Il trauma di tornare in palestra
Non ti ricordi che:
_ quando arrivi in spogliatoio e ti devi cambiare fa freddo
_ prima di iniziare a muoversi fa freddo
_ quando esci per tornare a casa fa freddo
_ la sensazione di mettere la felpa per andare a casa è fastidiosa (non abbastanza da costringermi a fare la doccia in palestra, no)
_ devi portare l'asciugamano o stenderti su attrezzi sudaticci
_ il giorno dopo non riuscirai a farti la coda ai capelli, a ridere, a fare la pipì senza stare malissimo
_ la gente ti guarda e anche se non ti guarda tu ti senti osservato
_ gli altri sono tutti più belli, più magri, più in grado di fare gli esercizi di te
Allora poi non ci vuoi più tornare mai mai più.
Ma lo fai, perché bisogna.
I'm back bitches, Kayla spostate.
Decluttering, ma senza Marie Kondo
- 2 ante tra camicie, cardigan, blazer
- 2 ante di pantaloni e gonne (3 gonne in tutto)
- 2 ante di cappotti, giubbotti imbottiti, parka, giubbini in pelle
- 1 cassetto di t-shirt e maglie leggere
- 1 cassetto di maglioni pesanti
Si aggiungono i vestiti che non rientrano nella categoria vestiti:
- biancheria e pigiami
- tute e maglioni vecchi da portare in casa
- vestiti da palestra
Non faccio nemmeno il cambio di stagione, perché sta tutto comodamente esposto, l'unica cosa che faccio è chiudere i maglioni "belli" nei rispettivi sacchetti, dopo averli lavati alla fine dell'estate.
Il trucco principale per non avere tanti vestiti è quello di comprare poco: io non sono di certo ricca ma prima di comprare ci penso tanto, anche se si tratta di una camicia di H&M da 24,99€. Sono sempre stata abituata a comprare poche cose ogni stagione: se esco per comprare una camicia, ne compro solo una sia che costi 24,99€ sia che costi 100€, che da una parte è una fregatura perché compro una cosa sola, dall'altra mi spinge a comprare cose belle che durano.
Nonostante questo, ho troppa roba: più della metà di quello che ho non lo metto da non so quanto e perché PERCHÈ NON BUTTO NIENTE.
Avrò almeno 15 paia di jeans comprati nell'arco di 15 anni di varie forme: slim fit, larghi, a vita bassa, a vita alta, con il cavallo basso, slavati, con gli strappi, una taglia in più o una in meno. Eppure quelli che porto, giuro, sono due: uno nero e uno blu. Quando uno dei due si rompe o diventa importabile lo butto e lo sostituisco (lo butto con difficoltà ovviamente, ho tenuto sopra la cassettiera l'ultimo paio di skinny blu per almeno un mese, e avevano uno strappo irrimediabile sul culo). Perché non riesco a buttarli? Perché non si sa mai, le mode tornano, soprattutto per i jeans, quindi perché buttarli se prima o poi arriverà il momento in cui potrei volerli rimettere? Ho ancora i jeans che mi ha regalato mio fratello quando ho compiuto 18 anni, quell'anno la marca figa era Dondup e questi orribili jeans sono a vita bassissima, di un lavaggio molto chiaro e così strappati che mia mamma ha dovuto mettere una toppa all'interno del culo altrimenti giravo mutande all'aria. Li ho riprovati qualche anno fa e mi sono stupita di quanto mi stessero male "ma sul serio andavo in giro così?". Eppure.
Qualche giorno fa mi ero messa in testa di fare pulizia, ma tutto quello che ho tirato fuori sono un paio di felpe e di pantaloni della tuta che uso per stare in casa ma con cui sinceramente mi vergogno anche solo a buttare la spazzatura. Ma è possibile che io abbia più vestiti per stare in casa che per uscire? Ovviamente tutti indecenti, mentre è lì in cima nella lista dei buoni propositi l'iniziare a vestirsi in modo decente sempre, in modo da non dovermi cambiare per andare a fare la spesa.
Mi rifiuto MI RIFIUTO di comprare il libro di Marie Kondo, piuttosto mi tengo questa sensazione di disagio ogni volta che apro l'armadio e muoio sommersa dai maglioni infeltriti.
Forse la soluzione sarebbe non farlo da sola ma con qualcun altro che mi guardi in faccia e mi giudichi ogni volta che rimetto nel cassetto quei pantaloni blu di felpa di Tezenis di 7 anni fa che sono calati di 2 taglie e diventati lilla per quanto li ho lavati. Candidati?
