Giorgio Ferrini merita una lapide nel vecchio campo di via Filadelfia, accanto agli eroi della leggenda granata – scrive Elio Domeniconi sul “Guerin Sportivo” del 17-23 novembre 1976 – adesso tanti clubs sorgeranno nel suo nome e nel suo ricordo. Ma vogliamo anche una lapide perenne sul campo che l’ha visto protagonista di tante epiche battaglie e dove i tifosi gli hanno allestito la camera ardente, per dargli l’ultimo saluto. Il Torino ha perso un altro dei suoi simboli, come Gigino Meroni, come lo squadrone caduto nel cielo di Superga. Giorgio Ferrini era un capitano emblematico, ormai si si identificava con il Torino. Era diventato una bandiera. La bandiera granata.
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sabato 26 ottobre 2024
venerdì 31 maggio 2019
Agostino DI BARTOLOMEI
Giallo come il sole, rosso come il cuore. Era il 30 maggio 1984 e da una strabocchevole ed arroventata Curva Sud uno strano striscione, lirico nella sua semplicità, occhieggiava verso l’erba tagliata di fresco di uno stadio Olimpico mai così colmo e sovraeccitato. Quella sera Roma si era fermata. Per una volta si era lasciata scivolare giù dalle spalle i suoi abituali panni di metropoli cinica e caotica, per lasciarsi avvolgere completamente da un palpitante drappo giallorosso, tra le cui pieghe sussultava e fremeva tutta la città: dai quartieri storici romani Testaccio, Trastevere, Parioli, fino alle nuove alienanti periferie dei mostri di cemento e dei quartieri-dormitorio.
sabato 4 maggio 2019
IL GRANDE TORINO
lunedì 7 luglio 2014
Alfredo DI STÉFANO
Di Stéfano, la Saeta Rubia (saetta bionda), è stato qualcosa di più di un grande campione, e non ci sono schemi dove collocarlo e le prose che lo hanno raccontato sono state in ogni caso inferiori al suo talento, che era qualcosa di eccezionale nella misura in cui era originale. I veri assi non si ripetono, i geni anche nel calcio improvvisano con l’eccellenza di un’ispirazione che li fa ringiovanire ogni volta. Possono avere tutti i vizi del mondo ma li sublimano in quegli istanti, in quei minuti, in quelle ore, sia Pablo Casals il violoncellista quasi cieco e quasi sordo che a ottant’anni suonava come un dio, sia Paganini il violinista genovese pagàno che metteva nel suo Stradivarius sortilegi e cavava note come tele di ragni e come arcobaleni sanguigni, sia Alfredo Di Stéfano, appunto, di cui tento un profilo.
lunedì 13 gennaio 2014
Giacomo BULGARELLI
Era un calcio corsaro, ci si riconosceva dagli sguardi. Le bandiere erano un valore, la fedeltà era una scelta di vita. Giacomo Bulgarelli, nelle foto d’epoca, ha le labbra sottili, appena increspate in una linea dolce, gli occhi intelligenti che lasciano balenare lo scintillio di un sorriso, ma di quei sorrisi volutamente distratti che lasciano sempre immaginare che ci sia dell’altro, dietro la foto. C’era molto altro, dietro la figurina da leggenda dell’onorevole Giacomino, schiena dritta, fascia da capitano e gagliardetto in mano quando entrava al Dall’Ara in certi pomeriggi di un sole che non c’è più. Si stava nei Sessanta, Bulgarelli era il Bologna ed il Bologna si riconosceva in lui. La diversità di un campione, l’unicità di un uomo.
martedì 27 agosto 2013
EUSÉBIO
Era pigro e sonnolento il Portogallo, in quel finire degli anni Cinquanta, sotto la cappa vischiosa della lunga dittatura di Salazar che, più che reprimere, addormentava le coscienze in un tran tran quotidiano meschino come il suo “conductor” fatto, per i più, di ignoranza, religione, scarso reddito. E delle manie di grandezza sanguinose e un po’ ridicole che lo tenevano abbarbicato alle sue colonie africane, la Guinea e il Mozambico, ultime vestigia di un impero che un tempo aveva dominato l’Africa, l’Asia e il Sudamerica.
martedì 2 aprile 2013
Concetto LO BELLO
Un suono antico, capace di fermare il tempo, quasi fosse un
flauto musicale. Noi, che abbiamo memoria, riconosceremo il fischio di Concetto
Lo Bello. Sono più di quindici anni che si è spento nella sua Siracusa. Ma la
sua ombra si staglia ancora all’orizzonte di un calcio sempre più affollato di
lillipuziani, lievi come semi di soffione, cangianti come bruchi che conoscono
la metamorfosi. Lo Bello aveva peso, volume e forma. Era l’Arbitro. Il più
famoso, certo, e forse il più grande. Il suo fischio non era modulato, vago come quello dell’usignolo.
