Alla radio, mentre guido, c'è una canzone che improvvisamente evoca i miei 18 anni. E nei 3 minuti della canzone mi scorre davanti l'ultimo anno di liceo, quando sapevo che avrei voluto fare il medico, anche se ancora non avevo ancora idea di cosa significasse.
Gita di fine anno nella festosa Spagna degli anni 90: la prima volta all'estero senza genitori.
Mi sentivo libera, libera libera e piena di vita. Le mie prime trasgressioni, che a pensarci adesso mi inteneriscono, che a confrontarle con quelle di un attuale quattordicenne sembrano ridicole: le sigarette, i (tanti) bicchieri pieni di ghiaccio e Grand Marnier o Cointreau, o vodka, passare la notte nella camera dei ragazzi, con i professori che facevano la ronda fuori della porta, il gioco della bottiglia, obbligo o verità. Quella camicetta trasparente che mettevo per andare in discoteca, il bagno vestiti nella piscina dell'hotel, il tuffo nel Mediterraneo gelido con la paura della punizione degli insegnanti. C'era una frenesia, una voglia di correre, di scappare in avanti, una curiosità di guardare al di là della siepe che non ho provato mai più in modo così travolgente, ingabbiata successivamente nei miei tomi universitari e nel rigore autoimpostomi nello studio. C'era un turbamento e un languore che mi struggeva e mi eccitava e stravolgeva; c'era una sensualità che comandava ogni nostro gesto di tardoadolescenti e ci faceva sentire temerari e sfrontati. Dormivamo pochissimo, bevevamo tanto, ci sfioravamo, ci guardavamo negli occhi, c'erano silenzi lunghissimi e risate fragorose. Il sesso non aveva ancora svelato tutti i suoi misteri, eppure c'era sesso ovunque, in ogni tocco e sguardo e ammiccamento. Non si poteva, non si doveva superare il limite, e compensavamo con sguardi che ci davano i brividi. Tanta vita è venuta dopo, i successi e i fallimenti, le soddisfazioni professionali, la disperazione e la solitudine, il tradimento dei valori e delle amicizie, la deprivazione emozionale, lo stordimento di storie e persone che andavano e venivano. E il sesso: non più immaginato, il trasporto della passione o la noia della consuetudine, l'amore rabbioso e quello dolce, gli amorazzi di una serata, il piacere e anche, talvolta, il fastidio. E poi l'amore finalmente pieno e totale, il compimento di una strada tortuosa iniziata da tanto, la famiglia, vedere sè stessi moltiplicati negli occhi dei figli. Ma solo poche altre volte mi è accaduto di vivere l'esaltazione febbricitante di quella settimana di vacanza, quando tutto il mondo era a portata della mia mano, tutto era possibile perchè tutto era immaginabile.
Ieri GF ha compiuto 42 anni, e fra poco li compirò anche io. Abbiamo avuto una rara occasione di relax in questi giorni frenetici, una sdraia sotto le stelle, la vista del mare, della luna, delle nostre Marche, che fra poco saluteremo, una birra fresca in mano e una musica easy nelle orecchie. Eravamo al compleanno di un amico di sempre: 50 anni. E ho pensato che una volta si andava alla gran festa dei 20 anni, mentre ora cominciano le feste per i 50.
Io gli anni che ho non me li sento, dentro. Il fisico, quello sì, è uno sfacelo, ma se dovessi azzardare la mia età direi che ho 28 anni. L'età in cui mi sono liberata delle regole familiari e ho avuto obblighi solo verso me stessa, ma con tutto il futuro davanti e tanti anni per realizzarlo. Sento che tutto può essere, tutto POSSO essere. E' stata una serata dolce, c'era il profumo dell'estate e quella brezza di mezzanotte che ti rinfresca l'appiccicaticcio dell'afa diurna. GF era vicino a me e ho rievocato quella sensualità dei 18 anni, la stessa esaltazione. E GF sempre, da sempre e per sempre nei miei occhi, oggi come allora.
No, non ho più 18 anni, nè 28. Ci sono momenti in cui mi dico: "sono amica di B. da 30 anni, ho questo ricordo di 35 anni fa..." sorprendendomi io stessa di queste cifre. E però io sento che ancora tanta parte del mio futuro è là, oltre la siepe, e io, Noi, stiamo per andare a prendercelo.