Le app che uso
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La povertà - Lidl
2017
Ma non ne possiamo fare a meno.
Sappiamo benissimo che non serve a niente, che probabilmente i buoni propositi per il 2017 sono gli stessi che avevamo per il 2016 e forse anche nel 2015. Eppure ci pensiamo, magari li scriviamo anche nell'agenda nuova appena inaugurata, subito prima di segnare la visita di controllo il 13 maggio e la revisione della macchina a settembre (io nell'agenda non ci scrivo cose come "enjoy yourself").
Per me il 2016 è stato un brutto anno: ho dovuto lasciare un lavoro che mi piaceva, ne ho trovato uno (per carità, subito, non sono stata disoccupata nemmeno un giorno) che devo ancora capire se mi convince, ho fatto un brutto incidente con la macchina, il tutto mentre la mia famiglia vive un periodo molto difficile.
Per tutti questi motivi, ho bisogno di pensare che nel 2017 andrà meglio, anche se è solo il numero alla fine dell'anno a cambiare. Io spero 3 cose: spero di avere la forza di riuscire a cambiare almeno un po' le cose di me che voglio cambiare, spero che un paio di persone vicino a me tornino a stare bene, spero che questo nuovo lavoro si riveli una bella opportunità.
Spero anche di riuscire a completare tutte le 12 settimane della BBG di Kayla, domani ri-ri-riinizio.
Cose a caso
Sono qui stessa sul letto che mi guardo le punte delle dita dei piedi. Starei leggendo, starei, in realtà Emma è qui che mi guarda e faccio un po' fatica ad andare avanti e se giro appena la testa vedo il libro di Jo Nesbo che invece lo so che lo finirei in 2 giorni.
Mi guardo le dita dei piedi che ho appena pitturato di nero, non le unghie ma proprio le dita, nel senso che parto bene e poi finisce che mi pitturo mezzo dito e devo togliere tutto col cottonfiok. Lo smalto sui piedi è solo nero, sia chiaro, il rosso non va bene, il bianco è bello se sei Sincerely Jules, il rosino se sei chic e francese. Per tutte noi comuni mortali lo smalto sui piedi è nero.
Stavo pensando che da quando vivo sola penso poco ai miei genitori. Li vedo una volta la settimana, ci sentiamo un paio di volte al telefono, sempre con mia mamma perché mio papà è allergico al telefono.
Anch'io sono abbastanza allergica al telefono, oltre che abbastanza riservata e quindi finisce che non diciamo granché ma cose come cos'hai mangiato, ho visto un paio di sandali sul giornale, ha piovuto lì stanotte.
Mi sono abituata abbastanza velocemente a stare da sola, a dormire da sola. Faccio le mie cose, mi è capitato di dimenticarmi di telefonare perché stavo guardando un telefilm. È una cosa che non mi fa stare male, lo faccio naturalmente, ma mi intristisce quando ci penso.
Ancora di più, mi rende triste pensare che la loro vita vada avanti senza di me. Un colpo al cuore quando mio papà compra la carne e fa i sacchetti per 3, quando pesa la pasta e va in automatico e non mi conta perché non sono più compresa nel sistema automatico di pesaggio alimenti "a pugnetti".
Non so perché tutto a un tratto mi sono intristita. Questa mattina ero contenta, sono andata in posta a spedire la mia prima vendita su Depop, ho fatto colazione in quella bakery tanto instagram e ho mangiato un cornetto vegano molto buono, ho camminato 5 km, ho provato un top molto bello da Mango e per una volta che c'erano solo L la L mi sta larga, ho cercato jeans neri a vita alta ma non esistono.
E sono tornata a casa, ho attaccato il telefono al caricabatterie perché come al solito ho fatto troppe foto e ora aspetto qui, che la batteria si carichi, che lo smalto si asciughi, che arrivi l'ora per uscire che c'è il mercatino vintage e anche il gay pride, che mi venga voglia di tornare a leggere.
E ora ho anche scritto un post di cose a caso.
Come si dorme
Michela e il bio, una confessione
Devo confessare purtroppo che l’unico motivo che mi ha spinto a provare è che mi si promettevano capelli bellissimi, mentre non ero molto interessata né al fatto di buttarmi addosso siliconi, petrolati e altro di cancerogeno, né ai danni che questi prodotti provocano all’ambiente. Non è un bellissimo discorso da fare, lo so, lo so.
