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martedì 19 aprile 2016

LO SCIOPERO DELLA FAME



Il digiuno fu usato come metodo di protesta già nell'Irlanda pre-cristiana, dove fu conosciuto come Troscad o Cealachanìì. È descritto dettagliatamente nei codici civili contemporanei, e ha regole specifiche secondo cui debba essere usato. Lo sciopero della fame è spesso svolto vicino agli obiettivi contro cui si lotta, anche per dare visibilità all'operazione. In India, la pratica del dharna, una forma di sciopero della fame dove il manifestante digiuna di fronte alla porta dell'obiettivo, fu abolita nel 1861 dal governo; questo indica l'esistenza del fenomeno già da prima di questa data.

Mahatma Gandhi fu incarcerato nel 1922, nel 1930, nel 1933 e nel 1942. A causa dell'importanza acquisita da Gandhi nel mondo, è chiaro che le autorità britanniche non desideravano permettergli di morire durante la sua custodia carceraria. Gandhi partecipò a due famosi scioperi della fame. Col primo protestò contro le regole inglesi in India, col secondo protestò contro le regole autocratiche della nuova India indipendente.

All'inizio del XX secolo le suffragette portarono spesso avanti scioperi della fame nelle prigioni inglesi. Marion Dunlop fu la prima, nel 1909: fu rilasciata poiché le autorità non volevano che diventasse una martire. Anche altre suffragette intrapresero in prigione scioperi della fame. Le autorità penitenziarie le obbligarono al nutrimento forzato, che fu categorizzato come una forma di tortura. Mary Clarke e diverse altre morirono come risultato del nutrimento forzato. Nel 1913 il "Prisoner's Temporary Discharge of Ill Health Act" (soprannominato "Cat and Mouse Act", l'Atto del gatto e del topo) cambiò la propria politica. Gli scioperi della fame erano tollerati ma, al sopraggiungere di problemi di salute, le prigioniere venivano rilasciate per ricevere cure mediche; al termine del ricovero, esse venivano riportate in prigione per terminare di scontare la pena.

Questa tattica fu usata anche dai repubblicani irlandesi fin dal 1917 e successivamente durante la Guerra Anglo-Irlandese negli anni venti; il più famoso caso fu quello del sindaco di Cork Terence MacSwiney, che morì durante il suo sciopero nella prigione di Brixton nell'ottobre 1920. I primi casi di scioperi della fame furono neutralizzati grazie al nutrimento forzato che culminò nel 1917 con la morte di Thomas Ahe nel carcere di Mountjoy, a Dublino. Il libro del Guinness dei primati riporta, come record mondiale, uno sciopero della fame, senza nutrimento forzato, lungo 94 giorni, raggiunto dall'11 agosto al 12 novembre 1920 da John e Peter Crowley, Thomas Donovan, Michael Burke, Michael O'Reilly, Christopher Upton, John Power, Joseph Kenny e Seán Hennessy alla prigione di Cork. Dopo la fine della Guerra civile irlandese nel 1923, oltre 8000 prigionieri dell'IRA fecero uno sciopero della fame per protestare contro la loro detenzione continua. Comunque, gli scioperi furono revocati senza la morte di nessuno.

Tra il 1980 e il 1981 ci furono due scioperi della fame nel carcere nordirlandese di Long Kesh, conosciuto anche come Maze. Il primo sciopero della fame durò dal 27 ottobre 1980 al 18 dicembre 1980 mentre il secondo sciopero della fame durò dal 1º marzo 1981 al 3 ottobre 1981.

Bobby Sands fu il primo di dieci prigionieri repubblicani irlandesi, militanti dell'IRA e dell'INLA, a morire durante il secondo sciopero della fame irlandese nel 1981. Questo sciopero della fame fu una protesta contro la revoca del governo inglese dello stato di prigionieri di guerra per i prigionieri paramilitari nell'Irlanda del Nord.

Ci fu un supporto diffuso per gli scioperanti della fame dai repubblicani Irlandesi e in generale dalla comunità nazionalista irlandese all'interno dell'intera isola. Alcuni degli scioperanti della fame furono eletti nei parlamenti irlandesi e inglesi da un elettorato che voleva registrare il proprio disgusto all'intransigenza del governo inglese. Gli uomini sopravvissero senza cibo per dieci settimane in media, ingerendo solo acqua e sale. Gli scioperi della fame causarono un aumento della popolarità dell'IRA e del Sinn Féin, il suo braccio politico.

Ispirati dai repubblicani irlandesi, i prigionieri politici turchi svilupparono una tradizione di scioperi della fame che continua ancora oggi. Dopo la soppressione dei nascenti movimenti civili socialisti, per via di un colpo di Stato nel 1980, molti militanti, come anche attivisti civili, vennero imprigionati in condizioni inumane. In risposta alle torture e ai maltrattamenti dei prigionieri politici, il primo sciopero della fame venne lanciato nel 1984, e costò la vita di 4 militanti del Dev-Sol: Abdullah Meral, Haydar Basbag, Fatih Öktülmüs and Hasan Telci.

Negli anni seguenti, i movimenti socialisti sono stati sempre più marginalizzati e costretti a nascondersi. Comunque, molti gruppi Marxisti/Leninisti militanti sono sopravvissuti. Per questo motivo, il numero di prigionieri politici è sempre stato alto. Nel 1996, quando il ministro nazionalista del governo Islamista/Conservatore avviò una politica di isolamento dei prigionieri politici, cominciò un nuovo sciopero della fame, con la partecipazione di diversi gruppi militanti di sinistra. Lo sciopero durò 69 giorni e costò 12 vite, e l'atteggiamento indifferente del governo provocò una forte protesta pubblica. Come risultato, grazie all'iniziativa di intellettuali come Yasar Kemal, Zülfü Livaneli e Orhan Pamuk, venne raggiunto un accordo tra governo e prigionieri. Questi ultimi riacquistarono molti dei loro diritti, il che fu da loro considerata una vittoria.

