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venerdì 11 aprile 2014

Sembra proprio il pavimento dei Malfatti

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo messaggio di Barbara Cuoghi.

Cara Giovanna, 
I Malfatti siamo noi! 
Lo dico con un certo orgoglio e con la stupita felicità di chi inaspettatamente si riconosce nelle parole e nelle illustrazioni di un libro così perfetto. La settimana scorsa siamo stati costretti in casa da un’influenza ritardataria. Al termine di un pomeriggio di giochi, la mia bimba di quasi otto anni si guarda intorno e, mani sui fianchi e sorriso sulle labbra, soddisfatta, mi dice: «Sembra proprio il pavimento dei Malfatti, mancano solo le mutande!» e giù a ridere a crepapelle. 


Ce li rileggiamo praticamente tutti i giorni, i Malfatti, da più di una settimana, e tutti i giorni ci ammazziamo dalle risate quando arriviamo alla pagina dove i Malfatti si divertono a discutere su chi di loro sia, appunto, il più malfatto e più avanti, quando il Molle, mollemente sdraiato a terra, dichiara che le sue idee sono deboli…. «ma lì sembra una cacchetta!». E di nuovo a ridere come matti, con il mio piccolino di due anni che corre felice per la sala e poi si lascia cadere lungo disteso interpretando la sua personalissima versione del Molle.

Oggi la mia bimba mi ha disegnato il Capovolto. 
«Bellissimo. È proprio lui! È quello che ti piace di più?» le ho chiesto.
«No», mi fa lei. «Quello che mi piace di più è il Bucato, ma il Capovolto è un po’ come me… quando mi dici che faccio le cose alla rovescia, che poi, delle volte, a far le cose alla rovescia vengono meglio di quando le faccio come dici tu!». 

Ecco, noi vorremo ringraziarvi, cari Topi, per questo libro che è in testa alla nostra top ten (a pari merito con Il grande libro dei pisolini) e vorremmo che tu ringraziassi Beatrice Alemagna da parte nostra per tutti i bei momenti che ci ha regalato con le sue Pulcette, il suo Piccolino e i suoi Malfatti. In special modo vorresti ringraziarla da parte mia che, alla tenera età di 43 anni, grazie a lei e a mia figlia, mi sono resa conto che, a volte, “alla rovescia è meglio? 
Ciao e buona domenica 

Barbara 


PS: mia figlia vuole che ti scriva che in copertina al Bucato mancano i buchi…porta pazienza…

martedì 16 luglio 2013

I bambini leggono/4. L'incredibile caso degli 8 ippopotami

"Dove sono gli altri otto ippopotami?" (e le 6 poltrone e le 3 ottomane?)

Una mattina, qualche tempo fa, ho ricevuto questo messaggio. Oggetto: Nonno in crisi!

Cari topi pittori
Stiamo leggendo al nipote il vostro libro dei pisolini illustrato da Simona Mulazzani. Chiedo aiuto nell’interpretazione della pagina 11 (circa), quella con le giraffe nel sacco a pelo. Fino a qui i conti tornano tutti. In questa pagina invece il testo non ha un riscontro nelle figure (TRE FOCHE SU SEI POLTRONE ECC.).
La creatura, perfida e attenta al fatto che tutto torni, ha turbe serali proprio perché tutto non torna! Dove sono le sei poltrone? E gli altri quattro colombacci ? (per non parlare del resto della ghenga degli ippopotami).
Attendo lumi! Aiuto!!
Grazie

Maurizio & Elisabetta

P.S. Gran libro !!


E questa è stata la mia risposta:

Cari Maurizio ed Elisabetta,

grazie per il vostro messaggio: mi sto ancora asciugando gli occhi dal ridere.

Il vostro nipotino ha l'occhio lungo e diabolico, infatti ha azzeccato la magagna del libro.
Sì, si tratta di un errore. Vi spiego: originariamente la filastrocca da me scritta aveva i regolamentari:


nove ippopotami sopra al divano.
Tre foche monache su sei poltrone.
Sei colombacci su tre ottomane.

 "Posso portarmi anch'io una banana a letto, domani sera?"
"Quante pecore conta il coccodrillo?"

Un giorno, mentre il libro era in corso di realizzazione, mi chiama Simona Mulazzani e mi dice: "Senti, in una sola pagina tutta 'sta roba non ci sta: troppa mobilia e troppi animali. Non si può economizzare?"
Impietosita, mi misi al lavoro, e questa fu la soluzione (che non avrebbe turbato i sonni del vostro nipotino...):


un ippopotamo sopra al divano.
Tre foche monache su tre poltrone.
Due colombacci su un'ottomana.

"Ma le vendono queste ciabatte?"

Tutto sembrava risolto: Simona fece la sua bella illustrazione con la mobilia e lo zoo dimezzati. Il lieto fine sembrava garantito, quando ci si mise di mezzo un genietto dispettoso.
Di solito chi fa il controllo finale dei testi, prima della stampa, sono io. 

"Ma le vendono queste ciabatte?"
Ma quella volta non so dove fossi, e toccò a mio marito, Paolo, che non era al corrente del cambiamento e che quindi non si è accorto che nell'impaginato era finita la prima versione di testo, che a quel punto non funzionava più con l'immagine.
Che le due cose fossero incongruenti, ce ne siamo accorti solo quando il libro ormai era stampato.

Dramma. E adesso? "I bambini se ne accorgeranno sicuramente, pignoli come sono!" mi disperavo io, immaginando la delusione dei mancati nove ippopotami. Paolo cercò di rassicurarmi, ripetendomi: "Ma senti, mica un illustratore per forza deve mettere nell'illustrazione TUTTO quello che dice il testo, altrimenti staremmo freschi." Da un certo punto di vista, aveva ragione, dall'altra, pensando alla implacabile logica infantile, mi resi conto che si trattava di un cerottino su una bella magagna.

