L'angolo adatto per nani, ballerine, cantanti, troie, alcolizzati e illusi. Ovviamente qui nulla è serio...se sei dei nostri...benvenuto, entra pure

martedì, maggio 08, 2012

Cartoline da M^C^O

Cos'è la legge? Qualche sera fa mi sono trovato seduto in mezzo ad altre duecento persone ad ascoltare Gherardo Colombo. Lui ha posto il suo intervento intorno a questo banalissimo quesito.
Cos'è la legge? Sono quelle domande a cui non sai mai cosa rispondere, quesiti scomodi proprio perchè li dai per scontati. La prima cosa che viene in mente è la scomodità, la privazione.
Legge uguale privazione della libertà personale, ma poi ci ragione e capisci che sei libero proprio perchè intorno a te ci sono delle leggi. Non come quando sei bambino però, che se fai il bravo allora dopo cena avrai il tuo cioccolatino, no.
La possibilità di avere una Costituzione previene e mette in guardia da inconvenienze e prepotenze, da fascismi e intolleranze. Vero non accade sempre e allo stesso tempo abbiamo visto che spesso gli stessi politici sanno come passarci sopra. L'inconvente sta nel chi le utilizza, le leggi.
Ma quindi cos'è una legge lo sappiamo, tutti noi abbiamo un'idea, ce ne siamo fatti una grazie ai nostri genitori, ai nonni e alla nostra cultura.
Oggi siamo in un periodo confuso, non devo essere certo io a dirlo o a farlo notare. Il lavoro scarseggia e le tasse aumentano. La coscienza collettiva, quell'humus e bene comune che in fondo accomuna tutti, anche chi ha visioni opposte, ci porta a ragionare e non a reagire con ardore e forza. Una volta si sarebbe detto violenza. Forse la società più istruita ha tolto grinta e vitalità e dato razionalità ai pensieri dei giovani, fatto forse positivo ma sicuramente un pò disarmante.
Nel '60 e '70 si marciava in piazza, oggi si manifesta su facebook. Prima si lanciavano i sanpietrini e oggi le foto di instagram.
Oggi si sente dire che è meglio andare via da Milano e dall'Italia, che New York e Londra sono il futuro e il meglio che ci possa essere. Ma cazzo, io godo quando mi sento dire che "resto qui perchè si può fare qualcosa". Questo qualcosa non deve essere per forza un atto estremo o violento o chissà che. E' anche partecipare alla vita quotidiana, non parcheggiare nel posto dei disabili, lasciare il posto sul tram a una vecchia, aiutare il vicino. Mandare a fare in culo quando è giusto, opporsi e fare vita civile. Non sono un buonista e odio il buonismo forzato. I miei esempi sono ovviamente delle forzature, ma in questo le leggi vanno seguite, per cambiare da dentro quando servono.
Passarci sopra solo per migliorare il nostro vivere comune. Non amo, di base, le occupazioni, ma credo che ciò che sta accadendo ora a Milano, che è successo al Valle a Roma o al Coppola a Catania o al Garibaldi a Palermo sia un esempio. Certi spazi e certi stimoli andiamoceli a prendere nella nostra città, non a Londra, Berlino o New York. Io ci vedo questo nelle leggi, nella Costituzione e nella faccia di chi incontro in giro. Magari in Italia è giunto il momento di rimboccarsi le maniche e partecipare. Magari non sempre si ha la voglia o il coraggio di farlo attivamente, ma ogniuno nel proprio piccolo qualcosa può.
Forse una cartolina un pò lunga ma non mi importa.

venerdì, maggio 04, 2012

Del moralismo e delle altre sporche leggi.