L'ultima ondata di scioperi della fame in Turchia, che è diventata cronica negli ultimi anni, venne avviata contro le prigioni di "tipo F", progettate per una efficiente segregazione dei prigionieri politici. Il progetto venne sviluppato a partire dal 1997, e gli scioperi iniziarono il 20 ottobre del 2000, con la richiesta che non venissero aperte le prigioni "tipo F", da parte di una grossa coalizione di gruppi militanti, che questa volta comprendevano i separatisti curdi del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). Il risultato fu tragico. Il 19 dicembre 2000, la nuova coalizione di governo decise di spezzare lo sciopero con la forza, in un'operazione battezzata "Ritorno alla vita". Tale operazione fu contrastata da una resistenza ben organizzata da parte dei prigionieri, che provocò la morte di 28 prigionieri e 2 soldati. Da allora, le prigioni "tipo F" e gli scioperi della fame ad esse correlati sono diventati un argomento quotidiano. Secondo l'organizzazione dei parenti dei prigionieri, 101 prigionieri sono morti e oltre 400 hanno sofferto per malattie irrecuperabili, in particolare la sindrome di Wernicke-Korsakoff. I governi turchi hanno sempre negato le accuse di maltrattamento dei prigionieri, e il presidente Ahmet Necdet Sezer ha graziato dei prigionieri malati, solo per essere poi criticato dall'estrema destra, dato che molti dei militanti rilasciati sono stati catturati o uccisi nel corso di scontri con le forze di sicurezza. Secondo il governo 189 scioperanti hanno ricevuto la grazia presidenziale dal 2000.

Nel 1980, il politico nazionalista gallese Gwynfor Evans minacciò di attuare uno sciopero della fame, allo scopo di costringere l'appena eletto governo conservatore a mantenere la promessa elettorale di creare un canale televisivo in lingua gallese. Il governo capitolò e il canale iniziò le trasmissioni entro la fine dell'anno.

L'attivista animalista britannico Barry Horne, morì il 5 novembre 2001 dopo una serie di quattro scioperi della fame, il più lungo dei quali durò 68 giorni (dal 6 ottobre al 13 dicembre 1998) lasciandolo parzialmente cieco e con danni ai reni.

Nel corso degli avvenimenti della primavera nera del 2001 in Cabilia (Algeria), nacque e si sviluppò un "Movimento cittadino" che traduceva in un'organizzazione democratica alternativa alle istituzioni dello Stato le istanze di libertà e di democrazia della popolazione della regione. Il Movimento si organizzò secondo strutture ancestrali (gli Aarch) e stilò un documento di rivendicazioni (la piattaforma di El Kseur). Il duro confronto con le autorità conobbe diverse fasi. Da parte dei Cabili fu costante il boicottaggio totale di ogni scadenza elettorale, e dopo l'ennesimo scacco nelle elezioni locali dell'autunno 2002, cominciò una campagna di arresti dei "delegati" dei villaggi nel Movimento cittadino. Per tutta risposta, i delegati arrestati ricorsero a una serie di scioperi della fame, che raggiunsero anche una durata preoccupante e portarono diversi prigionieri a rischiare seriamente la propria vita.

Il 26 novembre iniziò uno sciopero della fame a Bugia (27 detenuti di cui 7 delegati), il 3 dicembre a Tizi-Ouzou (5 detenuti: Tahat Alik, Lyès Makhlouf, Mohamed Nekkah, Mouloud Chebheb, Rachid Allouache e Belaïd Abrika), il 6 dicembre a Bouira (7 detenuti: Arezki Lalmi, Hidouche Akkal, Idir Derbal, Farid Derbal, Amar Bahmed, Ahmed Bouchneb e Amar Berkane). Lo sciopero dei prigionieri di Tizi Ouzou si concluse il 13 gennaio 2003, dopo 41 giorni, vista l'impossibilità di piegare la cinica indifferenza del governo algerino, che non avrebbe esitato a lasciar morire gli scioperanti (dopo un mese di sciopero l'unico commento del ministro degli interni, Zerhouni, era stato che si meravigliava che fossero ancora in vita), e vista anche la totale assenza di sostegno internazionale, a causa della mancanza di copertura mediatica degli avvenimenti.

Marco Pannella ha utilizzato in più occasioni questo strumento di lotta nonviolenta. Pannella ha sempre legato i suoi scioperi (nei quali si alimenta solo con alcuni cappuccini) a rivendicazioni legate al rispetto del diritto da parte delle autorità pubbliche.

Prima di lui Danilo Dolci e Aldo Capitini hanno utilizzato in Italia questo strumento di lotta politica.

L'associazione mondiale dei medici nell'articolo 6 della dichiarazione di Tokyo del 1975 dichiara che i medici non devono intraprendere l'alimentazione forzata in alcune circostanze: "Quando un prigioniero rifiuta l'alimentazione ed è considerato dal medico come capace di formare un giudizio oggettivo e razionale riguardo alle conseguenze di tale rifiuto volontario di alimentazione, il prigioniero o la prigioniera non sarà eseguita alcuna operazione. La decisione relativa alla capacità del prigioniero di formare un tal giudizio dovrebbe essere confermata da almeno un medico indipendente. Le conseguenze del rifiuto di alimentazione saranno spiegate dal medico al prigioniero."