"Possiamo aggiungere anche noi un piano
con le dune al nostro letto a castello?"
Ecco, ora sapete tutta la verità. Cosa potete dire al vostro perfido tesoro? Che anche i Topi sbagliano! Oppure che un illustratore non deve mica illustrare proprio TUTTO quello che dice il testo. E quindi i nove ippopotami e le sei poltrone non è che non ci sono: l'illustratrice li ha lasciati oltre il margine della pagina, perché tutti in una sola non ci stavano. Magari potete proporgli di disegnarli lui: così tutti vedranno che non è che non ci sono, è solo che non si vedono. Oppure, se il pargoletto ancora non legge, potete leggergli la versione corretta di testo, e lasciare che scopra l'inganno una volta che sarà in grado di leggere da solo...

Un saluto e fatemi sapere come è andata a finire!

Giovanna



"Come mai i pulcini non dormono?"
Poi qualche giorno fa, la nostra impagabile Geena Forest (che se non ci fosse, la dovrebbero inventare), ci ha lasciato questo commento sulla nostra pagina facebook:

Le domande più frequenti a cui devo rispondere ogni sera alla lettura di questo libro:
"Ma le vendono queste ciabatte?"
"Come mai i pulcini non dormono?"
"Quante pecore conta il coccodrillo?"
"Possiamo aggiungere anche noi un piano con le dune al nostro letto a castello?"


"Dove sono gli altri otto ippopotami? (teoria più probabile dopo infinite discussioni: un po' più a destra e Simona Mulazzani non aveva più spazio nel foglio per disegnarli)"
 "Posso portarmi anch'io una banana a letto, domani sera?"

"Ma sotto l'elefante ci sarà un po' di soffice
polvere o è tutta dal lato della gazzella?"
"Ma sotto l'elefante ci sarà un po' di soffice polvere o è tutta dal lato della gazzella?"

Ci credete che alla fine mi addormento anch'io?
 Che libro. Che pisolini.

Comunque, nel caso vogliate veramente fare una ricerca approfondita, su dove siano finiti gli ippopotami, queste sono le teorie scartate a casa nostra:
1. sono sui rami superiori, più in alto di poltrone e ottomane (no, troppo pesanti, cadrebbero ancor prima di voltare pagina)
2. Sono die
tro l'ippopotamo raffigurato che, essendo il più grosso di tutti, ne copre la visuale (impossibile: ad almeno uno degli otto verrebbe in mente di fare cucù e farsi vedere dal lettore)
3. Sono spiaccicati sotto l'ippopotamo illustrato (no, troppo truculento, poveri ippopotami... E poi qualche budella si vedrebbe o_O)
4. L'ippopotamo sta sognando gli altri otto ippopotami (non mi ricordo perché è stata scartata questa).


Anche questa volta, dopo protratte risate, ho risposto:

Prima o poi scriverò un post, su questi otto ippopotami che stanno togliendo il sonno a intere famiglie!

Che poi è quello che avete appena finito di leggere. (gz)

mercoledì 12 giugno 2013

Mappe ritrovate di territori segreti



Dall'inizio di giugno, il nostro blog è entrato in fase di rallentamento estivo. Ma evidentemente i nostri lettori no. Negli ultimi giorni gi stanno arrivando dei messaggi, stimolati dai post più recenti, davvero molto belli: vere e proprie lettere, anzi. Belle, sì, non solo per un carattere privato, ma soprattutto per come ci sembra che “afferrino la palla” per rilanciarla più lontano, sviluppando riflessioni, aggiungendo riferimenti, spingendo il discorso sui libri e sul lavoro che ci sta dietro, verso altri ambiti ed esperienze. Per questo ve le proponiamo. La prima arriva da Sandra Caciagli*, che, mossa dal post Tu non sei niente del 30 maggio scorso, su Un altro me, di Bernard Friot, ci ha scritto di sé, del suo lavoro coi bambini e gli adulti, e del suo modo di usare i libri. Ringraziamo Sandra per il suo messaggio, i suoi pensieri e il modo in cui ha pensato di condivederli.


Cari Topi,
per la seconda volta dopo la lettura di un post sul vostro blog non posso fare a meno di scrivervi anche per condividere i pensieri che mi suscitate, anche se ho sempre paura di non esser capace con le parole ad acciuffarli tutti questi pensieri che sono nitidi e leggeri quando viaggiano nella mente come fiocchi di neve silenziosi e, invece, quando si posano sul foglio per essere scritti, si sciolgono e sembrano apparire informi e inespressivi.

Ma dopo aver letto il post su Friot e la risposta di Anna** vorrei davvero provare a dire qualcosa su questi libri bellissimi dentro e fuori (amo immensamente la grafica di questa collana li attaccherei al muro in fila per guardarmeli dalla mia poltrona preferita).
Non ho tutti i titoli de Gli anni in tasca, ma ho quello di Friot (credo sia il primo che ho comprato) e quello di Anna Castagnoli.
A Super 8 sono particolarmente affezionata: sarà che sono nata nel ‘69 e che avevo anch’io un albero su cui giocavo per interi pomeriggi nel giardino della casa di campagna di mio nonno, sarà soprattutto che le parole di questo libro mi hanno aiutato a capire qualcosa di importante e mi hanno aiutato a dirlo.
Lavoro da dodici anni con i bambini in vari contesti, tra cui quello scolastico, e negli ultimi tempi mi capita di essere coinvolta in progetti di formazione con insegnanti e educatori; mi chiamano a raccontare quello che faccio e come lo faccio. Così sono stata costretta in qualche modo a pormi delle domande per cercare di capire bene (e spiegare ad altri) il mio modo di lavorare con i bambini, individuando le cose importanti.
Ultimamente, inizio i miei incontri leggendo al gruppo di adulti presenti due cose (edizioni Topipittori tutte e due!): Che cos’è un bambino? di Beatrice Alemagna e il capitolo di Super 8 sullo “sguardo traslucido”.


