Il Dialogo
2025 Il senso della vita

Author: Gianpiero Pescarmona
Date: 08/01/2025

Description

il dialogo, nel parlare comune, fa riferimento a quando due persone si parlano, comunicano cioè usando le parole.

Ci sono diverse forme di dialogo, c’è anche il dialogo tra sordi per esempio il che suona un po’ suona un po’ assurdo come termine.
Però è solo apparente le assurdità: infatti, quando si comunica c’è uno che parla e uno che ascolta. Non sempre quello che ascolta capisce quello che l’altro dice, spesso capisce un’altra cosa e così il dialogo può andare avanti anche per molto tempo basandosi su malintesi.

in realtà il concetto di dialogo come interazione tra due entità viventi può essere molto più esteso.
Possiamo intendere come dialogo la comunicazione degli ormoni con le cellule di un organismo che possono avere recettori diversi e quindi dare a livello cellulare, in tessuti diversi, risposte diverse ad uno stesso stimolo.

perché il dialogo può essere così importante e può essere visto come una caratteristica strutturale di tutti i comportamenti degli organismi viventi, a tutti i livelli compreso quello microscopico?

Caratteristiche degli organismi viventi, secondo la mia definizione, e quello di agitarsi senza fine utilizzando le energie che proviene dal sole per competere tra di loro, per procurarsi il cibo, per riprodursi e per non morire.

Questo significa che essere vivo vuol dire essere in competizione continua con infiniti altri esseri uguali/ diversi, che tutti vogliono la loro la loro parte di molecole. naturalmente quando c’è una competizione qualche volta vinco io qualche volta vince l’altro qualche volta io vado avanti e qualche volta mi tocca arretrare.
noi dobbiamo tutti i momenti aggiustare il tiro se siamo più deboli di chi abbiamo di fronte dobbiamo stare tranquilli, se siamo più forti, dobbiamo avanzare.

Di conseguenza i nostri comportamenti non possono essere mai stabili. Sono sempre la risposta a quello che abbiamo di fronte, quello che noi possiamo chiamare ambiente.

Per gli esseri vivente possiamo distinguere descrivere il suo interno e tutto il resto del mondo che sta fuori e che in qualche modo è in competizione con lui.

L’unica vita possibile che io ho è quella di dialogare continuamente con quello che ho intorno e questo vedremo, vale a qualunque livello: a livello degli atomi, a livello delle molecole, a livello delle cellule, a livello degli organi, a livello degli organismi complessi, a livello delle società, non importa se sono società di funghi, di batteri, di uomini, o di pesci. La vita è comunque un dialogo continuo con gli altri.

Può essere interessante andare ad analizzare come questo concetto di dialogo possa essere formalizzato usando le stesse regole a qualunque tipo di livello: subatomico, atomico, molecolare, cellulare, di organismi animali, dell’uomo e così via.

Come possiamo pensare di definire il dialogo con una definizione che vada bene a qualunque livello?

Interazione tra due entità che modificano il loro comportamento in seguito alla loro interazione.

Modelli di dialogo

  • Io il mio tablet.

Il sito su cui scrivo, il flipper la nuvola, nell’ultima versione, quando usato sul tablet, non fa vedere il tasto Save che serve per salvare il testo che hai aggiornato. Ma io mi ricordo, è dal 2007 ormai che scrivo sul Flipper e sul tablet quotidianamente, dove il tasto sta 1,5: cm circa al di sotto della finestra di testo centrale.
Scrivo il mio aggiornamento, in automatico clicco Save senza vedere dove devo cliccare, ma nell’80% dei casi, cliccando giusto. È un dialogo tra vecchi conoscenti. Con un altro tablet con un altro software, non so se riuscirei a fare la stessa cosa.
Siamo due vecchi amici. Ci capiamo quasi senza parole.

Un modello particolare di dialogo può essere l’apprendimento.