Era acuto e perentorio. Lacerava l’aria. Non seduceva. Impietriva. Quel fischio
ha dettato il tempo a Rivera e Sivori, a Riva ed a Rocco. Gianni Brera lo aveva
definito: «Un po’ Dionisio, tiranno di Siracusa, un po’ Abd el Karim, pirata
saraceno».
sabato 9 marzo 2013
Ricardo ZAMORA
È scomparso il più grande portiere di tutti i tempi – si legge su “Hurrà Juventus dell'ottobre 1978” – lo spagnolo Ricardo Zamora. Ecco come Io ricordano Vladimiro Caminiti su “Tuttosport” ed Alberto Fasano sulla “Gazzetta del Popolo”. Se chiedi ad un ragazzo d’oggi chi sia stato Zamora, può capitare di avere risposta. È capitato al vostro scrivano. Sua figlia diciottenne ha risposto: è stato un portiere di calcio. È meraviglioso quando la vita entra nelle case con gli angeli consolatori del passato. Non si può vivere solo di presente o di futuro. Però nostra figlia sbagliava l’articolo. Zamora non è stato un portiere. È stato il portiere.
giovedì 3 gennaio 2013
Matthias SINDELAR
Matthias Sindelar, esile artista del goal di origine ebraica, era nato nella Moravia austriaca ai confini con quella che oggi è la Slovacchia, il 10 febbraio 1903. Cresciuto in famiglia dalle risorse economiche limitate, si trasferisce a Vienna, dove si scopre calciatore per caso. Il papà muore sull’Isonzo combattendo nella “Grande Guerra”: per la famiglia Sindelar la vita diventa più dura. La mamma mantiene Matthias e tre sorelle aprendo una lavanderia. Il ragazzo aiuta in casa, ma quando può si butta in strada a calciare palle improbabili fatte di stracci. Matthias cresce e qualcuno pensa di farlo giocare con un pallone di cuoio. Incomincia con l’Hertha, poi passa all’Fk Austria. Grazie ai suoi goal (siamo nel 1927) la squadra vince la Mitropa Cup, potremmo definirla la Champions dei giorni nostri.
martedì 30 ottobre 2012
Gordon BANKS
Nasce a Sheffield il 30 dicembre 1937, nemmeno diciottenne è notato dal Chesterfield che gli offre uno stage di tirocinio. Come maestri si ritrova Bert Williams del Wolverhampton, portiere dell’Inghilterra dal 1949 al 1956, ed il leggendario Bert Trautmann, tedesco, ex prigioniero di guerra, grande numero uno del Manchester City dal 1949 al 1963. Grazie alle sue grandi qualità, passa dalla squadra giovanile a quella riserve ed, a seguito della chiamata al servizio militare, è mandato in Germania, dove gioca come portiere della squadra del suo reggimento, vincendo la Coppa del Reno, torneo amatoriale per squadre militari. Il manager del Chesterfield Ted Davison gli offre a primo contratto da professionista non appena tornato alla vita civile.
mercoledì 5 settembre 2012
Fritz WALTER
«La città di Kaiserslautern venne fondata da Fritz Walter», scrisse una volta in un tema uno scolaro. L'affermazione era, ovviamente, azzardata, dato che la città della Renania Palatinato risale al Medioevo, ma l'errore di quello scolaro si può ritenere comprensibile. Fritz Walter era diventato una specie di figura mitica, non solo in termini calcistici, un simbolo della rinascita e della rivendicazione della Germania nel dopoguerra. Ambasciatore sportivo in favore della rinascita della Germania come membro della comunità mondiale, Walter era capitano della nazionale tedesca e luogotenente del leggendario allenatore Sepp Herberger, con il quale mise a punto la squadra del “Miracolo di Berna“ del 1954, vincitrice della prima Coppa del Mondo tedesca.
venerdì 27 aprile 2012
Luigi MERONI
martedì 24 aprile 2012
Gianni RIVERA
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