Lo faccio perché mi sembra importante sgombrare il campo da un atteggiamento che troppo spesso mi capita di vedere negli adulti che lavorano coi bambini, un atteggiamento a volte caratterizzato da superficialità, indifferenza, fretta, supponenza, buonismo, condiscendenza, non ascolto, assenza, mancanza di riflessione intorno al mondo dell’infanzia. E io, invece, quando mi avvicino a questo mondo sento quasi come se tornassi a casa in una casa che è stata mia e di cui conosco bene la lunghezza dei corridoi, gli scalini invisibili che istintivamente scendo, gli avvallamenti dell’intonaco che amo lisciare con la mano, gli scricchiolii che quando li sento so chi sta arrivando, e allo stesso tempo, però, so di essere ormai un’estranea che ha solo il privilegio di ritornare per un momento ad abitare quella casa orami abitata da altri, ospite dei bambini che incontro.
Credo che ciò che faccio quando sto coi bambini sia profondamente pervaso da questa sensazione e che i vostri libri mi abbiano aiutato a decifrarla, come mappe ritrovate di territori segreti, offrendomi la possibilità di pensare con più chiarezza a ciò che faccio e di condividerlo all’esterno. Per questo, oggi sento di dovervi ringraziare ancora una volta per il sostegno che date a questa mia ricerca infinita di senso. Perciò, grazie.

Sandra


Sulla visione traslucida  (da Super 8 di Anna Castagnoli)

Quando si è bambini non si ha una visione lucida delle cose, si ha una visione traslucida. Il verde delle chiome degli alberi, dei prati, è quello iridescente dei ramarri; il cielo, quando è sereno, è di un blu abisso-di-mare che neanche a disegnarlo si riuscirebbe a renderlo così. Il bianco di una tovaglia, di un sorriso, del passepartout di un quadro, di un muro (per non parlare di quello della
neve) possono fare persino male agli occhi. È per il fatto che i bambini guardano davvero le cose, a differenza dei grandi, che le guardano per finta.
Un adulto guarda il cielo e pensa: “Toh, oggi è bel tempo”; oppure guarda le nuvole e cerca di capire da che parte soffi il vento, per sapere se deve prendere l’ombrello o no, quando esce di casa. Se è una domenica e non ha niente di meglio da fare, magari guarda il cielo così, perché gli piace. Pensa: “Che bel cielo, che nuvole bellissime.” Ma non vede davvero il cielo né le nuvole: vede un tutt’uno di cielo e nuvole che fa un bel quadro, piatto come una cartolina.
Invece un bambino, grazie alla visione traslucida, guarda su e vede una miriade di sottili strati di azzurri e blu che si muovono tra loro come i vetrini di un caleidoscopio. Ne attraversa con gli occhi le trasparenze e va giù, giù, fino a una profondità senza ossigeno che ci vorrebbe un palombaro per non morire asfissiati. Anche in pieno giorno, dietro il blu degli ultimi strati, riesce a intravedere le prime stelle della nostra galassia, il nero di quella successiva, e le meteoriti che vagano perdute.
In primo piano, con i suoi occhi radar, ha già esplorato ogni nuvola, alla ricerca di un paio di orecchie di coniglio, di una coda di dinosauro, di una bocca di lupo con la lingua fuori. Trovata ogni forma possibile nel profilo delle nuvole, passa a esplorarne con attenzione l’interno: le dune turgide, le zone gassose, le bolle, per tracciare, come un pioniere di nuove terre, una strada abbastanza sicura da poter essere percorsa. Non una sfumatura nella piuma di un piccione che si alza in volo, non il volgersi al sole di una foglia d’argento, non l’impercettibile movimento delle testoline dei fiori durante le ore del giorno, può sfuggire ai suoi occhi. Ma non è tutto qui. La visione traslucida, oltre che attraversare le distanze, sa cogliere l’infinitamente vicino.
Uno svantaggio della visione traslucida è che non solo i cieli sono caleidoscopi trasparenti, ma anche le persone. Una persona che sorride, se è davvero felice, per un bambino può essere ustionante come una palla di fuoco scappata dal sole. Una persona triste, vista con lo sguardo traslucido, è un lago di lacrime circondato da alberi senza foglie, i cui rami gemono nel vento. Non conosco un solo bambino che non sarebbe disposto a fare il giro del mondo di corsa due o tre volte, se questo servisse a far smettere di essere triste una persona triste.
Ve l’ho detto, i bambini non hanno una visione lucida del mondo.



*Sandra Caciagli lavora dal 1999, come dipendente di una coop sociale, per alcuni servizi educativi del Comune di Firenze: il Laboratorio permanente per la Pace, la Ludoteca La Mondolfiera e S-Piagge, progetto a finanziamento regionale, spazio incontro per adulti e bambini 0-3 anni (le Piagge sono una periferia difficile di Firenze  dove è collocato il servizio). Con Laboratorio per la Pace, lavora da anni nelle scuole del Quartiere 5 (dall'infanzia alle medie); e, grazie all'offerta formativa del Comune di Firenze “Chiavi delle città”, nelle scuole di tutto il territorio comunale. Sempre con Laboratorio collabora con Movimento di Cooperazione Educativa Firenze per offrire occasioni di formazione e gruppi di studio. In particolare, si occupa di laboratori (educazione attiva), creatività, letture, gioco con specifica attenzione all'educazione interculturale, alle relazioni, alla gestione dei conflitti. Dal 2005, svolge attività di formazione degli adulti, per progetti regionali finanziati da fondi sociali europei e gestiti dall'università di Firenze e da quella di Siena, e per altri progetti più piccoli, in Toscana, mirati a formare educatori e insegnanti, soprattutto su in relazione alla gestione di laboratori e agli strumenti professionali quali creatività, narrazione, gioco. Qui il blog di gruppo delle suo gruppo di lavoro, nato per scambiare idee e raccontare esperienze.

