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NWW list vol. 25. Krokodil
146. Komintern (Francia) - Le bal du rat mort (1971). Nati dagli
umori fervorosi del 1968 (Komintern fu l’organizzazione internazionale dei
partiti comunisti fra i due conflitti mondiali), i francesi (nell’episodio
maggiore, la suite eponima, 16’31’’) cominciano esplicitamente
con la rielaborazione di Bandiera rossa, poi sublimano in un progressive mercuriale
in cui paiono convergere tutte le maggiori tendenze europee. La seconda parte
concede di più allo sberleffo e al cabaret politico, ma, a
tratti, il loro lato lunare risplende ancora con forza. Da ascoltare. Jeanne de
Valène, voce; Pascale Chassin, chitarra; Olivier Zdrzalik, voce,
tastiere, basso; Joss Baselli, clavicembalo; Serge Catalano, batteria,
percussioni; Francis Lemonnier, voce, sassofono; Raymond Katarzynsky, trombone;
Fred Gérard, tromba; Pierre Thibaus, tromba; Richard Aubert, violino.
147. Kraftwerk (Germania) - Kraftwerk (1970). Il primo album dei
Kraftwerk è già un capolavoro. Klaus Dinger è della partita. E si sente. Per un
brevissimo periodo, lo sarà anche Michael Rother. Sui primi Kraftwerk si
allunga, insomma, l’ombra smisurata dei Neu. Affidatevi a queste risonanze:
Neu!, Cluster, Harmonia … Ruckzuck da sola vale l’ascolto
dell’opera. Forse è una prova per Hallogallo e Für
immer. E il finale di Von Himmel Hoch? I Kraftwerk troveranno
poi il meritato successo con polpette elettroniche di altro sapore, ma questo è
il loro disco inevitabile. Ralf Hütter, tastiere; Florian
Schneider-Esleben, flauto, violino, percussioni; Andreas Hohmann, batteria;
Klaus Dinger, batteria.
148. Krokodil (Svizzera) - Swamp (1970). Sonorità paradigmatiche
dei tardi Sessanta, ma gestite senza quella personalità in grado di evitare la
maniera. Accenni blues (musica da cui nacquero; Human
bondage), brani rilassati e melodicamente apprezzabili (Sunlight’s
beautiful daughter, Light of day), accompagnamenti di flauto,
aleggiamenti di sitar … Come spesso accade è proprio il
manierismo il punto di forza di tali lavori: affascinati da questi timbri
(nostalgia canaglia) amiamo preterirne l'eventuale mediocrità. Walty Anselmo, voce,
chitarra, basso, sitar; Terry Stevens, voce, chitarra, basso; Hardy Hepp, voce,
tastiere, violino; Mojo Weideli, flauto, armonica; Düde Dürst, batteria,
percussioni, vibrafono.
149. Steve
Lacy (Stati Uniti) - Straws (1977).
Registrato a Milano nel Novembre 1976 (edito dalla Cramps), Straws è
la magnificazione del sassofono soprano dell’artista di New York (allievo di
Cecil Taylor e Gil Evans), qui impegnato in una serie di prove ai limiti dello
sperimentalismo (la finale Rise).
150. Lard Free (Francia) - Gilbert
Artman's Lard Free (1973). Multistrumentista,
collaboratore di Pierre Henry (cfr. I e II), Urban Sax (NWW5) e Richard Pinhas, Artman organizza sei brani
di jazz acido minato da tocchi elettronici (12 ou 13
Juillet que je sais d'elle), attraversato da assoli chitarristici frippiani
(Honfleur écarlate) e non esente da meritorie derive krautrock (Culturez-vous
vous même). Un capolavoro. François Mativet, chitarra; Philippe Bolliet,
sassofono; Hervé Eyhani, tastiere, basso; Gilbert Artman, tastiere, batteria, vibrafono.
151. Le Forte Four (Stati Uniti) - Live at the Brand (1976). Sodali degli Airway (NWW1; entrambi fanno parte della Los Angeles Free Music Society), i Nostri mettono in scena una teoria di scenette per disturbati mentali, pregne di concretismo, prese per i fondelli, jazz andato a male, folate elettriche, catatonie, rimbombi elettronici scaturiti da un universo malato, blues da camera imbottita. Da ascoltare. Per dimenticare Sanremo. O per farselo piacere. Dipende. Qui la lista dei musicisti. |
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martedì 5 marzo 2013
Nurse With Wound list vol. 25 (Komintern/Kraftwerk/Krokodil/Steve Lacy/Lard Free/Le Forte Four)
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