Nella vita sai, ne ho viste poche. Ho vissuto sempre a Milano, ho parlato molto spesso quasi
sempre con le stesse teste. Ho visto quasi sempre gli stessi occhi e mi sono aperto davvero
con pochi. Nella vita però, parlo della mia, ne ho sentite e lette tante e per certi sensi anche
vissute. Purtroppo sono una persona curiosa, lo dico senza finta umiltà. Odio la finta umiltà e
mi piace fottutamente sapere e conoscere ciò che sono gli altri. Prima di dare un giudizio su
una persona voglio almeno averci camminato o bevuto una birra o giocato al fianco o visto
come reagisce alle mie stronzate. Non sopporto e odio il giudizio sommario.
Forse perchè se venissi giudicato sommariamente sarei davvero poca cosa, chi ha avuto modo
di starmi vicino e parlare davvero con me questo lo sa.
Mi stanno dannatamente sul cazzo persone che si credono di essere chissà chi solo per il
ruolo che hanno, per la posizione di "potere" che credono di avere, per il perbenismo o il
moralismo che esprimono o per il semplice sentirsi superiori. Sono purtroppo un finto esteta dell'esser pratici, coi suoi pro e i molti contro.
Adoro chi butta tutto oltre l'ostacolo esponendo la sua persona in ciò che fa senza pensare alle conseguenze, il suo vero Io, fino all'estremo. Fino all'essere criticato, fino all'errore. Ho
sbagliato tante volte e sono sempre stato pronto ad ammetterlo. Ho sbagliato a volte a non
buttare tutto me stesso. Gli errori si fanno e io li ammetto.
Ma sbagliare è bello, sbagliare ti fa conoscere meglio te stesso e gli altri. I miei limiti me li
tengo stretti, provo a migliorarli ma li vedo.
Giudicare senza conoscere, affondare gli altri per esser belli, credersi superiori, no. Anzi
offre visioni sbagliate della realtà. Per questo vedo con rispetto storie agli estremi, mi
commuovo per chi ha fallito perchè almeno ci ha provato e rido per chi giudica e non fa mai
nulla in concreto.
Chi fallisce lo fa perchè ha un talento e non provare a sfruttarlo lo stronca.
C'è come un fatato mondo dietro al quale ci sono cose giuste e cose sbagliate, un fondo di
buonismo mischiato a due dita di snobismo e quattro o cinque dosi di moralità.
Nella vita prima di giudicare un errore o un merito mi sono sempre dedicato a capirne cause o
effetti. Penso di essere stato fortunato in molti miei meriti (che son pochi) e colpevole per le
mie colpe, causa del mio carattere e della mia indole. Portata sicuramente all'esser passiva e
quindi errata.
Ma prima di giudicare qualsiasi gesto ci sono mille varianti, storie e confini che entrano in
gioco, prima di essere davvero sicuro tu di essere quello "bello e pulito" prova a entrare in
campo e poi ne possiamo parlare.
E' la ferocia della normalità, il difficile scontro dell'apparire in un mondo dove mille euro al
mese sono tanti, è la lotta del pesce piccolo contro il pesce piccolo. Voi moralisti e perbenisti
siete dei mediocri e i mediocri sanno guardare solo in casa d'altri per vedere le differenze.
Vi prego, dopo aver letto questo post createle le differenze senza cori, etica e religioni.

giovedì, maggio 03, 2012

Se

Se in passato ho chiesto a qualcuno di scrivere qualcosa per questo blog, l'ho fatto perchè volevo aprirlo a chi lo leggeva spesso.
Se oggi chiedo a voi di scrivere qualcosa è perchè io non ho niente da dire. Credo di non aver niente da dire o da dare, poco da fare e niente da baciare. Il testamento non voglio ancora farlo.
Manca lettera. Quindi chiedo a chi passa di qui di scrivermi qualcosa di bello e significativo nei commenti sotto, anche in anonimato o con le iniziali.
Qualcosa che sia un tutto o un niente, bella o brutta. Non chiederò mai più tanto, promesso.