**
Questo libro è bellissimo, durissimo, coraggiosissimo.
Io non ho avuto il coraggio di dire davvero il dolore senza infiocchettarlo, c'è come un tabù (tra adulti) a parlare del dolore dei bambini e dei ragazzi.
Friot del tabù se n'è fatto un baffo, ha detto come stava davvero. La verità ci tocca e ci raggiunge sempre, qualunque essa sia: è questo che fa bene
.



venerdì 15 marzo 2013

La cultura a dorso di mulo

Il post Dare i numeri, di qualche giorno fa, ha creato un certo dibattito. Insieme agli altri commenti, ne sono arrivati  due di Elisabetta Cremaschi, che però, per ragioni tecniche non sono stati pubblicati. Così Elisabetta ce li ha inviati per mail. Quando li abbiamo letti ci siamo detti però che non si trattava propriamente di commenti, piuttosto di una lettera vera e propria, contenente una articolata riflessione. Così abbiamo deciso di unirli in un post e di pubblicarli con il beneplacito dell'autrice, che ringraziamo.
[di Elisabetta Cremaschi]

Per prima cosa, grazie Topi del post e della rara e preziosa opportunità di confronto.

Eccomi a scrivere della mia esperienza, qui tra le più giovani, perché Gavroche è nato nel 2011. Se è vero che il mio blog nelle parole dei Topi ha "sconfitto perfino un terremoto" (ci ha provato e lo ha fatto grazie e insieme alla comunità di lettori e professionisti del settore che gli si è stretta intorno,  i Topi ne sanno qualcosa), è anche vero che la sua continuità nell'ultimo anno ha risentito di questo e altri accadimenti che mi hanno profondamente coinvolto. Certo non è un bene, perché la continuità è uno dei segni della serietà dell'impegno di chi scrive e uno degli elementi che portano a quei numeri che danno il senso e la misura di ciò che si sta facendo e che aiutano a sostenere quella motivazione nel continuare a proporre, con entusiasmo e trovando per primi piacere, quel lavoro di qualità di cui parla in modo perfetto Anna.


Semplice, io quella qualità, date le condizioni, sentivo di non poterla sempre garantire, cosi ho preferito non scrivere. Ho imparato qualcosa però anche dalla discontinuità: che i lettori possono decidere di concederti tempo, di aspettarti e spronarti ad andare avanti con le loro manifeste attese.
Vi scrivo qui una cosa, che non sanno ancora i lettori di Gavroche, sui suoi inizi (e della decisione, presa ormai diversi anni fa, di dedicarmi alla cultura partendo dall'infanzia) cosa che, anche se non sembra ha a che fare con la convinzione dell'editor che ha avuto il pregio di stimolare questa discussione.

María Zambrano e Luis Cernuda durante una Misione Pedagógica.
Molti anni fa, mentre preparavo la tesi su Maria Zambrano e sulla filosofia, letteratura e arte spagnola, lessi che Maria durante la seconda Repubblica, poi stroncata dalla dittatura di Franco, aveva dato vita insieme ad altri intellettuali alle “missioni pedagogiche” nella convinzione che una nuova nazione dovesse fondarsi sul diritto di ogni cittadino alla cultura fin dalla più tenera età e per fare questo era necessario dare vita alla condivisione di una cultura comune che non creasse distinzioni sociali tra i fruitori e che potesse fare affidamento su una presa di responsabilità degli artisti e degli intellettuali, chiamati a mettersi in gioco in prima persona.

Partirono così, a dorso di mulo come cittadini comuni, Maria e gli altri, alla conquista di paesini dove non vi era altro libro che la Bibbia e dove le uniche immagini presenti erano icone e qualche sparuta fotografia. I gruppi erano due: uno promuoveva l'arte, l'altro la letteratura.
Sul mulo era caricato, a seconda, un solo quadro o un solo libro. Il viaggio poteva durare settimane.
Nel giro di poco tempo, la richiesta da parte dei piccoli paesi di avere altri quadri e altri libri raggiunse livelli impressionanti.

Dopo anni in cui, viaggiando per il nostro Paese, ho incontrato insegnanti, bibliotecari, genitori, lettori, bambini, ragazzi e non vi dico che cosa succede con gli anziani, trovando costantemente riscontro di quanto siano ancora tristemente e meravigliosamente attuali le “missioni pedagogiche” di cui vi ho scritto (naturalmente collocandole nel nostro tempo), ho pensato di aprire un blog, e di farlo diventare quel mulo che potesse arrivare dove io da sola non sarei mai riuscita.

Gavroche, il nome inizierà a tornarvi, è nato semplicemente così.
L'idea originaria era di lasciarlo viaggiare, almeno per il primo anno, con un peso leggero per vedere come veniva accolto dai lettori: niente mio profilo, facebook e twitter. Poi, in base alla risposta dei lettori, il secondo anno avrebbe dovuto ampliare il suoi cammino inserendo tutto ciò che era stato escluso al tempo (arriverò...).
Nonostante questa “essenzialità”, e grazie al sostegno della rete, tra cui i Topi, Anna, ZazienewsPrìncipi e Princípi e molti altri scrittori, illustratori, editori e lettori, il blog è cresciuto ogni giorno e, a fronte di un numero ancora esiguo di commenti, ricevo un numero straordinario di mail che mi regalano una possibilità di confronto fondamentale per non cadere in quell'autoreferenzialità così rischiosa per ogni professionalità di settore.

