venerdì, novembre 27, 2009

Se non sei su Google non esisti (credo)


Allora, siamo in fase d'assaggio Champagne. S'avvicina quel periodo dell'anno nel quale sembra lecito bere Champagne - che roba, dovrebbe essere sempre quel periodo dell'anno. Insomma qui c'è un bel traffico di pre-beta-campionature. Giorni fa un big distributore (in sostanza Heineken, in sostanza Partesa) mi annuncia garrulo che pure lui ha uno Champ da farmi assaggiare. Evvai.
Epperò (c'è sempre un epperò) cerco su gùgol il nome della maison, e ciccia. Non c'è un piffero. Nada di niente, manco un assaggio, nemmeno una homepage. Che mi trafigge il pensiero tecnogeek-duepuntozero: ma se questi non stanno su Google, esistono davvero? O saranno una maison messa assieme con un bel nome di fantasia, etichettando una cuvée di cantina cooperativa? E infatti il prezzo è stracciato - o meglio, come direbbe un venditore serio: "adotta una politica commerciale aggressiva". Insomma, come al solito senza fare nomi, Louis Constant Champagne non l'ho ancora assaggiato, ma aspetto fremente. Chi sa parli (o taccia per sempre).

Aggiornamento del 15 Dicembre: finalmente assaggiato. Appena aperto poco esuberante al naso, ma con una spuma notevole. In bocca ha un dosaggio zuccherino un bel po' largo, e questa piccola morbidezza è la marcia in più, lo rende giuggioloso. Corto ma ludico. Secondo me, un buon acquisto.

mercoledì, novembre 18, 2009

Spammer sì, ma ecologista


Tra le tante raccomandazioni demenziali lette in calce alle mail di spam, questa mi mancava: "non stamparmi, a meno che non sia proprio necessario" (ma quando mai). Immagino che sia una cosa ecologica.

martedì, novembre 10, 2009

Bel post

Bel post, come usa dire tra bloggaroli, di Francesco Arrigoni. Parlando della Fiera di Merano, infila uno dei miei concetti preferiti:
"I produttori quando parlano del loro vino si adoperano per spiegarti quanto è diverso dagli altri, quali sono gli aspetti distintivi, i caratteri. Qualcosa che lo rende più riconoscibile. Ma puntare sulla diversità, se vogliamo ben vedere, non premia i vini in assoluto i vini più buoni, ma i vini più originali. Un po’ come lo strabismo di Venere che fa premio sulla bellezza in assoluto".
Vero è che il carattere conta, per me, ormai parecchio di più della perfezione. Si parla di vino, ma come al solito ci potremmo riferire pure ad altri ambiti.

venerdì, novembre 06, 2009

Times online, mica cotiche

L'annata del secolo a Bordeaux. Bah. Anche il Times Online è scettico, e pure caustico: "il clima eccezionale ha prodotto uva così buona che i cani diventano vegetariani, per mangiarla".

sabato, settembre 19, 2009

Domande seriamente esistenziali

Io devo capire perché la sciura col SUV Mercedes mi chiede preoccupata come mai il vermentino è aumentato di un euro rispetto all'ultima volta che l'ha preso (un anno fa). E il ragazzetto con lo scooter paga due Dom Ruinart senza batter ciglio (e ringrazia pure). Mah.

sabato, settembre 12, 2009

Atti giudiziari

E' sera. Dopo defatigante giornata a comunicare il vino, rientri a casa e nella cassetta delle lettere trovi una busta verde. "Consegna atti giudiziari". E che cavolo, pensi. Tra la posta c'è pure un altro biglietto con su scritto "lasciato avviso di consegna atti giudiziari nella posta" - che significa: il postino ti ha lasciato l'avviso di ritiro nella busta verde, e l'avviso della busta verde. Non chiedere perché, dev'esserci sicuramente un buon motivo. Fatto sta che hai dieci giorni di tempo per andare all'ufficio postale a ritirare l'atto giudiziario. Dieci giorni? E se ero in ferie? E se fossi uno che fa le ferie intelligenti a settembre? Fortuna che non sono intelligente.

