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Henry Stephens Salt

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Henry Stephens Salt

Henry Stephens Salt (1851 – 1939), attivista e saggista inglese.

Citazioni di Henry Stephens Salt

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  • Le vittime dei carnivori umani sono nutrite, allevate, predestinate sin dall'inizio alla finale macellazione, così che il loro intero modo di vita è programmato a tal fine, è alterato dal suo standard naturale ed esse non sono più nient'altro che carne animata.[1]

Henry David Thoreau

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Tra tutti gli ostacoli che si presentano sul cammino della moderna civilizzazione, forse nessuno è più subdolo e pericoloso di quello che può essere sintetizzato con il termine artificialità. Man mano che la vita si fa più complessa, e gli uomini di cultura si allontanano sempre più dal contatto con la natura selvaggia, si ha il corrispondente sacrificio del coraggio e dell'indipendenza; c'è meno individualità, minore padronanza degli eventi, inferiore rettitudine nei comportamenti e genuinità nel linguaggio, meno fiducia in se stessi e nella propria capacità d'indirizzare il destino.

Citazioni

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  • Un secolo fa, coloro [...] che prevedevano [...] il repentino avvento della civilizzazione, con le sue frenetiche attività e un andirivieni di infinite distrazioni, si saranno chiesti se la diffusione del male si sarebbe risolta nella sua stessa rieducazione. Deve l'organizzazione sociale rinunciare necessariamente alla semplicità? Devono l'intelletto e la natura restare incompatibili? Dobbiamo perdere nel deterioramento dei sensi fisici ciò che guadagniamo in cultura mentale? Deve proprio essere impraticabile la perfetta comunione con la Natura? O forse sarebbe venuto un uomo a mostrarci con la sua stessa indole – pur con tutti i difetti e i limiti – che è ancora possibile e conveniente vivere, come si sforzavano di fare gli stoici, secondo Natura, in piena serenità e autocontrollo; seguire il proprio ideale, a dispetto degli ostacoli, con ferma devozione; e quindi rendersi la vita più semplice e schiarirsi i sensi, fino a padroneggiare i segreti più nascosti di quel libro della Natura che per la maggioranza degli uomini resta illeggibile e indecifrabile. Una tale attesa è stata ampiamente soddisfatta dalla vita e dalla personalità di Henry David Thoreau. (cap. 1)
  • I due personaggi principali di Concord al tempo della nascita di Henry Thoreau, e per tanti anni a seguire, erano il dottor Ripley, il pastore unitariano del villaggio che viveva nella «vecchia canonica» poi abitata anche da Hawthorne, e Samuel Hoar, uomo di rango senatoriale la cui personalità esemplificava le migliori prerogative del New England: dignità, equità, semplicità. Il dottor Ripley – simpatico, spiritoso e patriarcale – fu ministro di culto a Concord per oltre mezzo secolo, ed era considerato dai suoi parrocchiani come un amico e un confidente sempre al servizio di chiunque avesse bisogno di consigli e assistenza per ogni questione. Henry Thoreau fu uno dei tanti bambini di Concord che furono battezzati da lui nella Chiesa unitariana e verso la cui salute il benevolo pastore continuò sempre a mostrarsi calorosamente interessato. (cap. 1)
  • Il trascendentalismo (ovvero lo studio della pura ragione che trascende i sensi finiti, il «senso dell'infinito», come lo definì Emerson), che aveva avuto origine nella filosofia di Kant ed era stato ravvivato da Coleridge e Carlyle in Inghilterra, aveva ora iniziato a rappresentare una forza sconvolgente e rigenerante nel pensiero americano, trovando i suoi maggiori esponenti in personalità quali George Ripley, Alcott ed Emerson, anche se tempo prima si era ravvisata una vena di dottrina trascendentalista autoctona nel quietismo e nel quaccherismo di Penn, John Woolman e altri. Il trascendentalismo del New England era semplicemente una nuova fioritura dell'idealismo; era un rinascimento nella religione, nella morale, nell'arte e nella politica; una fase di risveglio e indagine spirituale. (cap. 2)
  • Gli «apostoli della novità», o «realisti», come venivano chiamati i trascendentalisti, ambivano al ritorno dal conformismo alla natura, dall'artificio alla semplicità. Sostenevano che ognuno dovrebbe non solo pensare per sé, ma anche lavorare con le proprie mani; e l'esaltazione dell'individuo, in contrapposizione allo Stato e all'immensità territoriale dell'America, era uno dei loro propositi più cari. [...] Nato dagli incontri di un piccolo gruppo di amici, tra cui Emerson, a casa di George Ripley a Boston, questo trascendentalismo del New England si rivelò una delle forze più potenti nella letteratura e nella politica d'America. (cap. 2)
  • Che un impavido e indipendente pensatore quale Thoreau dovesse aderire a qualsivoglia formula religiosa era assai improbabile, quantomeno perché la spontanea religiosità del suo intelletto era semplice e sincera. Se occorreva dare un nome alla fede che da lì in poi mantenne e praticò, probabilmente si sarebbe potuto definirlo un panteista. Non ci fu mai un adoratore della bellezza e della sacralità della Vita più devoto e appassionato, e fu in questa innata fede nell'eterna bontà della Natura che lui basò il credo ottimistico che ritroveremo come punto focale della sua filosofia. (cap. 2)
  • Grazie all'ascesa del trascendentalismo e alla rapida espansione della fama letteraria di Emerson, Concord – tale è il fascino dei geni – divenne un posto sempre più degno di nota, nonché soggiorno prediletto di poeti e filosofi; fu l'inizio di una nuova era per la tranquilla cittadina di campagna, i cui robusti contadini non rappresentavano più la maggioranza, ma al contrario videro la loro placida regione invasa da un mucchio di appassionati da ogni parte del New England. (cap. 2)
  • [Amos Alcott era] il più gentile e amabile degli uomini, stimatissimo da Emerson come da chiunque altro lo conoscesse (per quanto potevano sorridere del suo misticismo e della sua assoluta mancanza di circospezione terrena) per i suoi nobili scopi e la disinteressata sollecitudine verso il genere umano. (cap. 2)
  • [Ellery Channing] Era poeta e uomo di genio, benché di indole così estrosa, umorale e instabile che non confermò mai la popolarità con cui i suoi amici continuamente lo presentavano. [...] Tra lui e Thoreau, di cui era più giovane di un anno, si stabilì subito un forte legame di simpatia e reciproca comprensione, originato forse dal fatto che si ponevano entrambi in antagonismo verso i canoni della società. (cap. 2)