Questo principio fu ribadito nel 1998 dalla World Health Organization adottato nello stesso anno dal Consiglio dei ministri della Comunità Europea (CE.98.008, art. 60/63) dove si esplicita però che se le condizioni dello scioperante peggiorano significativamente i medici devono fare rapporto all'autorità appropriata che prenderà provvedimenti in accordo con la legislazione nazionale.

La associazione medica americana è un membro dell'associazione medica del mondo, ma i membri dell'AMA non sono tenuti a eseguire ciò che dice l'AMM e non c'è nessun rapporto convenzionale che li lega.

Akbar Ganji è un giornalista iraniano imprigionato nella prigione di Evin dal 22 aprile 2000. Ganji è stato in sciopero della fame dal 19 maggio 2005 e i primi di Agosto 2005, eccetto per un periodo di 12 giorni di permesso che gli furono concessi 30 maggio 2005 prima della nona elezione presidenziale Iraniana il 17 giugno 2005. È rappresentato da un gruppo di avvocati, compreso il Premio Nobel per la Pace 2003 Shirin Ebadi. Mentre era in sciopero della fame, Ganji ha scritto due lettere alle persone libere di tutto il mondo. Il 12 giugno 2005 il segretario di stampa della Casa Bianca Scott McClellan disse in una dichiarazione che il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush chiese all'Iran di rilasciare Ganji "immediatamente e senza condizioni. Mr.Ganji è, tristemente, solo una vittima di un'ondata di repressione e violazione dei diritti umani perpetrata dal regime iraniano" e "i suoi appelli di libertà meritano di essere ascoltati". Il presidente richiama tutti i supporti. "I suoi sforzi non dovrebbero essere inutili e vani". Il presidente invita tutti i sostenitori dei diritti dell'uomo e della libertà e le Nazioni Unite a prendere il caso Ganji e la situazione generale dei diritti dell'uomo nell'Iran: "il sig. Ganji, sa che mentre noi discutiamo sulla sua libertà l'america si leva in piedi con lui", ha dichiarato.

Lo sciopero della fame può avere conseguenze gravi e permanenti per la salute.
Ecco cosa accade al fisico umano durante uno sciopero della fame:
1 ° giorno. Si consumano le riserve di glucosio immagazzinato nel fegato e nei muscoli.
2 ° giorno. Si abbassa il glucosio nel sangue e si utilizzano gli acidi grassi e corpi chetonici. Il glicogeno muscolare può fornire energia per circa 12 ore.
5 ° giorno. Cominciano a danneggiarsi organi importanti come il fegato e i reni. L'organismo è passato da consumare glucosio e glicogeno immagazzinato a consumare i grassi che costituiscono la riserva di energia del corpo stesso. Nel corpo umano ci sono circa 10-11 chili di grasso che possono durare più di 40 giorni.
7 ° giorno. Una volta raggiunta la settimana sciopero, l'acidosi (basso pH del sangue) colpisce la funzionalità cardiaca peggiorando la circolazione. Il cervello comincia ad avere dei problemi dovuti alla scarsa affluenza di sangue.
14 ° giorno. I corpi chetonici, che sono prodotti di degradazione del grasso, in questo momento vengono utilizzati per la formazione di energia.
20 ° giorno. si iniziano a utilizzare principalmente le proteine muscolari. L'albumina ed gli edemi sono la prova di autofagia e autodigestione proteine.
30 ° giorno. La denutrizione colpisce tutti i sistemi del corpo, e si comincia a sperimentare una stanchezza enorme, che impedisce di parlare.
40 ° giorno. A partire dai quaranta o cinquanta giorni, il deterioramento diventa evidente per l'usura fisica, causando immobilità e arrivando a produrre perdita di conoscenza per mancanza di energia.
Si manifestano: Vomito continuo – diarrea – respiro debole – pressione arteriosa bassa – dolori ai reni – dolori alle articolazioni – rialzo della frequenza cardiaca – difficoltà nei movimenti – mancanza di sonno – stanchezza – sensazione di freddo – vertigini e nausea  – grave diminuzione delle proteine del sangue, ipoglicemia e ipocalcemia.
Non sempre i soggetti possono ritornare ad un perfetto stato di salute: facilmente vanno incontro a infezioni (tubercolosi, endocardite lenta), e talora a distanza compaiono  cirrosi epatica, insufficienza renale anche grave, ulcera, emorroidi, alterazioni endocrine a carico di varie ghiandole, anemia.
La morte da fame può essere causata anche da mancanza di sangue al cervello o insufficienza cardiaca.
L’acqua è il bene più prezioso per l’uomo. Il suo corpo, infatti, è composto per gran parte di acqua, che viene consumata durante la giornata – motivo per cui gli esperti ritengono di doverne assumere almeno due litri al giorno, che possono salire fino al doppio in casi eccezionali, come per esempio una sudorazione troppo intensa.

Ma quanto può resistere un uomo senza bere?
Una risposta esatta non esiste, perché dipende dalla corporatura del soggetto e dal suo stato fisico. Un bambino appena nato resisterebbe per un terzo del tempo di un uomo adulto; una donna ha potenzialmente la possibilità di resistere più a lungo di un maschio, perché consuma meno energie.
Dipende inoltre da vari fattori esterni, come il tipo di ambiente in cui ci si trova (nel deserto servirebbero quattro litri di acqua al giorno per una dieta corretta) e dal tipo di attività che si compie. Dormendo, per esempio, si riduce la perdita di liquidi.