Ed ecco che arrivo all'editor dubbioso.
A costo di essere impopolare, perdonatemi, ma quando qualcosa non funziona, parto sempre da me, credo che il nostro settore soffra di una dannosa autoreferenzialità: la cronica incapacità di condividere, di aprire i cancelli di illusori “orti segreti” e di saper vedere quando arrivano figure nuove interessanti non solo da citare, ma da coinvolgere (il perché Anna non abbia una rubrica dedicata all'illustrazione, per esempio, su una delle riviste specializzate o che non vediamo il suo nome nella curatela di mostre ed eventi (uso questo triste termine per semplificare) importanti dedicati all'illustrazione è anacronistico e incomprensibile non credo solo per me).


Sull'altro versante, è ancora lontana l'abitudine del nostro settore di incontrare e ascoltare i propri interlocutori, le persone che amano o potrebbero amare i nostri libri, e ancor più i molti bambini e i ragazzi che rischiano di non avere alcuna possibilità di conoscere i libri che gli spetterebbero. Questo richiede sicuro sforzo, movimento, e una capacità forte e sostenuta di andare oltre se stessi, di compiere quel passo che trasforma la conoscenza in etica, pur sostenendo con forza la differenza e il rigore della professionalità e di essere profondamente convinti che il promuovere il lavoro di qualità di altri è, se purtroppo non per tutti un piacere, prima un dovere che nasce dal ritenersi solo un “anello” di una lunga catena culturale e poi una ricchezza che può ricadere su tutti.


 In questo senso, i blog sono l'unica vera aria nuova che tira da tempo nella letteratura per ragazzi del nostro paese.
La loro funzione non solo è quella di coprire una disinformazione colpevole, quel “servizio” come sostiene Giovanna e come ben dimostrano i commenti a questo post (così bene esplicitati da Anto/Ciorven), ma anche quella di comprendere il proprio tempo a partire dal proprio Paese che, con buona pace di alcuni editori e uffici stampa, non è fatto solo di città, di presenze di librerie e di biblioteche (e se queste ci sono non è detto che abbiano una sezione dedicata alla letteratura per ragazzi e se anche ce l'hanno non è detto che sia fornita e di qualità), ma di piccole realtà (io arrivo da lì e capisco Cristina come pochi) dove, anche se è vero che puoi comprare un libro con un clic da casa (sia ringraziato il cielo!), non lo puoi vedere, non puoi capire se fa per te o per chi hai pensato di comprarlo o di farlo conoscere.


E sì, i libri di cui parliamo noi sono diversi dagli altri: molti sono fatti da editori, autori, illustratori, grafici, tipografi che dedicano competenza e un'infinità di tempo a pensare ogni più piccolo dettaglio perché il libro sia “ad altezza di bambino”, come amiamo dire. Al contempo dietro a questa differenza c'è un sforzo di mezzi ed economico di tutto rispetto che ha diversi obiettivi, personali e non, ma sicuramente uno di questi è la volontà di continuare a garantire un'alta qualità ai propri libri.


Se le persone non conoscono i libri, non li comprano e non possono farli conoscere e non si diffonde cultura. Se non si diffonde cultura, un editore rischia di chiudere, se lo fa, noi perdiamo i suoi libri per sempre.

L'attrice Josefina Aldecoa durante una Misione Pedagógica.
Dopo anni di lavoro sul campo, posizionata sul pallino del crocevia dove si incontrano o non si incontrano le persone che a vario titolo abitano il mondo della letteratura dell'infanzia, come Ismaele in “testa d'albero”, sento di poter dire, tra molte altre cose, che è questo che si è sempre rischiato e che si continua con cocciutaggine a rischiare, e cioè che alla fine questi libri “ce li leggiamo solo tra di noi” e allora davvero ci ritroveremo a dire: “A cosa serviranno mai?”.
I blogger, questi citati e insieme a molti altri, in fondo che cosa fanno? Niente, cercano di arrivare prima di questa paurosa domanda.

Grazie a tutti, e perdonate se questi pensieri sono entrati in due lunghi commenti.


Le bellissime immagini di questo post si riferiscono alle Misiones Pedagógicas, citate da Elisabetta. Le missioni pedagogiche, realizzate in Spagna fra il 1931 e il 1936, prima dell'avvento del franchismo, furono una esperienza culturale e innovativa senza parangoni nell'Europa del Ventesimo secolo. A capo di questo progetto repubblicano che considerava indissolubile il legame fra cultura e giustizia sociale fu l'intellettuale Manuel Bartolomé Cossío.


giovedì 29 marzo 2012

Un saluto in una mattina di sole e bei libri


A volte riceviamo dei messaggi che, oltre a farci un immenso piacere, ci divertono molto. Come questo, che ha come oggetto: Un saluto in una mattina di sole e bei libri, che ieri ci ha mandato Vera Salton. Vera è, fra molte altre cose, la proprietaria della libreria Il treno di Bogotà di Vittorio Veneto, che, forse ricorderete, lo scorso ha avuto molti problemi a causa di un grave allagamento. Ma, a quanto pare, è vero che da certe crisi si esce più tosti e pimpanti che mai. 
Con Vera e altri amici librai ci siamo visti in Fiera, a Bologna, durante un incontro voluto e condotto da Giovanni Nucci, a chiacchierare di vendite, libri e strategie comuni fra librai ed editori indipendenti. Credo che tutti ci siamo resi conto, una volta di più, proprio in questa occasione, di quanto avere contatti, confronto, dialogo e relazioni forti sia fondamentale, oggi, e come questo sia possibile grazie ai media a disposizione che ci permettono scambi importanti di contenuti in tempo reale. 