I diritti degli animali

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Gli animali inferiori hanno «diritti»? Indubbiamente – se li hanno gli uomini.

Citazioni

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  • L'oppressione e la crudeltà sono invariabilmente fondate su una carenza di simpatia immaginativa; il tiranno o il torturatore non possono provare alcun vero senso di affinità nei confronti della vittima della loro ingiustizia. Ma una volta che il senso di simpatia è risvegliato, risuona la campana a morto per la tirannia, e il definitivo riconoscimento dei diritti è semplicemente una questione di tempo. (p. 176)
  • Il nostro rapporto con gli animali è complicato e avvelenato dalle innumerevoli abitudini tramandateci attraverso secoli di brutalità e di sfiducia; non possiamo, in tutti i casi, abbandonare improvvisamente queste abitudini o fare pienamente giustizia anche quando vediamo che giustizia deve essere fatta. Una perfetta etica umanitaria è quindi impraticabile, se non impensabile; e non possiamo fare niente di più che indicare in modo generale il fondamentale principio dei diritti degli animali, osservando allo stesso tempo le più flagranti violazioni di questi diritti e le linee secondo cui l'unica riforma valida può d'ora in avanti essere effettuata. D'altra parte però, si deve ricordare a conforto ed incoraggiamento di coloro che operano per questo fine umanitario, che questi ostacoli sono dopotutto soltanto quelli inevitabili in ogni campo del progresso sociale; poiché ad ogni stadio di qualunque grande riforma è stato sostenuto ripetutamente da osservatori indifferenti o ostili che un ulteriore progresso è impossibile; e invero quando gli oppositori di una grande causa cominciano a dimostrare la sua «impossibilità», l'esperienza insegna che quella causa è già sulla strada della sua realizzazione. (p. 177)
  • Se esistono dei «diritti» – e tanto il nostro sentire che la consuetudine dimostrano indubbiamente che esistono – non possono essere coerentemente accordati agli uomini e negati agli animali, dato che lo stesso senso di giustizia e di compassione si applica ad entrambi i casi. (p. 177)
  • L'accusa di «sentimentalismo» è spesso diretta contro coloro che si adoperano per i diritti degli animali. Orbene, il sentimentalismo, se pur si può attribuire alla parola un qualunque significato, deve voler dire una ineguaglianza, un disequilibrio del sentimento, un'incoerenza che porta gli uomini ad attaccare un'ingiustizia, mentre ne ignorano o ne accettano un'altra là dove una riforma è ugualmente auspicabile. Che questa pecca si osservi di frequente tra i filantropi da una parte e gli «amici degli animali» dall'altra, e soprattutto fra quegli acuti «uomini di mondo» che si preoccupano solo di se stessi, non mi curo di controbattere; quello che voglio mettere in evidenza è che la sola vera salvaguardia contro il sentimentalismo è assumere una posizione coerente riguardo ai diritti degli uomini e degli animali inferiori e coltivare un ampio senso di giustizia universale (non di pietà) per tutti gli esseri viventi. In questo, e solo in questo, si deve ricercare il vero equilibrio del carattere. (p. 178)