Vittima del terrorismo psicologico di chi era passato ai prodotti bio prima di me, e continuava a dirmi “per 2-3 mesi avrai capelli di merda, poi bellissimi”, ci ho messo davvero un secolo a decidermi perché i miei capelli sono già belli e richiedono zero manutenzione, quindi non vedevo il motivo di dovermi sorbire quei 2-3 mesi di capelli di merda. Però ero curiosa, quindi un giorno ho comprato shampoo, balsamo, crema, olio (spendendo un patrimonio) e ho iniziato il tutto, per altro con una serie di flaconi di prodotti “normali” ancora da finire e di scorta nell’armadietto.
La reazione dopo uno, due, tre lavaggi è stata: tutto qua?
Niente di negativo per carità, ma neanche niente di positivo: non ho subito i 2-3 mesi di capelli di merda e non ho visto differenze, se non il fatto di aver speso 6 euro e passa per uno shampoo. In un forum a caso di pazze fissate con i capelli, ho letto che il motivo per cui c’è questo passaggio di capelli brutti è che lo shampoo cattivo (BRUTTO! CATTIVO!) non cura i capelli danneggiati ma li riveste, quindi quando i siliconi vengono lavati via i capelli restano danneggiati e “scoperti”, e ci vuole un po’ di tempo perché lo shampoo buono li ripari e tornino ad essere belli, ma a quel punto saranno belli e sani. E voi non vi sareste buttati addosso cose dannose per voi e per l’ambiente.
Non avendo visto conseguenze, ho concluso che i miei capelli non erano danneggiati. Nel frattempo in preda alla mania del bio avevo comprato altri 4 tipi di shampoo. Mi sono indebitata, ho dovuto far prostituire il mio orso di peluche Orso, ho approfittato per mettermi in dieta per comprare meno da mangiare.
È successo però che li sto finendo… e non credo sinceramente che continuerò. Sono una brutta persona: non riesco a farmi spaventare dalla presunta dannosità di questi prodotti per noi: in fondo me li metto sui capelli e i capelli sono una cosa morta, ok la cute no, però poi li lavo via no? lo shampoo cattivo mi penetra nella scatola cranica e mi brucia il cervello? Non sono nemmeno, purtroppo, scusate, così consapevole dei danni che questi prodotti provocano all’ambiente. E la mia povertà supera anche quel poco di coscienza ambientale che ho. Con il prezzo di uno shampoo bio ne compro 4 dei miei amati Ultradolce.
Ho invece iniziato a usare alcuni cosmetici bio o comunque con ingredienti buoni: crema viso e corpo, siero, sapone detergente per il viso, struccante. Se qualcuno a questo punto avesse un pochino cambiato idea e avesse iniziato a pensare che non sono proprio del tutto una brutta persona NO, vi spiego subito che no. A me piacciono i trucchi belli, mia mamma mi ha inculcato questa cosa che devi comprare la crema da 50 € perché è bella e funziona di più. Mi piacciono le confezioni belle, mi piace che la marca sia conosciuta, anche se poi non è vado in giro con la confezione Lancome in testa. È successo però che EHI DI NUOVO, SONO POVERA. Quindi no Lancome, no Clinique, c’è l’affitto da pagare entro il 10 del mese e mi sono messa a cercare qualcosa che costi poco. Però io soffro, se vedo la scatolina bianca Nivea o quella plasticosa di Garnier, io soffro, sto proprio male dentro. Ho bisogno almeno di un valore aggiunto e i prodotti bio mi sono venuti in aiuto: non sto comprando una crema Lancome, ok, il vasetto è semplicemente in vetro rotondo, la marca scritta in Arial 14, il tappo orribilmente fucsia e opaco, però mi sto spalmando una cosa buona, che mi fa bene, il bio è di moda e ho speso solo 12 euro.
Cercare scuse per autoconvincersi a spendere meno non sono proprio convinta che sia da sani di mente, ma alla fine sto facendo la cosa giusta, per i motivi sbagliati ok, ma l’importante è il risultato no?
Che poi, a dirla tutta, è venuto fuori che sono davvero più buoni e mi sto trovando da dio.
Ho anche iniziato a sostituire i vari detergenti per la casa con prodotti bio-vegan-salcazzo che ho trovato semplicemente al supermercato e che costano anche meno dei prodotti più famosi (no, è probabile che non lo farei se esistessero solo quelli dei supermercati biologici che piuttosto conviene andare in gioielleria).
Ripeto, l’importante è il risultato, no?