lunedì, aprile 23, 2012

"ride bene chi ride ultimo" era il tantra del suo mantra

Un vestito migliore era tutto ciò che avrebbe dovuto comprare. Per i colloqui di lavoro che non aveva da tempo, per non uscire sempre in mutande ciabatte e calze bucate, per non essere identificato sempre in quelle t-shirt adolescenziali. Lui era nato con la camicia.
Una buona famiglia, una media istruzione, un buon numero di giochi e un pessimo rapporto con le ragazzine. Quanti non sono si rivedono in questa descrizione sono come quelli che dicono di non masturbarsi e hanno gli occhiali da sempre. Ipocriti, come la pioggia.
Aveva talento ma non nel suo contesto, come una tromba in mezzo a un pezzo rock o come chi non sa quale sia il suo contesto e annaspa per trovarlo. Insomma un vestito nuovo, di una foggia consistente, ecco cosa avrebbe dovuto acquistare. Manca poco a Natale e i soldi delle mance dei parenti li butterà tutti da un sarto. Già ma...i nonni sono morti e gli zii son preoccupati a pagare l'affitto ai figli disoccupati. Fanculo il Natale e i suoi sporchi giochi di potere.
Come l'amore anche il Natale è stato creato dagli esperti di marketing che insieme a qualche cocainomane e un paio di grafici hanno montato il teatrino. Vogliamoci comunque bene.
Idee e pensieri sparsi i suoi. Forse un pò da stronzo, ma dopotutto non aveva soldi per un vestito.
Non sa se sia sbagliato ma, sa di aver cambiato sguardo e sorriso. Un pò come un pagliaccio che poi si mette a uccidere i bambini in un film comico dell'orrore.
Graficamente impostava la sua persona su tinte di rosa perchè dentro sè nascondeva uno spirito da Barbie vestita da Betty Boop, filosoficamente immaginava di non dover pensare a niente continuando a pensare che fosse il pensiero migliore, realisticamente attendeva la speranza con la speranza dell'attesa. Capì sin dal primo momento che i soldi avrebbe dovuto procurarseli da solo per il vestito nuovo. C'era da lavorare e prima di tutto c'era da lavorare su sè stessi. Andando a casa pensò alle prime cose che potevano fargli bene in una situazione di "guerra e pace" col mondo.
Per vincere la guerra niente poteva esser meglio di una doccia e due shampoo, magari comprensivi di un bidet e un attendo uso dello spazzolino. Visto quanto si sentiva meglio, decise di sconfiggere la pace con un metodo soft ed emozionante. La barba. Tagliarsi barba e baffi delineando il viso gli toglieva anni e lo faceva sentire rilassato, almeno fino al primo squillo del telefono o al clacson di chissàchi chissàdove.
Finiti i preparativi e deciso a cercare un lavoro, dei soldi, una stabilità e un percorso, si scontrò contro il buio della strada. Già cazzo, nel suo essere sbadato non aveva fatto casa alle variabili futili che regolano e scandiscono le vite. Gli orari e le abitudini, i cani da portare a spasso e le malattie, il sole e la luna. Era troppo tardi per importunare qualcuno con una richiesta tanto arguta.
Dopo uno sguardo al cielo buio, uno a destra alla strada vuota e uno a sinistra verso la strada ugualmente vuota riaprì il portone tirando fuori il mazzo di chiavi.
Domani sarà un altro giorno uguale, ma pur sempre buono a render la sua vita qualcosa di completo. Stanotte mangerà l'altra metà della sua mela in attesa che dal cielo piovano canzoni.

giovedì, aprile 19, 2012

Il piatto del giorno è: "pensieri sparsi stracotti al forno in salsa onanista"

Siamo solo ai dettagli e già mi sono perso.
Mi guardo le unghie per vedere se son sporche, ma senza faticare non le sporcherò.
Ho i capelli sporchi e me ne duole. E' il mio fascino nerd che ne trae vantaggio.
Se non ce la faccio più a sopportare il mio odore, una doccia può cambiare. E' una visuale
sola che si appanna, sono due istanti che mi possono calmare.
La barba appena fatta e le luci della sera, a volte voglio uno shampoo solo e una faccia
da cambiare, modellare e farla diventare bella. E' il mio debole per il diverso che mi chiama.
Se non puoi calmare niente, una cosa la puoi fare. Io solo nella doccia posso sempre ripetermi
che l'acqua bollente caccia i cattivi pensieri e il vapore che sale sono spiriti finiti.
Appanno un vetro e riesco a parlare. Parlare senza nessuno che mi stia ad ascoltare,
parlare senza nessuno che mi possa dir la sua. Parlare mi fa calmare.
Del resto mi interessa poco, poco interesse come il bagnoschiuma. Che deve essere neutro,
poco profumato ed economico, proprio come il parere altrui.
Deve essere il mio autismo psicologico.
Come allo stadio così anche al cinema fatico ad andare con altra gente, non per la voce
o per l'odore, non per la mente o per altro, ma per quello che potrebbero dire.
Un giudizio sbagliato e cade tutto il castello di carte e io a carte non so giocare.
Però due fili d'erba bagnata bastano a farci felici. Due maglioni e un pallone quando va bene.
Il sottile passaggio dal "potrò fare" all' "ormai è andata così" è il sentimento di rivalsa che
ci porterà tutti, un giorno, sotto terra.
Perchè a morire sono i deboli ed è inutile pensare di esser forti quando tocca a te. Non è
vero che i padri non debbano vivere più a lungo dei figli, io non lo vorrei, forse.
Adesso preparo la borsa, ma le cose importanti le dimentico sempre, mi raccomando
portale tu. Non scherzo, quando parlo seriamente come ora c'è chi ride o non capisce.
Quando sono serio vengo preso poco sul serio. Il triste declino della mia vena interpretativa
sulla coscienza altrui o lo sgretolarsi dell'ego di pongo.
In televisione parlano delle crisi e degli sprechi, ma non ho ancora sentito un regionamento
autonomo sul come non fare o sul perchè alzarsi al mattino. Come se chi non ce la fa
sceglie se suicidarsi per debiti o andare a prendere l'ennesimo caffè corretto.
"no grazie, non mi fa dormire". Eppure il mondo è pieno di gente diventata famosa solo
dopo essersene andata, ma quando era presente nessuno se n'era accorto.