In linea generale, con una temperatura ambientale attorno ai 15°C, un uomo può resistere una settimana intera senza bere, purché si nutra dei liquidi contenuti nei cibi freschi (frutta e verdura in primis).
A ogni modo, la disidratazione porta conseguenze in poco tempo, spesso anche gravi.

Se all’acqua non si può rinunciare nel breve termine, l’astinenza da cibo è invece più sopportabile.
Come nel caso della disidratazione, anche senza nutrirsi si possono avere conseguenze pesanti, ma nei primi due o tre giorni il vero problema è rappresentato più che altro dai morsi della fame.

Teniamo conto che l’energia del nostro corpo è alimentata dal glucosio (un tipo di zucchero presente in alte quantità nella frutta; è tra l’altro il composto organico più numeroso in natura). Il cervello pensa e agisce unicamente grazie alla nostra riserva di glucosio. Dal glucosio si ottiene un polimero prezioso, il glicogeno, che è la nostra vera fonte di energia.
Se manchiamo di assumere glucosio, inizieremmo a perdere la lucidità mentale.

Dopo il primo giorno e mezzo di astinenza da cibo, la scorta di glicogeno viene meno e il corpo si adatta, cominciando a “nutrirsi” degli avanzi. Al quarto giorno, saranno gli acidi grassi a darci la fonte di energia primaria (nello specifico, il cervello attingerà l’energia dai chetoni, che derivano dalla degradazione degli acidi grassi).
A questo punto avremmo un effetto curioso: euforia seguita da sensi più acuti, come se fossimo sotto l’effetto di una droga.

E’ alla seconda settimana (dopo 15-20 giorni di digiuno) che iniziano i danni permanenti in un uomo adulto. Dapprima il nostro corpo cercherà di che nutrirsi divorando le pareti dello stomaco. In seguito arriverà anche a decomporre lo stesso cervello.
Nonostante questo, comunque, occorrerà un intero mese senza mangiare perché sopraggiunga la morte.




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martedì 10 novembre 2015

UOMO IN PADELLA



I primi abitatori dell’ Europa erano una banda di cannibali, che prediligevano un'alimentazione a base di carne di bambino.
Tale tesi ha ricevuto un’ennesima conferma dal ritrovamento di Atapuerca, località vicino a Burgos, in Spagna.
Lì in una grotta (la Gran Dolina) tra le montagne, nel 1994 vennero scoperti i primi resti dell’ Homo antecessor, un ominide che visse circa 800.000 anni fa.
Più recentemente, Gran Dolina ha restituito le ossa di 11 soggetti, in maggioranza bambini dai 3 ai 12 anni: su tutti, segni di coltelli, pietre affilate o smembramento, che indicano consumo da parte dell’ uomo.
Tali spoglie sono considerate particolarmente importanti perché “Studiando questi ultimi reperti possiamo dire con certezza che l’Homo antecessor praticò a lungo il cannibalismo” come afferma Eudald Carbonell, direttore degli scavi.
Gli scienziati ritengono che gli antichi spagnoli di Atapuerca mangiassero gli stranieri, non i membri della loro società: “Molto probabilmente si trattava più di un rituale culturale che di una reale necessità alimentare”, afferma il dottor Carbonell.
Vicino ad Atapuerca si trova la “Sima de los Huesos”, sito con 5000 resti fossili tra i quali 30 appartenuti ad individui preneandertaliani: tra le loro ossa, un cranio (in eccezionali condizioni di conservazione) su cui i ricercatori non hanno finito i loro rilevamenti.
I 30 fossili preneandertaliani sono considerati in modo particolare “Poiché questi resti sono tra i più antichi tra i nostri progenitori europei possiamo affermare che siamo discendenti di cannibali” sottolinea Carbonell.
In ogni caso non è la prima volta che gli studiosi trovano tracce di cannibalismo nella preistoria umana: già altri reperti avevano posto l’ interrogativo di quanto fosse presente la consumazione del cibo proibito, la carne umana, nella storia.
Un famoso caso di cannibalismo tra ominidi riguarda Lucy, l’Australopitecus africano scoperto nel 1974 e risalente a più di 3000 anni fa.
Gli studi compiuti su un cranio hanno rivelato tracce di taglio, effettuate con uno strumento artificiale (quasi certamente una pietra appuntita).
Dato che in quell’ epoca i nostri progenitori non usavano pelli di animali come vestiti, l’unica ragione dietro a tale operazione era di tipo alimentare: il soggetto fu scuoiato affinché la sua pelle potesse essere usata come cibo.
In Etiopia fu rinvenuto un altro cranio, questa volta risalente a circa 450.000 anni fa: anche questo presentava tracce di scarnificazione, con le sue parti commestibili cotte sul fuoco (di cui sono state trovate le testimonianze).
Ma indagare sul cannibalismo nella preistoria non è sempre facile: si cercano incisioni di oggetti, fratture nelle ossa (per estrarre il midollo) o segni di bruciature (tentativi dei cuochi per rendere più malleabile la carne delle vittime).
Il segno più importante della presenza di cannibalismo consueto viene dalla presenza di un fuoco o altra “area cottura), simbolo del’ esistenza di una comunità.
A volte però, la difficoltà d’ interpretazione dei reperti, i limiti della scienza o gli errori degli esaminatori possono condurre fuori strada.
E’ il caso del cranio, vecchio di 60.000 anni, ritrovato 60 anni fa circa nella Grotta Guattari, nel Circeo, e ritenuto a lungo testimonianza di cannibalismo. Grazie all’ uso del microscopio elettronico, si è potuto verificare come le incisioni sull’ osso fossero state prodotte da denti di iena e non da primitivi utensili da cucina.



