradigmatiche dei tardi Sessanta, ma gestite senza quella personalità in grado di evitare la maniera. Accenni blues (musica da cui nacquero; Human bondage), brani rilassati e melodicamente apprezzabili (Sunlight’s beautiful daughterLight of day), accompagnamenti di flauto, aleggiamenti di sitar … Come spesso accade è proprio il manierismo il punto di forza di tali lavori: affascinati da questi timbri (nostalgia canaglia) amiamo preterirne l'eventuale mediocrità. Walty Anselmo, voce, chitarra, basso, sitar; Terry Stevens, voce, chitarra, basso; Hardy Hepp, voce, tastiere, violino; Mojo Weideli, flauto, armonica; Düde Dürst, batteria, percussioni, vibrafono.

149. Steve Lacy (Stati Uniti) - Straws (1977). Registrato a Milano nel Novembre 1976 (edito dalla Cramps), Straws è la magnificazione del sassofono soprano dell’artista di New York (allievo di Cecil Taylor e Gil Evans), qui impegnato in una serie di prove ai limiti dello sperimentalismo (la finale Rise).

150. Lard Free (Francia) - Gilbert Artman's Lard Free (1973). Multistrumentista, collaboratore di Pierre Henry (cfr. I e II), Urban Sax (NWW5) e Richard Pinhas, Artman organizza sei brani di jazz acido minato da tocchi elettronici (12 ou 13 Juillet que je sais d'elle), attraversato da assoli chitarristici frippiani (Honfleur écarlate) e non esente da meritorie derive krautrock (Culturez-vous vous même). Un capolavoro. François Mativet, chitarra; Philippe Bolliet, sassofono; Hervé Eyhani, tastiere, basso; Gilbert Artman, tastiere, batteria, vibrafono.

151. Le Forte Four (Stati Uniti) - Live at the Brand (1976). Sodali degli Airway (NWW1; entrambi fanno parte della Los Angeles Free Music Society), i Nostri mettono in scena una teoria di scenette per disturbati mentali, pregne di concretismo, prese per i fondelli, jazz andato a male, folate elettriche, catatonie, rimbombi elettronici scaturiti da un universo malato, blues da camera imbottita. Da ascoltare. Per dimenticare Sanremo. O per farselo piacere. Dipende. Qui la lista dei musicisti.