mercoledì 16 maggio 2007

- Un compagno difficile: il cioccolato





Più intrigante di un giallo a puntate la degustazione del professor Castellani, delegato A.I.S. di Firenze, dal titolo “ Cioccolato e Vino ” che si e` svolta a Palermo lo scorso anno a conclusione del terzo livello del corso per sommelier AIS . L’argomento non era nuovo e forse anche un po’ abusato dalle riviste del settore enogastronomico e dagli incontri mondani, ma questa volta è stata la tecnica a prevalere.
Massimo Castellani, meno compito del solito, niente giacca AIS né cravatta AIS, con il suo delizioso accento fiorentino, ci ha intrattenuto con una panoramica sulla storia del cioccolato e sulle varie tipologie di cacao, e con fare ironico nei confronti dell’altrettanto delizioso accento palermitano, ha sottolineato il nostro comune uso di chiamarlo “cioccolatto”.

L’escursus che dai Maja nel 600 ci ha portato alla “torta Sacher” nel 1832 e alla Nutella Ferrero d’oggi, attraverso la nascita di aziende cioccolatiere come la Nestlè e la Lindt, ci ha condotto alla tanto attesa degustazione, il motivo per il quale eravamo lì.L’accostamento di un vino al cioccolato non è affatto facile; l’elevata percettibilità delle sue componenti organolettiche tendono, infatti, a sovrastare il sapore del vino.
L’argomento è quindi dibattuto ed oggetto di esperimenti, confronti, novità.
C’è qualche produttore che addirittura ha voluto creare un vino appositamente per il cioccolato; la cantina di “Duca di Salaparuta” con il suo vino “Ala” antico liquorino amarascato.
Il cioccolato è un dolce e in quanto tale, sostiene la scuola di pensiero AIS, va abbinato per concordanza; ad un dolce un vino dolce.
Qualcuno azzarda abbinamenti con distillati ma il professor Castellani sostiene fino in fondo che il giusto compagno del cioccolato debba essere un vino dolce con una buona struttura, che sia in grado di sostenere quella patina impermeabile che l’impasto di cioccolato ci lascia in bocca. Ottimi, senz’altro, i vini provenienti da zone poste al 38° parallelo, che godono del sole 250 giorni l’anno; Porto, Madera, Jerez, Malaga, Marsala, Pantelleria, Cipro…..
Le caratteristiche organolettiche prevalenti del cioccolato sono: la dolcezza, cioè il contenuto di zucchero, l’amarevolezza, che dipende dalla percentuale di cacao contenuto, la succulenza indotta, cioè il livello di salivazione che segue alla deglutizione, la persistenza gusto-olfattiva, cioè il tempo (secondi) di permanenza in bocca, legato anch’esso alla quantità di cacao e, infine, la grassezza, cioè la patinosità che il cioccolato rilascia alle mucose, legata al contenuto del burro di cacao.
Alla dolcezza si deve accostare la dolcezza di un vino, poiché un vino secco avrebbe l’effetto di accentuare sgradevolmente il dolce del cioccolato e la durezza del vino secco; l’amarevolezza, invece, ha bisogno di essere sostenuta da un vino morbido, ricco di glicerina, che al palato dia una sensazione di burro sciolto; la succulenza deve essere asciugata dall’alcolicità; la persistenza richiede, invece, un’adeguata persistenza aromatica del vino e la grassezza deve essere compensata da una buona acidità e sapidità del vino.
Queste sono le regole di base, ma secondo il livello di percezione delle varie componenti gustative del tipo di cioccolato, le caratteristiche del vino devono essere tali da reggere il confronto, non essere sovrastanti né essere sminuite, ma piuttosto devono amalgamarsi al gusto del cioccolato fondendosi a dare una piacevole sensazione di equilibrio.

Il nostro primo assaggio, offerto dal signor Martinez, noto cioccolatiere di Palermo, è stato un cioccolatino al latte ripieno di frutta secca (30% di cacao). Prevalgono la dolcezza e la grassezza e la persistenza è buona. Ci abbiniamo una “Malvasia delle Lipari” della cantina “Duca di Salaparuta”. Il vino risulta fresco (buona acidità), sapido e persistente.La freschezza pulisce la grassezza e la sapidità la compensa, la persistenza va di pari passo con la persistenza del cioccolato. Quale sapore prevale in bocca? Quello del vino o quello del cioccolato? Sono in perfetto equilibrio, l’ abbinamento è armonico.
Il secondo assaggio è un trifoglio di cioccolato che avvolge tre nocciole, fondente al 73% di cacao. E’ pur sempre un dolce ma sono forti l’ amarevolezza e la succulenza e una certa acidità. Il vino abbinato è un passito di Pantelleria “Ben Ryè” di “Donnafugata” (da uve moscato grosso o zibibbo). Il vino riempie la bocca; è dolce, complesso, ritornano sapori di miele, mandorle, fiori e mare. La sua dolcezza si contrappone all’amaro del cioccolato e all’acidità, il suo calore alla succulenza, la sapidità allunga la persistenza del vino a sostegno della persistenza del cioccolato. In bocca è più intenso il ricordo del vino. L’ abbinamento è abbastanza armonico.
Il terzo assaggio è un pezzo di tavoletta con una più alta percentuale di cacao rispetto al precedente. Prevale l’acidità oltre che l’amarevolezza. Il vino abbinato è un “Marsala fine semisecco” della cantina “Florio”, di color ambra carico. Il vino è amabile, poco sapido e non è in grado di sostenere la persistenza del cioccolato che rimane lì, prepotentemente in bocca facendo dimenticare il vino. L’abbinamento non è felice! Si direbbe poco armonico.
L’ultimo cioccolato è un pezzo fondente al 75% di cacao, la sua succulenza è esagerata, alta l’acidità e l’amarevolezza. Ci accostiamo un “Ala” di “Salaparuta”, vino da uve nero d’Avola e Perricone, aromatizzato con infuso di ciliegia e mandorla. L’effetto iniziale è quello di un “monchery” ma poi il cioccolato prevale e persiste, anche se più gradevolmente di prima. L’abbinamento è poco armonico.
Due ore sono volate. In frigorifero ho un “Recioto di Gambellara”. Che cioccolato dovrò abbinare?