Poi giuro, ad essere più informata e consapevole ci sto provando.
Solo un'altra paranoia di cui non avevo ancora parlato
Dialogo tipo:
"Allora come va?"
"Eh dai, tanto da fare ma tutto ok"
"Sì, e la settimana è appena iniziata/menomale che manca poco a venerdì"
E sono passati tipo 20 secondi.
E adesso?
Adesso una persona normale parlerebbe tranquillamente di una cosa a caso: del tempo, dei figli, di quello che sta facendo a lavoro, di quanto fa schifo quel caffè, di cos'ha fatto nel fine settimana o cosa farà nel prossimo, di cose completamente che vengono fuori con naturalezza anche se sono inutili.
Io? Io no. Io in una situazione del genere guardo la macchinetta, sorrido nervosa, abbasso la testa, sussurro "muoviti caffè muoviti" e apro la portina prendendo il bicchiere in anticipo e con molta probabilità anche ustionandomi.
Sono nata priva della capacità di fare small talk, ascolto tutto il giorno i colleghi rispondere al telefono e aggiornarsi sulle rispettive famiglie, mentre io esordisco sempre e solo con "Ciao senti, ti devo chiedere una cosa" [poi un'altra volta parliamo anche dei miei problemi nel parlare al telefono eh].
Non ce la faccio, i livelli di confidenza ammessi sono due: "non ti conosco - non ti parlo" e "non ho problemi a dirti niente, neanche se devo andare a fare pipi", il mio cervello non concepisce quella chiacchiera disinteressata giusto per passare il tempo ed essere educati.
Vie di mezzo? No.
E chi ha detto che dietro uno schermo è tutto più facile ancora non mi aveva conosciuto, perché sì certo, non siamo faccia a faccia quindi l'effetto vergogna dovrebbe essere minore (seh, come no). Ecco, se per favore mi dite come continuare il discorso con la mia ex compagna di corso che mi ha scritto... perché io oltre il reciproco "Come va" non so più come continuare.
Mi sembra un po' difficile ultimamente fare le cose
E non so come fare quindi da qualche giorno ho inaugurato questa cosa nuova: faccio finta, copio gli altri, quelli che mi sembrano ok. In pratica recito la parte con la consapevolissima speranza di autoconvincermi.
È un po' quella sensazione che abbiamo provato tutte alle medie guardando per la prima volta Save the last dance, che pensi "Minchia, voglio fare la ballerina" e il giorno dopo vai a danza sentendoti come se anche tu potessi andare alla Julliard e ci credi un casino e per 4 giorni sei tutta convinta, poi te ne dimentichi e ciao, ma quei 4 giorni sono stati bellissimi. Io non ho mai fatto danza, per dire, e comunque provavo quella cosa e mi veniva la voglia di iniziare.
Ma la cosa peggiore è quando vedi gli altri fare le stesse cose che fai tu, e però gli altri ti sembrano più belli, felici, spensierati e magari non è vero ma per te invece lo sono. Belli, felici, spensierati. Allora io li guardo e faccio le stesse cose che faccio tutti i giorni ma invece che sentirmi come mi sento io, provo a sentirmi come si sentono loro. Bella, felice, spensierata.
Allora la mattina mi preparo come se fossi una delle fighe della scena iniziale de Il diavolo veste Prada, entro in riunione sentendomi sicura e competente come Kate Hudson in How to lose a guy in 10 days, vado in palestra credendo di amare la palestra come le fighe dei profili fitness di Instagram, faccio la spesa come Cameron Diaz in The holiday, ceno da sola ma preparandomi il piatto per bene come Mandy Moore nel suo fighissimo loft in Because I said so, faccio aperitivo con le amiche come Emma Stone in Crazy, stupid, love.
Faccio finta.
Sminuirsi state of mind
Che si tratti di "come stai bene con i complimenti raccolti / che bel maglione / hai fatto un buon lavoro, brava" io risponderò con una serie di "ma va non è vero / ah il maglione l'ho preso al mercato costa 40 euro / oh sì beh era una roba da niente".
Ricordo distintamente il collega che dopo aver fatto un commento sulla mia gonna, e dopo essersi beccato in risposta uno sguardo che davvero lasciamo stare, ha ribattuto con "oh non ho mica detto che fai cagare".
Lo so che basta dire semplicemente "grazie", ma non mi viene ed è una cosa che mi sto allenando a fare ma che continuo a ritenere stupida.