L'etica vegetariana

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Alcuni anni fa, in un articolo intitolato Nuovo Nutrimento Cercasi, lo «Spectator» lamentava il fatto che l'approvvigionamento alimentare attualmente è adatto «non all'uomo civilizzato da scuole di cucina, ma a una razza di scimmie che si nutrono di frutta».

Citazioni

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  • [...] nella misura in cui l'uomo è veramente «civilizzato», non da scuole di cucina ma da scuole di pensiero, dovrebbe abbandonare le barbare abitudini dei suoi antenati carnivori e progredire gradualmente verso un più puro, più semplice, più umano e quindi più civilizzato sistema dietetico. (p. 6)
  • [...] per coloro a cui è giunta notizia dell'ipotesi vegetariana, la discussione è spesso complicata dal modo in cui gli oppositori della nuova idea non riescono a cogliere il reale argomento proposto dai riformatori, e allegramente introducono alcuni concetti esagerati, distorti o del tutto immaginari approntati da loro stessi. (p. 7)
  • [...] negli scritti di filosofi «pagani» come Plutarco e Porfirio troviamo un'etica umanitaria particolarmente elevata che, dopo avere subìto una lunga repressione ecclesiastica durante il Medioevo, è ricomparsa, seppure inizialmente in forma attenuata e irregolare, nella letteratura del Rinascimento, per riapparire in modo più definito nel XVIII secolo con la scuola denominata della «sensibilità».
    Ma è stato soltanto dopo l'epoca di Rousseau, a partire dalla quale va fatto risalire il grande movimento umanitario del secolo passato, che il vegetarianismo ha cominciato a definirsi come sistema, come appello ragionato all'abbandono della carne come cibo. (pp. 7-8)
  • Parlo di principio etico, perché non ci sono dubbi sul fatto che il motivo principale della scelta vegetariana sia quello umanitario. [...] il sentimento che sta alla base dell'intero movimento e che lo anima è l'istintivo orrore per la macellazione, specialmente per la macellazione degli animali che vantano un livello più alto di organizzazione, che appaiono così «umani», così strettamente simili all'uomo. (pp. 8-9)
  • Non c'è da meravigliarsi che i riformatori alimentari appaiano come gente strana e irragionevole a coloro che non hanno compreso l'autentica raison d'être della riforma alimentare, e che continuano a discutere come se la scelta tra la vecchia dieta e la nuova fosse una mera questione di capriccio personale o di variazione professionale, nella quale l'aspetto morale è quasi irrilevante. [...] Deriva tutto dalla nozione che i vegetariani sono ripiegati su qualche sorta di sterile «coerenza» logica, invece di tendere a un pratico progresso verso un modo di vivere più umano – l'unico tipo di coerenza che in questa, o in qualsiasi altra branca della riforma, è possibile di per sé, o degna di un momento di attenzione da parte di ogni persona sensibile. (pp. 12-13)
  • L'ignoranza, la noncuranza e la brutalità non sono prerogative soltanto dei rozzi macellai, ma anche dei compìti signori e signore le cui abitudini alimentari rendono necessari i macellai. (p. 18)
  • Quindi, prima di passare oltre, vorrei semplicemente aggiungere che in una certa misura i mali connessi alla macellazione si stanno aggravando, invece di attenuarsi, man mano che la civiltà avanza, a causa delle più complesse condizioni di vita urbana e dai viaggi sempre più lunghi che devono subire gli animali nel loro trasferimento dall'allevatore al macellaio. (p. 19)
  • Ha mai considerato, l'artista, la storia della «braciola» che viene portata con tanta eleganza nel suo studio? [...] Ha dato da fare a un macellaio [...] per trasformare una bella creatura vivente in una orribile carcassa, che verrà esposta insieme ad altre carcasse nel più abietto prodotto della civilizzazione, la bottega di un macellaio, poi ha dato lavoro a un cuoco per dissimulare, nei limiti del possibile, l'opera del macellaio. È questo che intende lo «Spectator» con l'essere «umanizzati» dalle scuole di cucina; io lo chiamerei essere disumanizzati. (p. 20)
  • Portate una bella ragazza a fare uno spuntino, e le offrite... un sandwich al prosciutto! Il proverbio dice che è da sciocchi gettare perle ai porci. Che dire della cortesia di gettare porci alle perle? (p. 21)
  • [...] la base morale del vegetarianismo è quella che sorregge tutto il resto. (p. 26)
  • Ho quindi mostrato cosa intendo per «prin​cìpi umanitari della dieta», a prescindere dai quali, mi sembra, è senza scopo discutere sulla questione dei «diritti» degli animali. (pp. 27-28)
  • Non è mia intenzione lanciare un appello esagerato o fantasioso al vegetarianismo. Esso non è, come ha asserito qualcuno, una «panacea» per i mali umani; è qualcosa di molto più razionale – una parte essenziale del moderno movimento umanitario, il quale non può compiere un vero progresso senza di esso. Il vegetarianismo è la dieta del futuro, come il cibo a base di carne è la dieta del passato. (p. 28)
  • Viene spesso detto, come giustificazione del massacro degli animali, che per loro è meglio vivere ed essere macellati che non vivere per niente. [...] In effetti, una volta ammesso che è un vantaggio per un animale essere messo al mondo, non c'è praticamente nessun trattamento che non possa essere giustificato dai presunti termini di un tale contratto. Il discorso si può applicare anche all'umanità. È stata, infatti, la giustificazione degli allevatori di schiavi; ed è logicamente una scusa altrettanto valida sia per lo schiavismo che per la pratica di mangiare carne. Garantirebbe ai genitori il diritto di applicare qualsiasi tipo di trattamento ai loro figli, i quali sono legati a loro, per il dono della vita che hanno ricevuto, da un debito di gratitudine che nessun servigio successivo potrà estinguere. E come negare lo stesso merito ai cannibali, se allevano le loro vittime umane per la tavola, come si dice che facessero alcune antiche popolazioni del Perù? (pp. 29-31)
  • Vale anche la pena di notare che la vita degli animali destinati al macello è di qualità di gran lunga inferiore rispetto a come potrebbe essere se gli stessi animali vivessero allo stato completamente brado o fossero addomesticati per qualche scopo ragionevole grazie all'amichevole associazione con l'uomo; il fatto stesso che un animale verrà mangiato sembra escluderlo dalla categoria degli esseri intelligenti e fa in modo che venga considerato puro e semplice «cibo» animato. (p. 35)