Cosa intendiamo con apprendimento? secondo Gregory Bateson l’apprendimento è una delle caratteristiche tipiche e migliori dell’uomo. Il vero apprendimento, secondo l’autore, è una cosa assolutamente personale. Io mi relaziono col mondo e lo interpreto. Ognuno di noi di fronte al mondo, lo vede in maniera diversa, ciascuno di noi ha un’interpretazione del mondo.
Ciascuno di noi ha un dialogo diverso col mondo. Dopodiché, noi parliamo l’uno con l’altro di quel mondo che ciascuno di noi ha interpretato a modo suo. Bateson cita un pedagogo (Jerome S Bruner) il quale sostiene che bisogna educare in modo che le persone trovino il premio dell’apprendimento dentro loro stessi. Io imparo e sono contento di imparare. Non mi importa che il professore mi dia un bel voto, non mi importa che gli altri mi dicano che io sono il primo della classe. Mi importa capire il mondo, riuscire a capire le regole di quello che sta fuori di me in modo da conviverci. Questo tipo di percorso nella condizione ottimale dovrebbe essere diverso per ciascuno perché ciascuno di noi è diverso. Il confronto tra esperienze diverse, tra modi diversi di vedere il mondo potrà portare, tramite le discussioni tra le persone, alla costruzione se vogliamo di una società in cui si stabiliscono delle regole che ci permettano di confrontarci quando parliamo delle cose che vediamo.

Con tutti i problemi che comporta il fatto di usare le parole, e quello che io ho definito come il limite del significato delle parole.
Le parole ci descrivono degli oggetti , ma gli oggetti reali non corrispondono mai alla parola che è un termine astratto, preciso e immutabile, con dei confini nitidi.
Gli oggetti reali definiti dalla stessa parola, sono tutti diversi, per cui noi dobbiamo immaginare i confini del significato delle parole come sfumati.
Nonostante questo limite, per poterci parlare dobbiamo usare queste parole, che anche se ci danno solo il significato medio di come noi umani vediamo il mondo, però ci permettono almeno la comunicazione.

Un concetto che deriva direttamente dal dialogo e’ quello della storia.

Ti racconto una bella storia.

Io posso avere una storia devo avere il tempo c’è un primo e un doppio nella storia c’è un inizio e una fine oppure si ferma poi ricomincia comunque va sempre avanti la storia non torna mai indietro Questo fatto della storia che va sempre avanti è l’essenza della vita.
per vivere noi riceviamo l’energie, passano i giorni, nasciamo diventiamo grandi moriamo.

Tutto ciò che vive altro non è se non storia tutti i giorni della sua vita.
Io interagisco col resto del mondo, ho infiniti dialoghi con tutti gli altri componenti dell’ambiente. La vita è una storia di dialoghi non possiamo raccontarla se non conservando questa sua struttura temporale e dialogica.

Alcuni hanno fatto del racconto, delle storie, un lavoro letterati, poi, attori.
Ma tutti nel nostro piccolo siamo attori nella nostra vita di tutti i giorni, la vita è una storia che si sviluppa nel tempo e nel mondo.

Io sono un autistico fortunato.