Se le preghiere dei preti non sono come i loro movimenti, se i piccini piacciono ai grandi o se
il sorriso è in bocca a tutti quelli che non hanno un cazzo.

Se essere è uguale ad avere e il pianerottolo è il centro del mondo come un tappo che tiene in piedi il mare.

Se dire e fare fossero la stessa cosa sarei biondo e con gli occhi azzurri come a sedici anni, quando ero innocente e non avevo detto mai "lo giuro".

Il piatto del giorno sono pensieri sparsi cotti al forno in salsa onanista.

domenica, aprile 15, 2012

Il controllo delle date serve solo a chi crede nel tempo e spesso sono i produttori di calendari

Ecco, forse non si inizia mai uno scritto con "ecco" ma in fondo oggi ce lo lasciamo andare.
Fuggire via. Sciacquare. Il giorno di festa tutto è concesso. Se vale tutto allora tanto vale
non avere regole. Ecco.
Ecco appunto. E' la prima volta che mi arrovello intorno a una parola tanto inutile quanto
totale. Ecco riporta all'attuale, al momento, all'attimo. Perchè ecco è una parola che scade
subito anche se scritta. Dire ecco adesso non equivale dirlo ora. Nemmeno ora.
Ecco in questo pezzo ci sta proprio, perchè oggi, ora e adesso questo blog compie 7 anni.
Questo vuol dire che in 7 anni qualcuno c'è passato e ha letto, qualcuno si è emozionato
e molti altri pensano solo siano cazzate e che la loro lista della spesa sia migliore.
In 7 anni un blog l'hanno avuto tutti, oggi ce l'hanno solo i grandi giornalisti sui siti di
opinione, qualche vip aiutato da un ghostwriter e qualche irriducibile che lo usa per fare
la propria psicoanalisi. Io sono una grande rockstar che si psicoanalizza e poi ci sono quelli
che parlano di cucina, di vestiti e dei cazzi loro.
Ma 7 anni fa ce l'avevano in pochi e pochi son rimasti, poi è stata la moda e pochi son rimasti.
Per questo ci sono affezionato, per questo e perchè è una delle cose che più mi rappresenta.
Come la coperta di Charlie Brown o le trecce di Pippi CalzeLunghe e di Gullit. Come
il pisello di Rocco Siffredi o Woodstock per Snoopy. Valori seri.
Ecco che allora spesso mi trovo a rileggere vecchi post e decriptarli, perchè dopo anni
anche per me è difficile capire cosa volessi dire davvero, quale altra frase c'era sotto e
rivivere certi momenti, certi ricordi.
Mi sono appena scoperto a ridere e commuovermi rileggendo un vecchio post, del 2005,
sugli allenamenti, sui compagni e sugli streep per esultare a un goal in pieno Dicembre, un goal
che non conta nulla nel riscaldamento e correre nudi in mezzo a un campo. Oppure parole
regalate alla difficoltà di un amico, al rancore personale o guidate dall'alcol. Cose scritte
per amore senza dirlo o guidate dal pensiero verso chi non c'è. Sono solo poche gocce in
un mare di parole e ricordi che non ti possono dire nulla o forse poco.
Mi perdo spesso in pagine o parole per ricordare emozioni o istanti, sopratutto ultimamente.
Di sicuro se ora stai leggendo molte di queste parole ti diranno qualcosa oppure potrai
rivederti in qualche modo. Ecco, tutto questo puoi farlo ora, adesso.
Dopo 7 anni anche io posso farlo ora e sempre dando una scadenza maggiore a tutto questo.
Ecco, forse non si finisce mai uno scritto con "ecco" ma in fondo oggi ce lo lasciamo andare.
Finire così. Terminare. Il giorno di festa tutto è concesso. Se vale tutto allora niente vale.
Ecco.