Citazioni su Henry Stephens Salt

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  • Lessi il libro di Salt [Difesa del vegetarianismo] senza saltarne un rigo e mi fece molta impressione. Da quando ho letto quel libro posso affermare di essere diventato vegetariano per convinzione. (Mahatma Gandhi)
  • Sì, certo il suo libro sulla disciplina vegetariana, che fu il primo in cui mi imbattei, mi fu di immenso aiuto per consolidare la mia fede nel vegetarianesimo. (Mahatma Gandhi)

Note

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  1. 1892; citato in Marina Baruffaldi, Manuale del giovane animalista, Mondadori, Milano, 1997, p. 44. ISBN 88-04-43323-X

Bibliografia

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  • Henry S. Salt, Henry David Thoreau (The Life of Henry David Thoreau), traduzione di Gianluca Testani, Castelvecchi, Roma, 2015. ISBN 978-88-6944-154-7
  • Henry S. Salt, I diritti degli animali (Animals' Rights), traduzione di Cinzia Picchioni, in Tom Regan, Peter Singer, Diritti animali, obblighi umani, Gruppo Abele, Torino, 1987, pp. 175-179. ISBN 88-7670-097-8
  • Henry S. Salt, L'etica vegetariana (The Humanities of Diet), traduzione di Claudio Mapelli, Castelvecchi, Roma, 2015. ISBN 978-88-6944-141-7

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