Quindi stamattina sei alla posta in coda, tra i vecchietti, a ritirare il plico. C'è la linea gialla per star lontani, sai, la praivasi.
Arriva il tuo turno.
Cribbio, era ora, mo' vediamo chi mi vuole morto, che diavolo sarà.
L'impegata mi guarda male, ovvio, se uno ritira atti giudiziari ci sarà un motivo.
L'atto non si trova.

Impiegata (urla con tutto il fiato che ha nei polmoni verso una collega): "Ioleeeee??? DOVE SONO GLI ATTI GIUDIZIARIII?"
Addio praivasi. Un vecchietto osserva un suo simile con un'occhiata tipo "te l'avevo detto che quello lì mi pare uno poco raccomandabile".

Finalmente si trova il plico. Gigantesca busta verde formato A4 contenente una decina di fogli.
E sai cosa c'è dentro? Conteggi di tasse di successione. Ecco. Atti giudiziari.

sabato, settembre 05, 2009

C'è grossa crisi (nella comunicazione dei listini)


C'è questo produttore che mi invia il primo mail scritto in capslock. Tutto maiuscolo. Ora, avete presente i mail scritti tutti in lettere maiuscole, tipo nigerian scam; non sto a fare la maestrina e non rispondo, a che serve, mica è il 1997 questo, la regola non andrebbe nemmeno spiegata.
Poi rimanda lo stesso mail, questa volta scritto normale. Be', gli rispondo: mi interessa, mandami il materiale aziendale e i listini, dai, ci sto.
E quello manda la brochure e l'elenco dei prodotti per posta ordinaria. Ma perché? Hai il pulsante "allega file" rotto? Bah.
E indovina adesso che c'è: apro la busta con il listino delle referenze, e non ci sono i prezzi.
Che faccio, glielo dico?

venerdì, settembre 04, 2009

Amici degli amici (nel senso buono, eh)


Leggo con piacere che un amico descrive - bene - i vini di un altro amico. Precisamente, Michele Marziani parla, qui, di Cascina Garitina, il mio barberista d'Asti di riferimento.

[La foto è di Marco Salzotto]

Qualche lavoretto grafico

Giusto per togliere un po' di polvere, si ritorna al lavoro limando il layout. Come dicono quelli seri.

sabato, agosto 15, 2009

La mia bottiglia di Ferragosto


La mia bottiglia di Ferragosto è il Fosarin 2004 di Ronco dei Tassi. E' un'etichetta con un bella storia, vino dell'anno 2005 per il Gambero, tre bicchieri, prezzo piccolo quindi molto discusso. Ho tenuto qualche bottiglia per me, per riassaggiarlo. La domanda classica, per vini così, è: come reggerà al tempo? E' davvero questo gran vino?

Bene, a cinque anni dalla vendemmia, avevo voglia di verificare cosa è diventato questo mitico Fosarin 2004. Diciamo subito: abbastanza bene. Non momumentale, certo, ma interessante. Il naso è offuscato, forse appesantito, da note legnose-tropicali, sul genere vaniglia e ananas. Si apre con qualche lentezza, e fatica a scrollarsi via quel timbro butirroso. Durante l'assaggio il giudizio oscilla continuamente: a momenti mi pare banale, ma scavando escono sensazioni più sotterrate e complesse - lontane dall'ossidativo, sia chiaro; comunque mostra un naso all'inizio controverso. Le erbe aromatiche sul genere della salvia arrivano dopo un bel po' (ma ha avuto momenti in cui sparava il ginger), e risollevano le sorti. La bocca purtroppo segna il lievissimo amarore da fine corsa, cioè denota una maturità compiuta, che non dovrebbe consentire ulteriori evoluzioni. Questo gli fa mancare punteggi più seri, e lo attesta su 87-88/100. Dalla sua resta un curioso appeal invitante, induce ad essere ribevuto, perché svela ad ogni sorso qualche nuance inedita.