Sta ancora intrigando e facendo inorridire la vicenda dell'uomo accusato di cannibalismo. Armin Meiweis, anni fa, aveva conosciuto la vittima, l'ingegnere berlinese Bernd-Juergen Brandes di 43 anni, con un annuncio su Internet nel quale cercava candidati disposti a farsi macellare. In una soffitta predisposta per il macello della sua villa abbandonata nell'Assia dell'est si compie il delitto. Dopo che l'ospite aveva ingerito 20 tranquillanti e bevuto una bottiglia di alcool, il carnefice gli taglia il pene e assieme a lui se lo mangia. Dieci ore dopo, di notte, dopo che la vittima perde coscienza per la forte perdita di sangue, gli taglia la gola e lo fa a pezzi. Divora una ventina di chilogrammi di carne.

Il macabro delitto è stato interamente documentato con un video di quattro ore, realizzato dallo stesso cannibale. Davanti alle telecamere, Meiwes ha raccontato dal carcere minuziosamente e con apparente tranquillità la sua storia: «La carne umana ha lo stesso sapore di quella di maiale, è solo leggermente più amara, più sostanziosa. E' davvero buona». Armin Meiwes, che attualmente sconta l'ergastolo nella prigione di Kassel e lavora nella lavanderia della struttura ha raccontato nei minimi particolari anche il momento del pasto ad un giornalista: «Ho arrostito leggermente la carne e l'ho salata. Il primo assaggio è naturalmente qualcosa di strano, un'emozione indefinibile».
Non ha neppure rimorsi per il crudele gesto: «È una bella sensazione sapere che Brandes è diventato una parte di me». Parla anche della sua infanzia Meiwes: «Mia madre mi leggeva le favole. Vorrei Hänsel e Gretel. Interessante era vedere, quando nella storia il piccolo Hänsel doveva essere divorato. Non immaginate neppure quanti Hänsel si aggirano in Rete». Solo in Germania, secondo i media tedeschi, ci sarebbero oltre 10mila tra cannibali e potenziali vittime che cercano di mettersi in contatto tra loro online e oltre 1 milione nel mondo alla ricerca di persone che vogliono vivere esperienze simili. Armin Meiwes aveva contattato con più di 400 uomini. «Mentre divoravo Brandes - ha detto - non sapevo se pregare Dio o il diavolo, ho chiesto infine perdono a Dio. Recitavo le preghiere mentre sotterravo i resti in giardino».

Il cannibalismo umano avviene generalmente per le seguenti ragioni:

In funzione di un'usanza culturale (cannibalismo rituale).
Per necessità in casi di carestia estrema.
Nel contesto di alcuni disturbi mentali.
Si distinguono due differenti tipologie di comportamento cannibale: l'"endocannibalismo", che consiste nel mangiare membri della propria comunità, e l'"esocannibalismo", che consiste invece nel mangiare membri di un'altra comunità.

In antropologia, generalmente, si parla di cannibalismo come atto rituale all'interno di culture primitive, mentre l'antropofagia designa semplicemente l'atto di mangiare carne umana.

I termini cannibali e cannibalismo derivano dalla parola canniba, riportata per primo da Cristoforo Colombo, con cui gli amerindi delle Piccole Antille designavano certe popolazioni dedite all'antropofagia. Con questo termine Arawak vennero identificate le popolazioni, dedite ad antropofagia culturale, dei Cannibi o Caribi, da cui deriva il termine Caraibi, che divennero gli antropofagi per antonomasia.



Per il cannibalismo rituale esistono reperti archeologici di ossa umane variamente manomesse che sembrano attestarlo, anche se non ci sono documenti che spieghino veramente le ragioni delle manomissioni. Per questo l'antropologo William Arens ha negato l'esistenza del cannibalismo, definendolo mito, del quale mancano prove materiali concrete oppure le presunte prove sarebbero frutto di cattiva e frettolosa interpretazione, sia da parte degli antropologi che non hanno mantenuto standard e rigore scientifico, sia degli antropologi-archeologi, frettolosi nell'assegnare le cause delle alterazioni ossee. Esso resta infatti uno dei grandi tabù del pensiero umano occidentale, più dell'incesto, e può affiorare come atto materiale in situazioni di gravi psicopatologie. È, per lo stesso motivo, un usato mezzo di propaganda per screditare nemici ed avversari. Arens nel suo libro ricorda che furono accusati di cannibalismo i cristiani da parte degli ebrei, gli irlandesi dagli inglesi, i francesi dai tedeschi e viceversa, spesso i popoli etichettati come "incivili" da altri che si considerano "civili".

Essendo oggigiorno l'accusa di cannibalismo un'accusa infamante, il dibattito sulla esistenza di società con pratiche cannibali è viziato in parte dal bisogno di fornire localmente interpretazioni politicamente corrette della propria cultura e più in generale dall'esigenza di alcuni studiosi e istituti di ricerca di non offendere i presunti discendenti di queste popolazioni. Per esempio i reperti archeologici degli indiani Anasazi sono stati risepolti, con un'apposita cerimonia ufficiata da capi religiosi degli indiani Pueblo. Viceversa nella cultura europea l'ipotesi di un cannibalismo da parte dei neandertaliani europei non suscita particolari emozioni.

Tuttavia il cannibalismo è esistito ed esiste e si può distinguere in tre categorie:

Cannibalismo alimentare: quello effettuato per necessità alimentari. Di fatto avviene solo in casi di necessità estrema.
Cannibalismo rituale: è stato diffuso in passato e viene praticato tutt'oggi. Consiste nel mangiare parti simboliche del corpo umano a scopo magico o religioso.
Pseudo-cannibalismo: ovvero pratiche non cannibali, o non necessariamente cannibali, connesse al culto dei morti che possono lasciare tracce affini a quelle di una macellazione. Ad esempio la scarnificazione dei corpi dei defunti.