venerdì, aprile 06, 2012

Come un rotolo di carta igienica

Basta un programma sul cellulare per essere dei bravi fotografi. Almeno per crederlo.
Il potere della tecnologia oggi ci può dare con due ditate quello che fotografi hanno
studiato e imparato, sbagliato e imparato nuovamente, per anni.
Anche se i giorni si susseguono senza un peso o gioie esasperate, con muri fissati
che non si spostano mai, le giornate passano lo stesso. Sono queste banalità le uniche
cose fissate nella testa. Fissate con uno scatto, sfuocato ad hoc.
Come l'acidità di un commento, come il tempo fissato su un orologio, come il tempo
che non viene fissato su un orologio. Tutto passa lo stesso.
Intorno a te tutto si muove troppo velocemente? Inutile rincorrere le attese, meglio
stare fermi e immobili e prima o poi si stancheranno. Appendere le scarpe al chiodo
è la migliore soluzione che vedo per il mio corpo, in attesa dei tempi migliori.
Quelli passati in riva al fiume in attesa di vedere il cadavere passare e poi star fermi
per capire di chi cazzo fosse.
Basta un sito sul computer per essere dei bravi scrittori. Almeno per crederlo.
L'insuccesso dell'editoria attuale riporta in strada il vuoto delle teste dei passanti. Tutti
troppo presi dal taglio dei propri capelli anzichè da quello che sta sotto.
Credo che tra tutte le persone che conosco, soltanto 10 di loro superino i 20 libri letti
in un anno e nemmeno di tutti sono sicuro. Potrei dire lo stesso su dischi comprati o
ascoltati, artisti conosciuti.
Sarei molto meno ottimista su ragionamenti fatti e non imposti dalla pubblicità, da
un colore cui si è affezionati o dal ricordo del peluche quando si era piccoli.
Con questo non voglio giudicare chi mi era amico e forse lo sarà.
Basta un gioco di sostanze chimiche per essere felici. Almeno per crederlo.
Il peso che oggi hanno pochi sul resto toglie il peso alle parole e offre il fianco alle
opinioni imposte.
Anche se non vorresti vedi cose che non vuoi solo perchè imposte, ricevi messaggi
imposti e in tutto ciò non ti imponi. Ti affezioni a Babbo Natale perchè è vecchio,
grasso e rosso oppure pensi che il cuore, un organo molliccio e zuppo di sangue sia
l'organo dell'amore o dell'affetto.
Fermi alla stessa fermata non possiamo accorgerci se ci sono cose che cambiano tutto,
né se qualcuno vuole farlo, né se qualcuno ha bisogno di farlo. Fermi alla fermata si
aspetta il solito tram per la solita destinazione sicura. Casa.
Come un rotolo di carta igienica aspetti il tuo momento per pulire il culo di qualcuno,
quando arriva sei felice e ti senti pieno. Ma il rotolo, pur lungo quanto la vita, prima
o poi finisce, strappo dopo strappo, culo dopo culo.