Perché? NON LO SO. Ho evidentemente dei problemi psicologici, ma se una persona mi dice "che begli occhi" le reazioni che mi vengono spontanee sono:
1. Ahaha ma no, cosa dici
2. Eeeh lo so
Quindi le cose sono due: sminuirsi o fare la bulla.
Jack, ti amo, torna da me
Che poi quando ce l'hai davanti vedi proprio le cose stupide proprio quelle che noti delle persone che ami, vedi che batte il piedino a ritmo mentre suona e poi quando deve andare in alto con la voce lo batte più forte come per darsi la spinta, vedi che non è abituato a cantare senza chitarra in mano e quando non ce l'ha fa tutte queste mossette da autistico, vedi come sembra ghei quando suona il tamburello.
E soffri a pensare che non ce l'avrai mai. Oh io non lo so se questo è amore, per me sì.
Di problemi con cui se avessi soldi parlerei con un professionista
Credo sia in parte un problema di soldi, perché purtroppo sono povera ma sono anche una vittima del marketing e non trovo molta soddisfazione nel comprare tipo Kiko (anche se il mio rossetto preferito è proprio Kiko) ma neanche dai vari brand più o meno professionali come Mac, Make up forever o Benefit con prezzi medi. No, noi qua vogliamo bene ai mascara di Lancome e alle confezioni inutilmente belle e costose perché siamo scemi (che poi comunque credo col mio metodo di spendere meno di quanto spende la donna media).
Oltre ai soldi però ci metto dentro però anche un bel po’ di ossessività. Nel senso che lo faccio anche per altre cose che non valgono niente, per esempio a lavoro ho la mia penna (rosa porcellino con una testa di porcellino sul tastino sopra, è davvero bellissima e soprattutto sobria e professionale) e uso sempre quella con l’intento di usare solo quella e finirla. Lo stesso facevo a scuola o all’università, non succedeva mai che avessi due penne blu consumate a metà. Oppure più bottigliette d’acqua aperte, giammai. E le scatole del the? Parliamo delle scatole del the: è normale averne più di una se ti piace il the perché ogni giorno così scegli quale bere, magari un giorno hai voglia di quello alla menta e un giorno dell’earl grey. È normale dici, sì. Però comunque io quando apro il mobiletto e vedo quattro scatole sono destabilizzata, e certe volte mi rendo conto che ne scelgo uno di cui magari mi mancano tre bustine solo per poterlo finire e buttare la scatola mezza vuota il prima possibile.
Che bella cosa deve essere il mio cervello, eh amici, lo so lo so.
Quel giorno che ho perso l'uso delle braccia
Le ho viste quelle foto before-after con le signorinelle più o meno traccagnotte nel before e la versione asciutta, tonica, MAGRA nell’after. Li ho letti i testi motivazionali di supporto pieni di “sì ce la puoi fare anche tu!” per non parlare dell'entusiasmo delle adepte che sembra un po' quello dei partecipanti a una setta in overdose di punti esclamativi "È bellissimo! Mi diverto un sacco! Mi sfogo! Mi ha cambiato la vita!".
E ti ho vista Kayla, maledetta Kayla, mentre fai le flessioni con quell’espressione rilassata e sorridente.
Quello che non ho mai letto è il codice pantone della tonalità di fucsia che assumi dopo il work-out. Il numero di ore, sì ORE, in cui quel color fucsia rimane sulla tua faccia. Tutte quelle volte in cui ti ritrovi seduta sul divano a guardare un programma che non ti piace perché il telecomando è lontano e no, non ti alzi, non sei in grado di ripetere quel movimento così simile allo squat. I consigli per non morire giù per un fosso quando dopo l'arm workout devi guidare ma le braccia non funzionano, hanno un fuso orario di un paio di secondi col cervello e rispondono in modo strano agli stimoli. Le tecniche migliori per lavarsi i capelli senza usare le mani perché no, le braccia non le vuoi alzare. Il numero di bestemmie tirate quando ti viene da tossire o starnutire e mannaggia agli addominali bassi alti orizzontali verticali obliqui e rovesci e perpendicolari.
Ah, la spontaneità di instagram.
Dicevo, ti stoppi perché hai visto qualcosa: una Celine classic box nera in vetrina, un dilf che gioca con un bimbo piccolo, una pavlova ai frutti di bosco del diametro di mezzo metro, il bosco sull’argine riflesso sul fiume. Chi se ne frega dei boschi. Qualche anno fa a nessuno importava dei boschi, adesso tutti amiamo i boschi.