Il cannibalismo è stato presente in varie culture, anche molto distanti fra loro. Può quindi assumere significati diversi, sebbene tipicamente riguardi la trasmissione di virtù dal morto ai vivi o l'esorcizzazione dello spirito del morto. Si ritiene che sia presente sin dai primordi della storia umana ed è stato praticato fino all'epoca contemporanea.

Sono stati trovati resti che fanno supporre atti di cannibalismo presso siti abitati dall'Homo neanderthalensis. Si tratta di ossa umane con segni di macellazione trovate in numerose località europee, Italia (Uomo di Saccopastore), Croazia e Francia (grotta di Muola-Guercy). Secondo l'antropologo Tim White alcuni di questi ritrovamenti, assieme ad altri tra cui in siti di Homo Sapiens arcaici, indicano che la pratica di cannibalismo fosse comune prima del paleolitico superiore.

L'analisi di reperti scoperti in siti archeologici abitati tra il 1150 e il 1200 dagli indiani Anasazi, in America, confermerebbero l'esistenza di cannibalismo presso questo popolo. Le prime indicazioni di ritrovamenti di testimonianze cannibali venne divulgata nel 1967 ad opera del bioarcheologo Christy G. Turner, ma prove più concrete furono fornite dopo esami biologici al microscopio elettronico, condotti negli anni novanta. Da tali esami risulta che le ossa furono bollite in pentole, ed in un recipiente di cottura vennero ritrovate tracce di mioglobina umana, una emoproteina presente nei muscoli.

Sin dalla scoperta dell'America è stata prodotta una vasta, ed in parte controversa, letteratura sulle pratiche cannibali di numerose popolazioni dell'America Meridionale, principalmente in Brasile. D'altra parte non solo i conquistadores spagnoli e i missionari cristiani, ma anche il famoso pirata francese Francesco L'Olonese morì per mano di indigeni cannibali, nel 1671.

A metà degli anni ottanta l'antropologa Beth Conklin visse due anni nella foresta pluviale brasiliana, in un villaggio degli indigeni Wari, che costituivano una piccola popolazione di circa 1500 persone viventi nella foresta amazzonica occidentale brasiliana. Nella relazione che l'antropologa scrisse, riferì di aver assistito a riti mortuari con pratiche cannibali.

Il cannibalismo tra gli aborigeni australiani è stato documentato in relazione ad alcuni riti funebri, in cui i parenti mangiano parti del corpo del defunto in segno di rispetto e di onore. Gli studi sul cannibalismo degli aborigeni hanno tuttavia generato polemiche tra i moderni discendenti degli aborigeni stessi. Tra gli aborigeni warlpiri l'uccidere uomini allo scopo di divorarli è considerato ripugnante ed attribuiscono questo comportamento solo a mostri, demoni e, occasionalmente, a tribù rivali. In Nuova Zelanda i Maori usavano nutrirsi dei prigionieri nemici.

I popoli melanesiani sono noti per aver praticato cannibalismo, fino all'inizio del XX secolo, ad esempio come segno di offesa verso la tribù nemica o per "assorbire" le qualità del defunto.

In Africa sono documentati casi di cannibalismo rituale. All'inizio dell'epoca coloniale divennero tristemente famosi come cannibali i cosiddetti Niam Niam (parola di origine dinka che significherebbe "grandi mangiatori"), che all'epoca divennero gli antropofagi per antonomasia. Il nome "Niam Niam", in uso nei testi arabi sin dal Medioevo, identificò nel tempo diversi popoli che si succedettero nel bacino del fiume Sue in Sudan (inizialmente bantu provenienti dal Congo, in seguito anche popoli sudanici come i Madi e i Barambu, e infine gli Zande), tutti noti per l'estensione e ostentazione dei loro riti cannibaleschi, nonché per le azioni bellicose atte a perpetrare tali riti. Fra i casi più noti di cannibalismo c'è quello della setta segreta degli uomini leopardo che tra il XIX e la prima metà del XX secolo assassinò numerose persone in Africa occidentale, e che imponeva ai propri membri il cannibalismo per rafforzarne la fedeltà ed il senso di appartenenza. Atti di cannibalismo rituale su prigionieri di guerra sono stati documentati sia in epoca precoloniale, che durante alcuni conflitti di natura etnica dell'Africa postcoloniale, tra cui le guerre civili del Congo, e della Liberia, e i conflitti in Uganda e Ruanda.

Un fenomeno correlato è l'uso di organi umani nei rituali di alcuni guaritori, documentata in molte regioni dell'Africa subsahariana. In Tanzania, per esempio, si attribuiscono poteri magici agli organi degli albini, e la diffusione di queste credenze è tale che le autorità sigillano le tombe degli albini con il cemento per impedirne la profanazione.

La medicina tradizionale del Sudest Asiatico e della Cina attribuisce particolari proprietà curative a certe parti del corpo umano, in particolare fegato e cervello, nonché ai feti. Nella Cina medievale sono stati riportati atti di cannibalismo come atto punitivo. Il giornalista australiano Neil Davis racconta di aver assistito durante la guerra civile cambogiana a soldati cambogiani che estraevano e consumavano il fegato dei loro nemici uccisi. Davis ricorda inoltre che oltre a questo cannibalismo rituale, ci furono episodi di cannibalismo alimentare dovuti alla carestia, sebbene tali pratiche venissero punite con la morte sotto il regime dei Khmer Rossi. Un'impiegata della sezione culturale dell'ambasciata francese ai tempi del regime khmer, Denise Affonco, riferisce di aver visto sventrare vivo un prigioniero, il cui fegato fu cotto su una stufa e mangiato, mentre secondo il professore cambogiano Khem Maly Cham le cistifellee venivano vendute in Cina come medicinali.