Questa lettera va in questo senso, soprattutto per come esprime l'apprezzamento e il sostegno, cosa per noi molto importante, per il lavoro svolto in questi anni, scegliendo di promuovere il nostro catalogo attraverso una pubblicazione diffusa gratuitamente, il Catalogone, strumento di approfondimento e analisi dedicato al tema delle parole e le immagini, che ha individuato specificamente nei librai specializzati i suoi primi interlocutori (del nuovo volume parleremo qui a brevissimo). Per questo la condividiamo con i nostri lettori. 
Molto interessante, fra le righe del messaggio, è anche leggere come i libri in ogni lettore trovino un canale unico e prezioso che permette di rintracciare nuovi riferimenti, idee, esperienze, nessi fantastici. Insomma: grazie Vera! Senza di te non avremmo mai saputo chi è quell'omino strano che saluta dalla finestra della tavola di Scarabottolo.


Ciao Giovanna,
ho appena  finito di guardare i vostri nuovi libri, appena arrivati, uno più bello dell'altro! E volevo dirti che l'edificio mai costruito di Cose che non vedo dalla mia finestra mi fatto sorridere, perché un paio di settimane fa sono stata nelle Marche, a Corinaldo, dove vi è una casa dalla storia particolare, e visto che la tavola di Guido Scarabottolo mi ci ha fatto pensare, ho deciso di scrivertene, grata come sempre per le belle emozioni che ci regalate. Ho guardato il Catalogone, studiato direi, perché non si finisce mai di imparare, e perché fa scoprire e ricordare cose che non si erano mai osservate o che si erano appunto dimenticate. Un grazie doppio quindi.
E un abbraccio,
Vera

Foto di Marco Lorenzetti
 La casa di Scuretto

Gaetano, detto Scuretto, era un ciabattino a cui piaceva molto "l'arte dionisiaca". Aveva un figlio, emigrato in America per far fortuna, che periodicamnete gli mandava del denaro per poter costruire una casa a Corinaldo. Questi denari andavano però a finire nelle osterie del paese tanto che il figlio, insospettitosi per la lungaggine dei lavori di costruzione, chiese al padre una foto della nuova casa. Scuretto non si perse d'animo e si organizzò così: costruì la facciata, ci mise il numero civico e si fece fotografare affacciato alla finestra. Arrivarono ancora soldi, ma la casa rimase così com'è, senza solai, pareti di fondo e tetto. La potete ammirare a circa metà della via Piaggia.

martedì 7 febbraio 2012

Un bel signore alto e una biondina timida


El globito rojo - Un cuento de Iela Mari from Guillermo Vázquez on Vimeo.

Ieri pomeriggio abbiamo ricevuto questo messaggio. Che ci ha ricordato una cosa importante. Ci è piaciuto molto, sia per la cosa importante sia per come è scritto sia per lo spirito che infonde. Che poi è quello di chi l'ha scritto, cioè Loredana Farina. Una cara amica, con cui condividiamo parecchie cose e che ci ha autorizzati a pubblicarlo...

Cari amici,

La Libreria dei Ragazzi di Milano compie quarant’anni.

Bisognerebbe che fossi capace di raccontarvi come andavano le cose prima…
All’inizio degli anni Settanta i più bei libri per bambini e ragazzi – quelli entrati a farne la storia – erano già stati pubblicati quasi tutti: Piccolo blu e piccolo giallo, Il palloncino rosso, Sembra questo sembra quello, Federico, Nella nebbia di Milano, Nel paese dei mostri selvaggi, Flicts. Favole al telefono è del 1962. Ma, se volevi vederli tutti insieme questi libri (quasi tutti Emme), non sapevi mai dove trovarli.
C’erano le cartolibrerie che – quando andava bene – li mescolavano a matite e penne biro: sapore di scuola. C’erano le librerie di varia che – quando andava bene – li esponevano una volta l’anno per Natale: sapore di regalo impacchettato.
L’immagine che si aveva degli autori di questi libri e degli addetti ai lavori era quello di maestre in pensione e zie zitelle.
Ma un bel giorno - nel 1972 - a Milano, in via Tommaso Grossi, apre la Libreria dei Ragazzi, con affaccio su una delle vie più centrali della città e fra le più frequentate, grazie alle fermate di numerosissime linee tranviarie.
Era piena zeppa solo di libri per bambini e ragazzi: tutti libri coloratissimi, esposti di piatto sugli scaffali. E i libri erano tanti, proprio tanti! Sia al pian terreno che nella saletta al sottopiano cui si accedeva scendendo una scala a U.
E là sotto ne succedevano di tutti i colori.
Venivano organizzate presentazioni, incontri e dibattiti di volta in volta sempre più affollati. E a parlare venivano chiamate persone esperte e con gli occhi intelligenti che dicevano cose importanti, che scaldavano il cuore, su libri, ragazzi, scuola, società. Niente maestre in pensione. Niente zie zitelle.
I pionieri di questo posto erano un bel signore alto e bruno, molto gentile ed estroverso.
E una biondina timida, ironica, colta e con un bel caratterino.
Un posto dove uscire dalla clandestinità e dove incontrarsi a parlare di libri per ragazzi.
Un posto dove si respirava un’aria speciale e dove noi che ci occupavamo (e ci occupiamo)
di quei libri ci accorgevamo con sempre maggiore chiarezza che il nostro è un mestiere
di cui essere fieri. Un mestiere bellissimo.

Loredana Farina

martedì 28 giugno 2011

Grazie, Bruno

Una lettrice d’eccezione, Carla Ida Salviati, ci manda una bella lettera su Doppio blu, di Bruno Tognolini, pubblicato nella nostra collana Gli anni in tasca.
La ringraziamo per quel che scrive e ci scrive, e la pubblichiamo anche con un certo orgoglio.