I tuoi occhi sono già impostati sul formato quadrato, nella testa fai le prove su dove posizionare il pelo dell’acqua: al centro della foto per un effetto simmetrico tra la parte sopra e il riflesso, più in basso per mostrare il cielo, più in alto per mostrare il riflesso. E se capovolgessi il tutto? Il filtro l’hai già applicato a prima vista per accentuare il verde-blu dell’acqua, hai già aumentato la luminosità per rendere più evidente il riflesso e ridotto l’esposizione perché l’effetto accecante è un no.
Il tempo di mettere in atto quello che hai già immaginato e puoi caricare la foto, ma prima c’è da valutare il posizionamento nella gallery: qual è l’ultima foto che hai pubblicato? Quali foto ci staranno vicine? I soggetti sono simili? Si abbina cromaticamente? Il soggetto è coerente con quello che pubblichi di solito?
Alla fine, prima o poi, pubblichi la foto. Subito, nel giro di pochi secondi, oppure dopo giorni, settimane, mesi che se n’è stata lì salvata nell’app senza degnarla di attenzione. Pubblichi e devi trovare un titolo decente e non ti viene in mente niente: c’è quel tuo amico che mette sempre il titolo di una canzone ma se lo fai tu è una copia, la poesiola è roba da zoccole decerebrate, puoi fare un commento simpatico purché non sia troppo simpatico da risultare forzato, non mettere un titolo è fuori discussione perché la foto va completata, ecco, se sei fortunato trovi un emoji di quello che c’è nella foto e la cavi con poco.
È finita dici, ti puoi rilassare. Seh, COME NO, adesso arriva la fase peggiore, quella del giudizio. Se sei convinto di aver fatto una bella foto, stai sicuro che la gente ti ignorerà e ti ritroverai a trovare mille scuse tipo l’orario di pubblicazione sbagliato o la didascalia o cose a caso. Se la foto ti sembra bruttina e anzi, continui a riguardarla pensando che è brutta e che non sta bene tra le altre ed è meglio cancellarla, quella è la foto che ti farà fare il record di like, quella è la foto che otterrà più like del tuo selfie migliore e ti porterà alla depressione.
Quindi se qualcuno mi vuole bene e non vuole che mi deprima → il mio profilo Instagram
Alla conquista di Tinder
Poi non l’ho più badata, l’ho lasciata lì e l’ho cancellata in uno dei vari raptus di pulizie di primavera del telefono.
No no no no no no no no – mamma mia che cessi
No no no no no no – guarda questo deficiente che fa lo sguardo sexy alla macchina fotografica, ma cosa fai, non è mica la pubblicità di Calvin Klein
No no no no no no no no no no no no – minchia quello era carino ma non si può tornare indietro, magari era la mia anima gemella, vabbè amen ormai è andato
No no no no – “mi piace sculacciare e dominare” ma AHAHAHAHAHAHAHAHAH ma Jamie Dornan de noantri vaffanculo va
No no no no no – la foto degli addominali? Veramente? Dovrebbe farmi voglia?
No no no no no no – oh, carino lui, magari faccio sì? E se faccio sì e ha fatto sì anche lui? E se mi scrive? Ma gli devo rispondere? E poi che si fa? No
No no no no no no – ma perché tutte le foto sono quelle dei fotografi delle discoteche? Quanti anni hai 17?
No no no no no – ehi, guarda questo: ha delle foto normali, ha i capelli ricciolini, dai, faccio sì, ma solo come esperimento sociale sia chiaro
Sì – “L’interesse è reciproco! Tu e Cristian avete espresso interesse l’uno per l’altra.” Sìììì ha fatto sì anche lui! Aiutoooo ha fatto sì anche lui! E adesso? E se mi scrive? Speriamo non mi scriva. Speriamo mi scriva. No meglio di no, tanto non ho il coraggio di rispondere
No no no no no no no – vabbè quello di prima caso unico, ho capito
No no no no no – cheppalle, mi sto annoiando
No no no no no no – vestito e ventriquattr’ore, ma ‘ndo vai business man dei poveri, ma tiretea manco
No no no no – ehi anche questo è carino, ci riprovo dai
Sì – “L’interesse è reciproco! Tu e Nicola avete espresso interesse l’uno per l’altra.” Mado’ che figata, 2/2 Mic vai che sei forte
No no no no no...
“Simone ti ha scritto un messaggio” – Ma come Simone ha scritto, ma cosa scrivi Simone e poi qual era Simone, ma chi ti ha dato il permesso? “Ciao!” E adesso che faccio? Ok la soluzione la so, fingersi morta.