Bovannrith Tho Nguon spiega che i Khmer Rossi riportarono in auge una forma di cannibalismo rituale che attribuiva alla cistifellea, estratta a persone ancora vive e assunta seccata e grattugiata, il potere di curare qualsiasi malattia. Egli ha visto numerosi prigionieri sventrati vivi, le cui cistifellee venivano poi seccate al sole. Rithy Panh sostiene di aver visto i Khmer Rossi sventrare due bambini per raccoglierne e berne la bile, prima di ucciderli. La pratica trova conferma anche nella testimonianza di Ung Bunhaeng, che oltre a descriverla l'ha rappresentata graficamente. Altri riferimenti al cannibalismo, talvolta vaghi, sono presenti in letteratura, ma va considerato che non tutti sono attendibili perché, secondo studi accademici, tali pratiche di magia nera furono usate dalla propaganda del regime di Lon Nol per rappresentare i Khmer Rossi come gli "yeak", gli orchi delle favole cambogiane.

È a tutt'oggi praticato dalla setta indù degli Agori, che consumano le carni dei cadaveri abbandonati sulle acque del fiume Gange nella credenza di allontanare la vecchiaia.

Durante le gravi carestie, una parte delle vittime può arrivare a nutrirsi di cadaveri nel tentativo di sopravvivere. Il fenomeno si verifica soprattutto nelle carestie improvvise e impreviste, in cui il cibo viene a mancare completamente; gli affamati sono ridotti a cibarsi di topi, rospi, erba, corteccia e foglie degli alberi. Si verificherebbero anche casi di alterazione psicologica dovuta alla fame, che possono portare ad atti criminali (si uccide per mangiare la vittima).

Tra gli ebrei, nel libro del Levitico, Yaweh stabilisce benedizioni per il popolo se seguirà la sua legge e maledizioni se la rifiuterà. Tra le conseguenze nefaste della disubbedienza è elencato anche il cannibalismo:

« E se nonostante tutto questo non mi darete ascolto ... Mangerete la carne dei vostri figli e mangerete la carne delle vostre figlie. »   (Levitico 26:27-29)
Nella storia successiva degli israeliti, vengono poi descritti episodi in cui succede proprio questo. Durante l’assedio di Samaria, una donna chiede giustizia al re Jehoram (brano tratto dal secondo dei Libri dei Re):

« Ci fu una carestia eccezionale in Samaria, mentre l'assedio si faceva più duro ... Il re aggiunse: Che hai?. Quella rispose: Questa donna mi ha detto: Dammi tuo figlio; mangiamocelo oggi. Mio figlio ce lo mangeremo domani. Abbiamo cotto mio figlio e ce lo siamo mangiato. Il giorno dopo io le ho detto: Dammi tuo figlio; mangiamocelo, ma essa ha nascosto suo figlio. Quando udì le parole della donna, il re si stracciò le vesti. »   (2 Re 6:28-30)

Secondo alcune ricostruzioni supportate da racconti orali e ritrovamenti archeologici, le crisi ecologiche che si produssero sull'Isola di Pasqua e a Mangareva in conseguenza dell'azione diretta ed indiretta dell'uomo (deforestazione e conseguente erosione ed impoverimento del suolo, sfruttamento portato fino all'estinzione della fauna locale) ebbero come conseguenza la diffusione di conflitti e del cannibalismo a scopo alimentare.

Il cannibalismo è descritto nella carestia russa del 1921-1923, nell'Holodomor (carestia) in Ucraina del 1932-1933 il cannibalismo fu testimoniato dai sopravvissuti e poi confermato dagli archivi sovietici. All'epoca ne fu informato anche il governo italiano. Nelle suddette carestie, in cui si contarono milioni di morti, i casi di cannibalismo furono dell'ordine delle migliaia e si verificarono anche atti criminali in cui bambini vennero rapiti e uccisi allo scopo di venderne la carne, spacciandola per carne di origine animale, ai prezzi altissimi determinati dalle carenze di cibo.

Durante l'Assedio di Leningrado del 1941, da 600 000 a oltre un milione di persone morirono di freddo, stenti e fame. Il comportamento degli abitanti fu studiato da un'equipe di medici, che rilevarono come il cannibalismo fosse diventato una pratica di sopravvivenza comune senza distinzioni di classe sociale, sesso o età; gli arresti con l'accusa di cannibalismo erano circa mille al mese. Anche nel campo di concentramento di Tambov dove furono internati numerosi prigionieri italiani durante la II guerra mondiale, i sopravvissuti hanno narrato di ripetuti episodi di cannibalismo all'interno del Campo.

L'isola dei cannibali (Ostrov ljudoedov) è il nome che abitanti locali diedero all'isola di Nazino, nel cuore della Siberia, ed è il titolo del libro di Nicolas Werth che ne narra la storia, ricavata dagli archivi sovietici. Nel 1933, furono condotti esperimenti sociali di sopravvivenza, che videro migliaia di "elementi socialmente nocivi" deportati in aree completamente disabitate e prive di mezzi di sussistenza, allo scopo di identificare un metodo di colonizzazione del "Far East" sovietico. Sull'isola di Nazino, furono trasferite 13.000 persone: quasi tutte morirono d'inedia, freddo e fame, si uccisero a vicenda o furono giustiziate. Gli episodi di cannibalismo erano all'ordine del giorno.