lunedì, luglio 27, 2009

Avverto una vibrazione nella Forza

Dice: "nel web si parla anche tanto, forse troppo, a vanvera e poche volte senza entrare nel cuore delle questioni miliari legate al vino". Questa è un'opinione, che io rispetto. Forse sono io che ho il gusto del paradosso, ma trovo molto ironico che questa opinione si trovi esattamente nel web.

Poi accade che oggi cercassi info su Rossese Style, una degustazione alla quale ho partecipato. E ho trovato questo:



Tanto per la cronaca: non sono quella cosa lì.

venerdì, luglio 10, 2009

Questo è il miglior post che io abbia mai scritto


Il miglior post che io abbia mai scritto, nella mia lunga carriera di bloggarolo, non sta qui su Diario enotecario, ma alloggia sui server di Intravino, ed è questo. Ora, io posso cercare molti modi per definire il senso di quanto sta scritto in quel post, ma gira e rigira non riesco a trovarne uno migliore: quel post è una gigantesca cazzata. E' una delle peggiori cazzate che si possano fare, cioè mettersi a correggere qualcun altro, e scoprire che il qualcun altro aveva ragione, e tu invece torto: come vedete, mueller thurgau è perfettamente corretto.

Quel post è la quintessenza, è il più puro, cristallino distillato delle dinamiche virtuose riferite alle conversazioni in rete. E' la prova provata che scrivere idiozie su internet non ti concede scampo, se chi commenta liberamente può intervenire a ristabilire la verità; perché, com'è ovvio, la parte seria del post, in questo caso, sta solo nei commenti. L'errore contenuto nel post ha avuto un correttore eccezionale, Fabio Rizzari de L'espresso (a proposito: grazie, Fabio) che ha precisato, tra l'altro: "l’uso dei digrammi ae, oe, ue in luogo di ä, ë, ü, è considerato da sempre accettabile". Anche Andrea, con le sue parentele tedesche, ha le sue buone ragioni: "la mia metà di famiglia germanica conferma che MUELLER è dizione corretta come sempre quando non è tipograficamente possibile mettere l’umlaut - ma fiorenzo non si consulta con i germanisti in redazione…"

Il commento di gran lunga più interessante però è quello di Vuggì, che (a parte qualche risentimento personale) focalizza il punto più importante: "quale sarebbe il proposito nel fare i maestrini dalla penna rossa? Trovare un giorno un lavoro vero e candidarsi per lavorare all’ANSA ? Torna a stupà i butiglun da quel bun. Và là".

Tutto vero. Questo commento serve a ricordare, a me e chiunque altro, che scrivere in rete non fornisce alcun privilegio, se non qualche minima credibilità smontabile in qualunque momento, non appena chi legge è in grado di dimostrare che sei in errore. Nello specifico, mi rammenta la mia essenza di bottegaio, cioè uno che nella sostanza compra e vende vino, con l'unico orgoglio che deriva dall'essere una delle tante rotelle di questo ingranaggio. E' il mio lavoro vero, e quel commento mi ricorda cosa sono. Considerando cosa ho scritto nel post precedente a questo che state leggendo, è un bel passo avanti.