Cari Topipittori,
sull’autobiografia  si sono scritti fiumi di parole. Personalmente mi interessa solo se essa è piena (strapiena) di letteratura, se è un gioco di specchi tra epoche diverse della vita, un sentiero nei meandri del ricordo, una sfida spinta verso la soggettività estrema. 
In altre parole, mi pare tanto più intrigante quanto meno essa è realistica e oggettiva poiché non sono i fatti, gli eventi a essere centrali, ma come l’autore racconta fatti ed eventi ritraendoli – veri o falsi che siano, non importa –  come appartenenti a sé, al proprio percorso esistenziale.  
«Le parole sono imbroglione e divertenti», dice Bruno Tognolini nella sua autobiografia, e qui sta il punto di forza, “l’imbroglio” meraviglioso che le parole costruiscono e il divertimento che fanno esplodere. Quando le si sanno usare con maestrìa, beninteso.
Doppio blu è un’autobiografia incantata e struggente, è il racconto di una salita, di un affanno, di un entusiasmo: crescere. Ci sono odori, suoni, botte più prese che date, zii minotauri, selciati che trattengono tesori, crudeltà sottili, gioie irrepetibili, solitudini. C’è anche un cane custode, laica declinazione del più noto angelo, accanto al quale ha senso dissertare sul “vero” colore del mare.
Grazie, Bruno, bambino cresciuto e invecchiato, poeta balbettante dal verso sciolto, puer faber innamorato di Ariosto… Grazie, editori coraggiosi, che trovate carta e inchiostro per questa collana colta dedicata al grande regista dell’infanzia.

martedì 15 marzo 2011

Gli occhi ben aperti...

Qualche giorno fa siamo stati invitati dalla professoressa Donatella Lombello a presentare la casa editrice agli studenti del Master di Illustrazione della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Padova. Abbiamo approfittato dell'occasione per visitare una libreria specializzata che ha inaugurato alcuni mesi fa. Stiamo parlando di Pel di carota che ci è piaciuta moltissimo: accogliente, bella, ben pensata, delle giuste dimensioni, con una buona scelta di libri.
Quello che poi ci ha definitivamente conquistati è stata la grande scritta che campeggia sul muro dietro il banco cassa, tratta dal racconto Il cacciatore di immagini, in Storie naturali di Jules Renard:

Salta giù dal letto di primo mattino e si mette in cammino solo quando ha lo spirito netto, il cuore puro, il corpo leggero come un abito estivo. 
Non si porta dietro provviste. Berrà per strada aria fresca e respirerà salubri odori. 
Lascia le armi a casa, gli basta tenere gli occhi ben aperti. 
Gli occhi gli servono da reti dove le immagini verranno ad imprigionarsi da sole.

Una dichiarazione di intenti, un manifesto programmatico: quattro righe di perfetta bellezza e intelligenza che garbatamente ammoniscono gli ospiti sui vantaggi infiniti dell'attenzione e dello spirito di osservazione necessari a leggere il mondo.
Tutto ciò ci ha fatto così buona impressione che abbiamo chiesto a Davide Tolin che, insieme a sua sorella Arianna e a Maurizio Citran, gestisce Pel di carota, se avesse voglia di scriverci una breve corrispondenza sui suoi primi mesi di lavoro e sulle impressioni che ne ha tratto. Ecco qui la lettera che ci ha mandato.

11 marzo 2011
Sono ormai sei mesi che al 29 di via Boccalerie di Padova (proprio vicino alla più popolare delle tre piazze cittadine, piazza della Frutta) tutti i giorni alle 9.30 (tranne il lunedì, alle 15.30 e domenica, alle 10.30) la piccola sagoma del ragazzino dai capelli rossi, scorre a destra e a sinistra lungo la rotaia assieme all’uscio e lasciando aperto il vano per entrare nella neonata libreria per ragazzi Pel di carota.
È già passato mezzo anno e sembra ieri che, in quel giorno di metà settembre, a passi di danza (rigorosamente contemporanea! quelli delle FunnyBullock) insieme a Olivia, qualche pesce, qualche pennuto e un topino dalle aspirazioni poetiche, si inaugurava questo spazio che lentamente, ma con determinazione, si sta facendo strada in città, tra scuole, lettori piccoli e grandi.


Ottobre e novembre sono trascorsi in compagnia di Simona Mulazzani, con le sue moderne Histoires naturelles, e di Antonio Faeti. È passato il primo Natale che ha contribuito a farci conoscere un po’ di più. Sono venute le prime scuole in visita guidata tra gli scaffali (attualmente siamo gemellati con la primaria Fogazzaro nel progetto I libri! Spediamoli a scuola della Sinnos). Abbiamo incontrato i primi autori, l’americana Susie Morgenstern e, recentemente, Angela Nanetti. Si sono proposti numerosi laboratori a base di letture, mobiles, carta, colori e forbici, ma anche garofani e cioccolata… senza dimenticare la panna!
E così la piccola sagoma dai capelli rossi, continua a muoversi, a destra e a sinistra. Noi, librai ancora in fasce, siamo contenti e pieni di voglia di conoscere, di curiosare tra parole e immagini, di progettare.
Questi giorni, prossimi alla primavera, li dedichiamo alla poesia.
Sabato scorso abbiamo inaugurato una mostra di originali di Chiara Carrer e Clementina Mingozzi. Qualche giorno fa abbiamo avuto Bruno Tognolini e, il primo aprile, ospiteremo Bernard Friot, sperando non ci faccia qualche scherzo! Mille altri progetti sono in cantiere: cacce al tesoro letterarie, atelier d’incisione per bambini, nuovi autori da incontrare… Molti i sogni e i desideri da realizzare.
Per il momento, uno si sta concretizzando: quello di vendere buoni libri.
Terminiamo, con una pratica cara ai padroni di casa… ecco alcuni dei nostri titoli più venduti: tra i cartonati, L’uccellino fa surclassa tutti; tra gli albi, A spasso col mostro! (un libraio bolognese comincerà a sorridere), Federico, Un libro, Gli uccelli, Il segreto di Lu; tra i romanzi, Il trattamento ridarelli, Un mazzo di jolly, Clorofilla dal cielo blu, La stella di Kazan, e il recentissimo L’evoluzione di Calpurnia; non dimentichiamo tra gli operativi, Il mio primo libro di attività.

lunedì 7 marzo 2011

Una lettera dal castello

Schloss Blutenburg, sede della Internationale Jugendbibliothek
Fa veramente piacere ricevere certe lettere.
Un esempio?