Nel 1098, durante la pausa seguita alla conquista di Antiochia da parte di Boemondo, distaccamenti di crociati si sparsero a razziare in direzione di Tripoli del Libano. Tra le vittime delle loro incursioni vi furono gli abitanti della cittadina di Marra. Dopo la sua caduta, i crociati si diedero a violenze, razzie e, pare, ad atti di cannibalismo. Questi, furono riportati per sentito dire dal solo cronista Rodolfo di Caen nel suo «Gesta Tancredi in expeditione Hierosolymitana», dove si narra degli adulti bolliti mentre i bambini erano messi allo spiedo. L'episodio è ricordato in seguito da Amin Maalouf nel suo Le crociate viste dagli arabi (1983).





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lunedì 9 luglio 2012

Sono così educati i bambini che muoiono di fame




Sono così educati i bambini che muoiono di fame:
non parlano con la bocca piena, non sprecano il pane,
non giocano con la mollica per farne palline,
non fanno mucchietti di cibo sul bordo del piatto,
non fanno capricci, non dicono: “Questo non mi piace!!”,

non arricciano il naso quando si porta in tavola qualcosa,
non pestano i piedi a terra per avere caramelle,
non danno ai cani il grasso del prosciutto,
non ci corrono tra le gambe, non si arrampicano dappertutto…
hanno il cuore così pesante, e il corpo così debole, che vivono in ginocchio…
per avere il loro pasto, aspettano buoni, buoni…
qualche volta piangono, quando l’attesa è troppo lunga…
No, no, state tranquilli, non grideranno, non ne hanno più la forza: solo i loro occhi possono parlare…
incroceranno le braccia sul ventre gonfio, si metteranno in posa per fare una bella foto…
moriranno piano piano, senza far rumore, senza disturbare…
Quei bimbi lì…sono così educati.
Si, sono così educati i bambini che muoiono di fame...



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martedì 21 settembre 2010

Fame vorace senza appetito



Si chiama BED o DIA ed è un vero e proprio disordine alimentare, che va individuato e curato.


Gli americani lo chiamano BED, ovvero Binge Eating Disorder, e in Italia lo si definisce DAI, Disturbo da Alimentazione Incontrollata. Ma, qualunque sia la sigla usata, ci si riferisce ad un vero e proprio disordine alimentare che causa sofferenza e disagio a chi ne soffre. Durante le abbuffate incontrollate si introducono grandi quantità di cibo in pochissimo tempo, arrivando talvolta a ingerire circa 30 mila calorie in un solo pasto (l’equivalente di 8 panettoni). Ma quali sono i meccanismi che scattano nel cervello di chi soffre di questo disturbo?
Identikit
In Italia si stimano circa 1 milione e 300 mila persone affette da questo disturbo, con una lieve preponderanza del sesso femminile. Gli attacchi possono manifestarsi in tarda adolescenza oppure tra i 30 e i 40 anni. Le abbuffate avvengono quasi sempre di nascosto e sono precedute da sensazioni di tensione e ansia che trovano sollievo ingerendo del cibo. Ma il sollievo è momentaneo, perché all’abbuffata seguono sentimenti di vergogna, rabbia e inadeguatezza che spingono la persona a ributtarsi nel cibo con l’illusione di placare il vuoto affettivo.
Diagnosi
Le caratteristiche del disordine da alimentazione incontrollata sono:
  • Disordini alimentariepisodi ricorrenti di abbuffata, almeno 2 alla settimana per un periodo di 6 mesi
  • le abbuffate si associano ad alcuni sintomi: ingurgitare, sentirsi scoppiare dopo aver mangiato, ingerire molto cibo anche senza fame, sensazione di disgusto dopo i vari episodi
  • gli episodi non si associano a vomito o uso di lassativi o digiuno o eccessivo esercizio fisico, questi sono sintomi tipici invece di anoressia e bulimia
I fattori scatenanti
Psichiatri e psicologi hanno individuato alcuni meccanismi alla base del mancato controllo sul cibo.
  • Emozioni incontrollabili: spesso all’origine del disturbo c’è l’incapacità a vivere ed esternare le proprie emozioni. L’abbuffata diventa così l’unico modo per fronteggiare le difficoltà affettive ed emotive: il cibo diventa un anestetico.
  • Personalità dipendenti: per alcuni esperti il Bed è simile ad una dipendenza, perché si attivano gli stessi meccanismi psicologici e biologici che si riscontrano anche nell’alcolismo.
  • Bassa autostima: solitamente le persone con questo disturbo hanno problemi di depressione latente, o comunque soffre di disturbi dell’umore, caratterizzati da sentimenti di autosvalutazione e disistima verso se stessi da colmare attraverso il cibo.
Cure
Spesso la prima figura professionale che viene in aiuto a chi soffre di questo disturbo è il dietologo, perché la persona manifesta la volontà di perder peso.
Diario alimentareIl dietologo deve quindi studiare un percorso di rieducazione alimentare che tenga anche conto dei vari disagi psicologici. Un utile strumento di analisi è il diario alimentare, dove elencare tutto ciò che si mangia ora dopo ora e dove annotare anche i vari stati d’animo che precedono l’abbuffata.
La cura poi prevede anche una psicoterapia che va ad indagare le emozioni e cerca di correggere lo schema alimentare e le distorsioni mentali sul proprio peso e sull’immagine corporea. La persona deve riabituarsi gradatamente a riconoscere e esprimere le proprie emozioni senza viverle in modo minaccioso o messe a tacere con il cibo.


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