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28 aprile 2010

la grande domanda

Probabilmente non c’è niente di più irresistibile, per un bambino, che porre domande.

Ah le domande! Vanno incoraggiate ed esaurite se possibile, soprattutto quelle che denotano una necessità di approfondimento. Ma rispetto ai bambini gli adulti tendono a perdere la capacità di porsi domande, figuriamoci quella di fornire risposte! Quante volte si risponde sbrigativamente...

C’è un libro a cui voglio particolarmente bene e che finalmente mi sono regalata, un “libro per bambini” (definizione inutile e insignificante) di Wolf Erlbruch che pone La grande domanda: perché sono venuto al mondo?

Le risposte, illustrate dallo stesso autore, arrivano via via da un pilota, da un cieco, dalla nonna, dal gatto etc., e per finire dalla mamma.

Le risposte che mi sono piaciute di più sono:

Quella imprevedibile dell’anatra: Non ne ho la più pallida idea.

Quella della morte: Sei qui per amare la vita.

Quella del cieco: Sei qui per avere fiducia.


Poi però col tempo, anche per questo non è solo un libro per bambini, scopro che altre risposte sono diventate più consone, a volte sento mia la risposta fornita dalla pietra: Sei qui per stare qui. E molto più spesso (ma è ora di dire basta!), la risposta del giardiniere: Per imparare la pazienza.

Infine, mi piace molto l’ultima pagina del libro, quella che contiene una tabella vuota dove si possono annotare, crescendo, le varie risposte raccolte o che da soli ci si è dati.

Una piccola perla che, nella (sotto)cultura dominante dell’apparire, parla di essere, e abitua ad interrogarsi


[Wolf Erlbruch, La grande domanda, Edizioni e/o c2004]



12 maggio 2012

...dal carretto degli interrogativi



Molto tempo fa ho scritto un post per raccontare di un libro dal titolo La grande domanda, e se volete potete leggerlo qui.

Nella mia vita ribaltata, Ora, inizio ad immaginare di incontrare gli stessi personaggi ma a cambiare è  la domanda. Dal carrettino degli interrogativi che mi porto sempre appresso, è spuntata fuori una domanda che è l’inverso di quella del libro. Quello che voglio sapere adesso non è perché veniamo al mondo, voglio sapere perché ne veniamo sottratti. (E senza entrare nel merito del come…)

[A dirla tutta, ho capito che a me questo mondo dove si entra e si esce una sola volta non mi piace proprio per niente, troppo troppo restrittivo!]

Forse le risposte più probabili alla nuova domanda sarebbero:

perché ogni cosa ha un inizio e una fine
perché non si sopporta più il peso della vita
perché lo si sopporta amandola troppo
perché la crudeltà può essere parte integrante del percorso
perché ogni cosa è scritta
perché siamo alberi e non pietre, gli alberi crescono, prosperano e muoiono
le pietre si consumano secondo me quando sono già stanche di esserci
perché la bellezza persino lì risiede, a volerla vedere
perché era necessario lasciare un insegnamento
(e l’insegnamento può essere quello di amare di più la vita, come suggeriva La Morte in quel libro)
perché si potesse capire meglio il segreto dell’amore
perché…


P.S.: il genialissimo Wolf Erlbruch si è occupato anche del tema della morte raccontata ai ragazzi in L'anatra, la morte e il tulipano e se ne può vedere il video qui