Scrivere su un blog o da qualsiasi altra parte deve essere un costante esercizio di umiltà. Ogni volta che penso d'aver fatto chissacché, vado a prendere il mocio Vileda e lavo il pavimento, per tornare sulla terra. Pure ora, alla fine di questo post.

martedì, giugno 23, 2009

Nuove cose

La creatura-Intravino è al secondo giorno di vita; quando un neonato è così piccolo lo guardi e lo riguardi, cercando d'afferrare se va tutto bene; in realtà ci vuole tempo per capirlo, ma intanto, eccolo qua: attenzione ad ogni singolo vagìto, e cambiare i pannolini con cura ed amore.
Diario enotecario, invece, s'avvia al quinto anno di vita. Quando ho cominciato a trafficare col team Dissapore, ho pensato che avrei chiuso questo blogghe; ma il pensiero è durato poco; son troppo sentimentale, ed un blog corporate per la mia bottega, capirete, serve sempre. Come dico spesso, a volte guardo la mia carta d'identità per ricordarmi cosa sono: c'è scritto commerciante, ma, ora più che mai, è solo una parte di ciò che faccio, e di quel che sono.

giovedì, giugno 18, 2009

Ma chi ti scrive i testi


Appena arriva il primo caldo, che tu sia enotecaro o wine-bloggarolo, non c'è scampo, scivoli sulla celebrazione banale intitolata ad una qualche birra. La notizia è: ho un momento banale. Iersera vinto dalla calura mi sono premiato con l'Erika di Baladin, che tra gli ingredienti ostenta, pensa tu, il miele d'erica Thun. La presenza del miele potrebbe far pensare ad una birra che viri sul dolce, ed invece la nota mielosa è molto composta, per nulla prevalente, e contribuisce semmai a levigare l'amaro conferendo complessità, direi addirittura grandezza; il naso restituisce elementi affumicati e tamarindo. Una birrona gloriosa, difficilmente dimenticabile. 85/100 in punteggio, per euri 12,50 (bottiglia da 75 cl).

Due paroline sul sito di Baladin; la bellezza di una homepage finisce sempre per essere soggettiva, quindi il fatto che io lo trovi di una certa bruttezza è relativo; purtroppo Baladin.it è una discreta sòla pure sul piano dell'informazione: accedendo alla pagina che illustra la birra da me provata si ottengono info alquanto visionarie: "collaborando con la Natura l'Augusto chiama accanto a sé miele e melata, le api e gli afidi: una vera sinergia da sballo!" - insomma, qualunque roba sia, passatela.

[Volendo poi fare il rompi, nell'url, http://www.baladin.it/birra/beer-slowfood-italy-bottle-erika.html, e' di qualche significanza la parola "slowfood". Vuoi forse dirmi qualcosa?]

mercoledì, giugno 10, 2009

Qualche tipo di lavori in corso


Una delle migliori rassegne del settore enoico è Terroir Vino: l'edizione 2009 va in scena il prossimo lunedì a Genova, Palazzo Ducale (fatevi un appunto) con ingresso dalle 11 per gli operatori, e dalle 15 per il pubblico. Durante la giornata di domenica i più geek, ed io tra questi, saranno impegnati nell'inedita un-conference (una roba a metà tra una conferenza ed un incontro tra amici) alla quale sono iscritto, con un intervento intitolato "elementi confusi di comunicazione". Ci si vede lì, non troppo confusamente, spero. L'occasione sarà propizia per parlare dei nuovi, mirabolanti progetti del team Dissapore.

mercoledì, maggio 27, 2009

Io, e quell'altro


Allora, succede che la mia enoteca si chiami La Botte Piena. Erano i primi anni novanta, ed io ero ancor più faceto di adesso, che non è poco. Poi avevamo le botti, vendevamo vino sfuso, ed avevo probabilmente il perverso scopo di finire nella rubrica botteghe oscure di Cuore.
Succede, poi, che da queste parti tutti stanno aprendo enoteche, sembra che non abbiano di meglio da fare; ma perché non aprite una fonderia, piuttosto.
E succede, infine, che una enoteca da poco avviata a Voltri (quartiere genovese a pochi chilometri da me) abbia scelto di chiamarsi, in dialetto locale, A Botte Pinn-a 2. Arrivato al terzo cliente che m'ha chiesto se avessi aperto un altro punto vendita, mi sono francamente seccato. Il nome del'enoteca-clone non è esattamente identico, ma quel numero "due" che segue l'intestazione è ambiguo. Possibile che esista una "Botte Pinn-a 1", oppure è possibile che sia una precisazione in qualche modo evocativa: di me stesso. Quasi quasi ci sarebbe di che vantarsi.
Ebbene, adoperiamo il blogghe per la comunicazione ufficiale: quello non sono io. La mia azienda fu, era, è, sempre sarà una one-man-band.