Quando ero giovane, al liceo, mi piaceva molto come scriveva tacito.
Estremamente sintetico frasi semplici mai ridondanti ma con un significato voco non poteva essere intercettato in altro sarò in quello che l’autore voleva.
Ho sempre cercato i concetti in questo modo, mi è sempre stato detto che per farmi capire dovevo esprimermi in maniera ridondante, ripetere più volte il concetto perché gli altri capissero che era importante. Se non lo capiscono peggio per loro, io cerco di scrivere in maniera sintetica.
La diffusione di un autistico fortunato fa parte di questo modalità espressiva.
Io mi vedo perfettamente in questa frase come mai
Essere autistici è una malattia perbacco come si fa a essere contenti di essere un ammalato?
I soggetto autistico in realtà è un soggetto che vive nel suo modo non ti vede e non ti guarda non ti parlo il fumo non dipende da te.
Non mi ero mai posto il problema del perché ci si potesse comportare in questo modo
Poi un giorno ho visto una ragazzina di 15 anni che guardava quell’aspetto ironico e interrogativo me e sua madre che si preoccupavamo della sua salute.
La ragazza aveva avuto un idrocefalo ono riconosciuto per qualche mese alla nascita poi era stato corretto, e apparentemente lei era sana ma con 1° abbastanza elevato di socialità. Mi ha colpito la sua indifferenza ci guardava stupita che noi ci agitassero non c’era nulla che era preoccupasse.
Ma io che sono un biochimico, so che l’interazione tra noi e il resto del mondo passa attraverso tutto risposte diverse a seconda se noi abbiamo successo o falliamo nelle nostre azioni.
Quando abbiamo successo, produciamo determinati ormoni, neurotrasmettitori chiamateli come volete produciamo delle molecole che ci danno la sensazione di contentezza. I nostri rapporti con il mondo sono felici e noi siamo contenti non dobbiamo più fare niente.
Queste molecole sono fondamentalmente due: la dopamina ed endorfine.
Ke endorfine soprattutto mi sembravano interessanti in questo caso, ma stanno nell’ipofisi e io non so come fare a sapere quante endorfine una persona ha nel cervello. Se non dal suo carattere.
La mia ragazzina aveva degli esami di sangue e tra questi la prolattina.
La prolattina è quell’ormone che fa fare il latte alla donna dopo il parto, quando il bambino si attacca al capezzolo. E la donna ricava piacere dall’attaccarsi al capezzolo del bambino. Allattare per certi versi è una cosa contro natura, devi dare una parte di te, delle molecole che faticosamente ti sei procurato per darle un altro. Il trucco che la natura inventato è semplice: tu provi piacere quando il bambino succhia il latte e il tuo piacere stimola la produzione di prolattina che ti fa fare il latte. Cerco in letteratura endorfine e prolattina, e trovo che le endorfine fanno produrre la prolattina.
La mia ragazzina aveva la prolattina alta, il che vuol dire che aveva le endorfine perennemente alte. Senza bisogno di agitarsi, di raggiungere uno scopo, di proporsi degli obiettivi e poi raggiungerli, di piacere agli altri. A lei bastava che il suo cervello producesse endorfine. Aveva una memoria meravigliosa, ricordava tutti i particolari delle cose che sua madre, suo padre, avevano detto anni ed anni fa. Ricordava esattamente, ma senza nessuna partecipazione.
Ricordava così perfettamente perché tutti i suoi ricordi erano semplicemente un film a cui lei non aveva partecipato, non ne aveva bisogno. Lei era ed è perennemente contenta perché ha una super produzione di endorfine.

E io cosa c’entra con questa fanciulla?

Ho fatto il professore tutta la vita, parlando a centinaia di persone, cercando di farmi capire, provando soddisfazione quando capivano, cosa non facile.
Il mio umore non era sempre uguale e serafico come quello della ragazza. Io le endorfine me le dovevo duramente conquistare.
Però avevo capito che l’unica cosa che veramente mi dava piacere non erano le parole degli altri: come hai detto bene, sei riuscito a pubblicare il lavoro……

Tutte queste cose al di fuori di me, a me non dicono nulla, quello che a me da piacere e’ la mia soddisfazione interne, le mie endorfine derivanti da un dialogo sempre nuovo con l’ambiente che mi circonda.
Il piacere è interno a me, ma ho bisogno di interagire con l’altro fuori di me per provarlo.

Condannato a conoscere, condannato a imparare.
E’ divertente, credetemi

Col tempo mi sono reso conto di quelle che erano le cose che più mi inducevano la produzione di endorfine, e quindi mi ci sono dedicato. Tra queste attività una era quella di fare il medico, a modo mio, senza dare medicine, ma cercando di capire quali molecole sono fuori posto nella persona che ho davanti.
È un dialogo continuo tra me e gli altri, degli altri sempre diversi, con problemi che devo affrontare in maniera variegata e sempre tentando di risolvere dei problemi ragionevolmente ardui.
Se ci riesco produco le mie endorfine.

Ecco io sono autistico in quanto il piacere dal fatto di riuscire a fare le cose, dal giudizio che io stesso do a me. Ma per fare questo, io devo interagire con gli altri in maniera personale e e quindi sei da un lato io sono un essere perfettamente sociale dall’altro io sono anche totalmente autistico, perché è il mio vivere questa interazione, quello che mi rende contento.

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