Lo tzusami delle pulizie
Non è mica così quando vivi da solo, quell’effetto disordinato ma non troppo, il disordinato bello da vedere non esiste.
Esiste invece il disordinato che a un certo punto non sai dove sono i calzini con i fiocchi di neve e li ritrovi seppelliti sotto un mucchio di altra roba, che devi preparare la cena ma non hai pentole pulite, che ti devi mettere il fondotinta e non hai spazio per appoggiare la boccetta.
Ebbene, succede. Succede anche se sei una persona tendenzialmente ordinata. Succede anche se sei una persona tendenzialmente ossessiva. Succede.
Succede che ti spogli e lasci i jeans sopra il letto, tanto per dormire te ne serve metà. Succede che fai la doccia, prendi le mutande per cambiarti e lasci il cassetto aperto. Ti asciughi i capelli, hai il phon appoggiato sul mobile e staccare la spina e rimetterlo via costa cooooosì taaaaanto sfooooorzo. E poi ceni e hai sporcato solo un piatto e una pentola e allora lasci lì, poi il giorno dopo fai colazione e cosa fai, sciacqui la tazza quando hai anche il piatto da lavare, e poi a cena succede che hai da fare e non hai voglia e lasci là e niente. Poi apri la posta e metti la busta sul tavolo e pensi “la butto dopo”. Un accumulo di insignificanti piccole cose, che fatte immediatamente richiederebbero 4 secondi l’una e che finiscono per sommarsi e trasformare la tua casa in un campo rom.
E alla fine ti guardi intorno e ti viene l’esaurimento nervoso e inizi a sistemare con metodo “onda tzunami” partendo da un angolo della stanza che vuol dire appendere la giacca all’attaccapanni e ripiegare il plaid del divano e finisci per fare due lavatrici e lavare i piatti e pulire anche le tazzine del Barcellona che ti ha lasciato la proprietaria e che hai infilato in fondo in fondo al mobile e che non vorresti vedere mai più e lavare i bagni e cambiare le lenzuola e anche il coprimaterasso.
Da grandi poteri derivano grandi responsabilità
Ci sono quelle che lo mostrano e fanno diventare matti i fidanzati cambiando idea ogni 10 minuti con reazioni esagerate a piccolissime cose e il classico “Cos’hai? – No no, niente”. Ci sono quelle che cercano di limitarsi e allora a volte sembrano normali e poi sbottano tutto ad un tratto. Poi ci sono quelle come me che riescono a nasconderlo e sembrano persone equilibrate fuori ma muoiono dentro.
Sto negando, sì, quindi vuol dire che mi illudo di non esserlo, di non farlo, eppure so bene che non è così. Ho avuto i miei momenti di "No no, niente", mi arrabbio con nientissimo, sono felice e contenta e poi basta una parola sbagliata - sbagliata solo per me - e scatto.
IC: Hai visto la Erica, si vede proprio che è dimagrita.
Il superpotere di dormire da soli
Una delle paure più grandi che avevo prima di andare a vivere da sola era che non sarei stata in grado di dormire da sola.
Ho sempre avuto le mie piccole ossessioni: da piccola sognavo molto e finivo per passare la metà delle notti sul letto dei miei, una volta cresciuta ho iniziato ad avere bisogno del silenzio assoluto per sentire anche il minimo rumore. Anni a svegliarmi a causa dei rumori di assestamento degli armadi, ma anche i vostri armadi si assestano e sempre di notte o è una palla che mi hanno raccontato i miei per farmi stare buona? Fino a qualche anno fa non potevo essere l’ultima ad andare a dormire, tanto da interrompere qualsiasi cosa stessi facendo se gli altri andavano a letto: non dovevo essere l’ultima a spegnere la luce, anche solo per pochi secondi.
Nella casa nuova non ho mai avuto paura: sarà che so che c’è gente che abita sotto e vicino a me, sarà che entra sempre luce e non è mai buio completo, sarà l’orso Orso sul comodino pronto a gestire qualsiasi situazione di emergenza, ma in 6 mesi non c’è stato chissà che bisogno.