Quanto al collega privo di fantasia, mi domando come procedere. Possibili vie:
1. Gli faccio causa per dieci milioni di euri (poi divido con voi, prometto).
2. Lascio perdere, e ciao.
Che fare?

domenica, maggio 24, 2009

C'è un Abisso


Piccoli geni del marketing crescono: scordatevi quel giuggiolone di Farinetti, noi abbiamo Bisson, che affonda 6500 bottiglie di spumante al largo di Portofino per affinare meglio; il vino, manco a dirlo, si chiamerà Abissi. Non so in quale misura la geniale trovata influenzerà la presa di spuma del metodo classico - quel che è certo, è che la stampa si è tuffata (ahem) sulla notizia.

[Bonus link autoreferenziale: alle solite, non si inventa mai nulla].

giovedì, maggio 21, 2009

Flettere i muscoli


E allora diciamolo: flettere i muscoli è in ribasso. Enoicamente parlando, perlomeno.
Tra le cosine raccolte nel mio tour in Valtellina ho una specie di innamoramento (oggi, ché volubile come solo domani cambio amore) per il Rosso 2006 di Ar.Pe.Pe. Il colore di questo nebbiolo valtellinese è pallidino, scolorito, quasi quasi ti verrebbe voglia di comprargli un rotomaceratore, al cantiniere. Il naso è peposo, con spezie mixate al frutto non esorbitante. Bocca perfettamente equilibrata, cioè con un ingresso pieno ma senza esagerare, all'insegna dell'armonia; veramente una delizia, perché sotto sotto cova carattere e personalità, ma senza esibizionismi, appunto. Noterella: gran parte di questo 2006 è destinato all'estero, quindi, chi lo trova si affretti a comprarlo. Quanto a me, non posso rubricare questa degu sotto i prelievi di scaffale perché ne ho pochissimo, nemmeno inserito a listino. Ad occhio e croce, verrà destinato tutto ad autoconsumo.

venerdì, maggio 15, 2009

Nel culto della bugìa

Aranciata senza arance. Ma anche "formaggio prodotto utilizzando cagliate, polveri o caseinati al posto del latte e il vino senza uva, realizzato dalla fermentazione di frutta, dai lamponi al ribes". E cioccolato senza cacao, vino rosato ottenuto da miscela di bianco e rosso; se la guerra all'aranciata fasulla sembra vinta, resta la pesante impressione che le modifiche apportate, ex lege, a quel che ingoiamo, servono a legalizzare la bugìa. Nell'articolo si legge, pure, che "l'abbassamento della qualità dell'alimentazione è diventato un pericolo reale che colpisce soprattutto le classi economicamente più deboli, costrette a risparmiare sul cibo e per le quali la spesa incide sempre più sul budget familiare". Quest'osservazione, interessante, è da collegare ad altre forme di progressiva compressione dei nostri standard; non è casuale incrociare questa con altre notizie: "protesta delle mamme: beffate sulla scelta del tempo pieno"; comincia ad essere chiaro che le storie sul mantenimento degli standard relativi alla scuola, dopo il decreto Gelmini, erano appunto storie. Oppure questa: "crolla il Pil in Italia: -5,9%". La distanza dal primo argomento è solo apparente; in realtà stiamo finendo dritti in un disastroso restringimento dei livelli minimi garantiti, e sembra che pure il cibo debba seguire le sorti, direi finanziarie, di questo declino. Su tutto, poi, prevale la menzogna degli annunci per i quali nulla cambierà, le cose verranno mantenute, eccetera. Storie, appunto.