Questa, che ci è arrivata dal castello di Blutenburg, un posto fiabesco, che non per niente è diventato la sede di una delle biblioteche più importanti del mondo, destinate alla letteratura per ragazzi, Internationale Jugendbibliothek, di Monaco, oggi diretta da Christiane Raabe, e fondata nel 1949 dalla grande, grandissima Jella Lepman, anche lei personaggio fiabesco per l'aver fatto, e fatto fare, cose miracolose, inconcepibili (se non l'avete letta, correte in libreria ad acquistare la sua biografia edita da Sinnos nel 2009: un libro imprescindibile, La strada di Jella. Prima fermata Monaco).

Dicevamo, della lettera: ce l'ha scritta Gabriele Poeschke, responsabile della sezione italiana della biblioteca e dice così:

Gentilissimi,
è questa finalmente la lettera ufficiale:
Abbiamo fatto la nostra scelta dei “White Ravens” per l’anno 2011. 

Siamo lieti di potervi informare che il libro di:

Giovanna Zoboli  e Simona Mulazzani Vorrei avere
e
Antonio Faeti 
L’estate del lianto

pubblicati dalla vostra casa editrice sono stati selezionati per
The White Ravens 2011, la nostra selezione annuale dei migliori libri internazionali per bambini e adolescenti. Questa collezione di opere sarà presentata al nostro stand alla Fiera del Libro per Ragazzi a Bologna. I libri, scelti per la mostra di quest’anno, scritti in più di trenta lingue e provenienti da più di quaranta Paesi, sono stati selezionati tra le migliaia di opere che la nostra biblioteca ha ricevuto come donazione da case editrici, autori, illustratori e associazioni di tanti paesi durante l’anno scorso. 

 La scelta dei libri italiani è stata fatta per quest’anno in collaborazione con la dottoressa Marcella Terrusi.
La mostra verrà accompagnata da un catalogo in lingua inglese che conterrà il materiale bibliografico e un breve riassunto per ogni libro. Il catalogo, in omaggio a Bologna, sarà poi anche accessibile online all’indirizzo della Internationale Jugendbibliothek di Monaco.
Cogliamo l’occasione per ringraziare cordialmente tutte le case editrici per il loro appoggio così generoso e prezioso per la nostra biblioteca. Vi preghiamo di continuare a spedirci una copia delle vostre pubblicazioni recenti. I titoli verranno catalogati e inseriti nella nostra collezione di più di 580.000 libri in circa 130 lingue. Essi saranno a disposizione di studiosi e di operatori del settore e avranno così una grande visibilità.
[...]

Cordiali saluti, anche da parte di Marcella Terrusi, e auguri per il vostro lavoro!

Gabriele Poeschke


Immagine di Simona Mulazzani, da Vorrei avere

mercoledì 3 novembre 2010

Certi giorni sono diversi

Sono diversi perché si riceve una mail come questa:
Cara Giovanna,
è la seconda volta che vi scrivo una mail per complimentarmi per una delle ultime edizioni: Gli uccelli
È un libro così poetico che qui nella mia scuola, a Reggio Emilia, si è sparsa la voce e le copie vanno a ruba.
Per questa ragione la nostra Festa di autunno sarà dedicata a lui.
E la cosa più speciale è che un gruppo di genitori musicisti ha scritto una sorta di colonna sonora, interpretando le bellissime immagini con frasi musicali.
L'11 novembre la scuola si trasformerà in un teatro con uno spettacolo tutto speciale.
Vi ringraziamo a nome di tutta la scuola: bambini, insegnanti e genitori che per primi hanno creduto in questo progetto.
Isabella Meninno


Isabella Meninno è insegnante atelierista in uno dei celebri asili del Progetto 0/6 del Comune di Reggio Emilia.
Ringraziamo bambini, genitori e insegnanti. Sono queste le cose che più profondamente ci danno il senso del nostro lavoro e della nostra ricerca.

Un'immagine realizzata per lo spettacolo Gli uccelli

Post scriptum: non cercate di andare alla festa, per quanto sia allettante l'idea di abbuffarsi di caldarroste, crostate e torte di noci. È riservata solo ai bambini della scuola!

mercoledì 20 ottobre 2010

Tuttestorie

Una corrispondenza dal Festival Tuttestorie di Cagliari, che ci ha inviato Eleonora Bellini, autrice di Ninna nanna per una pecorella:

Ciao, Giovanna. Come state?
Vi auguro una buona nuova settimana.
Sono tornata dal Festival Tuttestorie di Cagliari, bellissimo e molto ben organizzato.
Unico difetto? Forse, visto che è così gremito di bimbi, genitori, maestri, professori troppo... breve!
Eppure è durato dal mercoledì sera alla domenica...
Ti mando qualche foto.
Cari saluti
Eleonora

PS
non si vede bene, ma il libro che tiene in mano la libraia Cristina all'inaugurazione è proprio quello della nostra pecorella.

Nelle foto, Eleonora durante la sua lettura-laboratorio; Cristina Fiori legge all'inaugurazione del Festival. Gatti grigi e topi bianchi, immortalati da Eleonora durante una passeggiata in via Roma.