Ok no, ci sono state tre volte in cui me la sono fatta sotto:
- L’invasione della falena gigante: avevo traslocato da poche settimane, faceva caldo quindi dormivo con i lucernari leggermente aperti. Mi sveglio verso l’1 e al buio faccio per prendere la bottiglietta d’acqua dal comodino e sento una cosa che mi si attacca al dito, infartuo, scrollo la mano con una violenza che per poco mi si stacca la mano. Inizio a guardarmi intorno senza sapere cosa cercare e poi la vedo lì, brutta, orrenda, beige e gigante, appoggiata sul letto. Voi dovete capire che io ho lo schifo di tutti gli insetti, anche delle più innocue formiche, ma il terrore più grande è per quelli duri che volano come i cimici e le cavallette, figuriamoci se sono GIGANTI. Ho i brividi solo a ripensarci. Che faccio allora? Vado giù a recuperare la scopa, per boh, ucciderla? Torno su con la scopa e non c’è più, dov’è finita? Boh. Giuro che ho pensato di uscire, prendere la macchina e tornare dai miei, in fondo erano le 2, sarebbe stato come se fossi uscita e tornata dopo una serata fuori. Non l’ho più trovata: con la luce accesa e la scopa accanto al letto ho cercato di dormire ma non ci sono più riuscita, ogni rumore che sentivo sembrava quella cosa che tornava a volare, mi pareva che ogni nodo delle travi in legno fosse un insetto che si muoveva. Verso mattina mi sono assopita e lì TAC, mi ha svegliato il rumore delle sue ali che sbattevano contro il soffitto. Insomma per farla breve mentre io vagavo per casa rasente ai muri con la tachicardia a mille, quella cosa è volta al piano di sotto e mentre io aprivo ogni finestra possibile e immaginabile si è infilata nel bagno, che ho maturamente lasciato chiuso per tre giorni.
- Il rumore molesto n. 1, in cui temevo che qualcuno stesse picconando il tetto per capitarmi sul letto, mentre la mattina ho scoperto che si era staccata la ventosa della mensolina della doccia ed erano crollate a terra 14 bottiglie tra shampoo, balsamo e maschera.
- Il rumore molesto n. 2, durante il quale credevo ci fosse tipo una scossa di terremoto, salvo poi scoprire che c’era una tempesta in corso e io avevo lasciato il balcone della porta finestra sganciato, e questo continuava a sbattere contro la casa provocando un rimbombo incredibile.
Mi serve una diet-nanny
Una dieta un po’ psicopatica: con uno schemino delle combinazioni e un elenco gigante su excel con gli alimenti che ogni giorno puoi e non puoi mangiare. E due colazioni a settimana di proteine+verdura [sì, aiuto]. Mi ero fatta la tabella con i pasti di tutta la settimana rispettando il filone excel. Ho perfino mangiato la frittata di albumi a colazione.
Non ero mai riuscita a seguire una dieta ma questa volta ero convinta: dura solo 4 settimane e la mia capa, che me l’ha consigliata, è visibilmente dimagrita e dice che sua sorella ha perso 7 kg. Continua poi a dire che si sente leggera, che sta bene, che non ha più mal di testa e ha più energie.
L’ho fatta per due settimane, l’ho interrotta. L’ho fatta per altre due settimane. Forse sono riuscita a seguirla proprio perché era così difficile, l’ho presa come un lavoro.
In due settimane avevo perso quasi 2 kg, poi ho sfanculato tutto.
Non sono ancora riuscita a superare la mia tendenza a mangiare per sfogo. Sono capace di fare giorni a petto di pollo e passato di verdure e spuntini di frutta, poi però capita che sono triste [e capita spesso] e in un giro di supermercato faccio il pieno di schifezze e allora nel giro di un’ora se ne vanno un sacchetto di patatine, un pacco di Oreo, latte e cereali e un pacchetto di coche cole Haribo. Fino a scoppiare. Sì, lo so che non è normale.
Ora mi ci sono rimessa e lo scrivo qui, così se lo rifaccio mi sgridate.
NB: Sì, gli Oreo sono senza lattosio, mannaggia a loro.
Si vede che son stata male e ho guardato ventordici film
Passando ai film idioti, Dear John lo cambiamo in CAPELLI DI AMANDA SEYFRIED, tanto il film è idiota e i capelli sono i veri protagonisti: lei si muove, cammina, fa cose e i suoi capelli che le si muovono intorno come fossero un'adorabile e lucente copertina. Ok, in realtà ogni film di Amanda Seyfried dovrebbe chiamarsi CAPELLI DI AMANDA SEYFRIED. Voglio dire, i capelli di Amanda Seyfried si meritano non solo una filmografia, si meritano un telefilm che a puntate faccia concorrenza a Beautiful.