martedì, maggio 12, 2009

Sommelier con problemi di diottrie


Qualche tempo fa Andrea ha segnalato un interessante articolo del Times Online, sull'uso del sommelier. Inteso proprio come "istruzioni per l'uso", rivolto a quanti si ritrovano davanti la ieratica figura del suggeritore di vini, magari al ristorante, e non vogliono sentirsi schiacciati dalla sua esorbitante conoscenza. Esistono problemi peggiori, potremmo dire, ma qua si parla di vino, appunto. La lunga lettura nella lingua di Albione viene opportunamente riassunta, nel blog di Burde, con i quattro punti finali: cose da fare, e da non fare; si deve:
  • informare immediatamente il sommelier del budget che avete deciso per il vino
  • Ricordare che non è solo il prezzo che fa la qualità di un vino ma spesso anche la reputazione e la relativa scarsità di una etichetta per cui spesso sono migliori affari vini che costano meno ma che offrono la stessa soddisfazione a tavola.
E poi, non si deve:
  • accettare un 2005 al posto di un 2006: controllate l’annata che vi viene effettivamente portata e insistete nell’avere esattamente quella che avete indicato perchè spesso una stessa etichetta ha grande variabilità in qualità di anno in anno e anche di prezzo, cosa che spesso non è riportata chiaramente in carta.
  • Rifiutare un vino solo perchè ha un tappo a vite, vi perdete un sacco di occasioni di assaggio di buonissimi vini.
Apparentemente, un insieme di consigli sottoscrivibili. Tanto più interessanti in quanto segnalati da un Sommelier professionista.

Tuttavia devo essermi sbagliato: tornando a rileggere il post, ho notato una serie di commenti assai seccati di altri sommelier, che, inviperiti, commentavano cose tipo: "quando un cliente si presenta e dice al sommelier qual’è il suo budget per il vino mi viene da pensare: o non ha guardato la carta oppure ritiene il sommelier un ladrone" e ancora "lo stesso vale anche per il punto due delle cose da non fare perchè significa che io potrei essere li pronto a rifilare al cliente una bufala, e anche questo lede profondamente il mio modo di pensare e di lavorare". Ma dai? Come se la carta dei vini fosse esibita sempre, ovunque. Come se polemiche di questo tipo non fossero sorte mai.

Insomma, classico esempio di comunicazione non pervenuta: eppure, tutto mi pareva assai chiaro: possibile che qualche sommelier abbia problemi di diottrie? Soprattutto: la lunga lettura del Times (cliccare i link aiuta molto a comprendere) avrebbe consentito di esprimere commenti un po' meno acidi, e, spiace dirlo, assai coda-di-paglia. Da addetto ai lavori, e da frequentatore di sommelier, so benissimo che le quattro, semplici regolette elencate da Andrea non sono, propriamente, legge incisa nella pietra: io ho trovato quel richiamo assolutamente opportuno. O forse la funzione del sommelier è talmente sacrale da non sopportare alcun genere di appunto? Tra l'altro, nessun commentatore del Times Online ha rilevato questa grave, lacerante offesa alla dignità del sommellier.

Propendo per qualche difetto di visualizzazione. Del resto, un commentatore chiosa: "non ho ben capito se tu andrea gori sei o no un sommelier". Ecco, appunto, capire meglio aiuterebbe (il commentatore).

[Piccola postfazione: ovviamente mi fa velo la mia amicizia con Andrea; anzi, colpevolmente, ho rimandato di segnalare che a Firenze da qualche tempo esiste un fighettodromo assolutamente imperdibile, l'Osteria Tornabuoni, in cui il prode Andrea è schierato, pensa un po', in quanto Sommelier. Qui una mirabolante galleria fotografica].