mercoledì, marzo 21, 2012

Meet a freak on Giambellino Street

Ascoltavo John Lennon quella sera, per la precisione la raccolta Lennon Legend.
La lavatrice non finiva mai, il sonno tardava ad arrivare e forse non avrebbe mai
fatto capolino quella notte, chi lo sa. La birra nel frigorifero chiamava ad alta voce,
ma non volevo sentirla e lo stereo dava chiari e forti segnali di quella saggezza che
forse anche io potevo cogliere lì, sul mio divano.
In sere come quella i veri artisti avrebbero trovato qualcosa di buono da scrivere,
qualcosa di ispirato o di fantasioso.
Io no, me ne stavo fermo a fissare il monitor del pc intento a fare qualcosa di buono.
Qualcosa come mettere insieme delle parole che mi avrebbero reso famoso. Come
spesso però capita in queste sere, me ne sarei rimasto lì per altri minuti ad attendere
la lavatrice e poi, una volta stesi i vestiti, sarei andato a letto a leggere ciò che qualcuno
aveva scritto per me. In fondo è molto più comodo così, la vita da finti scrittori
d’appartamento o forse, meglio, scrittori domestici.
Non sporco molto, mangio il giusto e non consumo nemmeno fogli di carta imbrattati
da inchiostro o da mine di matite spezzate a metà.
Il dramma del foglio bianco è inquietante, una continua provocazione anche quando
alle parole manca solo il modo per uscire da quella porta. Come mettere in gabbia delle
farfalle o liberare un pesce rosso in una vasca troppo grossa.
Sono delle forzature senza senso.
Le vie da percorrere servono a portare via pensieri che portano via se stessi verso altre vie
fatte di versi e percorsi a volte lontani ed altre paralleli. Questo è un foglio bianco, una
lunga autostrada senza sbocchi che non porta a nulla.
Scrivere è un po’ come fare quattro passi e non avere voglia di guardare l’orologio
oppure correre dietro a qualcuno senza volerlo mai davvero prendere o superare. Ma
è molto diverso dal fare un viaggio senza una meta precisa, perché quel viaggio lo vuoi
fare per poi poter scrivere qualcosa.
Infatti, io esco sempre a piedi dal mio portone.
Quando vado sinistra mi guardo attentamente alla mia destra e faccio la stessa e
identica cosa quando esco e vado destra. Fisso e scruto l’orizzonte nella direzione
opposta per aver certezza di non perdermi nulla, ma proprio nulla di quello che mi lascio
alle spalle. Il resto sarà fatto da ciò che i miei passi saranno in grado di fare.
L’ultima volta che sono uscito a piedi dal portone di casa ....

giovedì, marzo 08, 2012

La ricerca della dolce illegalità

Felice Maniero era "Faccia d'Angelo" o "il boss del Brenta".
Altre serie tv si abbattono sui desideri di onnipotenza dell'uomo comune. Lo dico
da ammiratore dei libri e delle biografie di ex-criminali ed ex-terroristi. Ho perso la
vista sulle storie delle Brigate Rosse, ammirandone i primi ardori e detestandone
i finali tristi. Ho studiato, nel piccolo della mia ignoranza, le dinamiche interne,
i komintern e le discussioni, lo stretto e ipnotico scrivere delle riunioni, così
prolisse e piene di paroloni e allo stesso tempo la pochezza intellettuale di alcune
figure. Ci si appassiona di più a ciò che si legge o a ciò che si vede?
Alberto Franceschini, Renato Curcio e Margherita Cagol erano tre giovani idealisti,
molto convinti e un pò illusi quando nel '70 fondarono le Br.
Non ho visto film su Vallanzasca, ho letto il libro "Il fiore del Male" e altre interviste.
Mi sono appassionato molto di più alla storia di Luciano Lutrigh, il Pianista
del Mitra. Storie di una mala milanese da bar, da osteria. Posti dove c'era il
"belsò" e le bische clandestine si sviluppavano in periferie. Come in Piazza
Tirana, a due passi da casa mia, con gli Epaminonda detto "il Tebano" e i Francis
Turatello a tenere in mano Milano. Son cose che raccontate non fanno così
male perchè vengono romanzate. Dai nonni, dai padri, dai vecchi al bar.
Son storie che lette servono a mantenerne un ricordo vivo, pericoloso e
affascinante. Perchè ogniuno può farsi il suo film e ogni mente eleborare i
propri eroi. Carlo Alberto dalla Chiesa era un eroe? Gianni e Umberto Agnelli e
come loro centinaia di industriali, sono da considerarsi alla stregua di terroristi
legalizzati o semplici cittadini abbienti? Tutti noi dobbiamo aspirare ad
essere come Maniero o come Vallanzasca?
Renato Vallanzasca era il "bel Renè" perchè spendeva la sua vita e i suoi soldi
a sfruttare il suo faccino tra puttane, bische, alcool e ancora donne.
Quello che mi chiedo è a cosa servano serie e film così? A fare in modo che
quelli della Banda della Magliana diventino idoli? Il libro di De Cataldo è uno
dei migliori che abbia mai letto e anche io mi sono fatto il mio film personale
consumando quelle pagine, ma da qui a farne accendini, magliette e veri e
propri miti ce ne vuole. Passi per il primo film, mi chiedo perchè ci debba
essere la necessità continua di queste figure, che pure ammetto affascinanti.
Di cosa ha bisogno la gente? Perchè ci si deve riportare a figure malate,
perverse, sporche e ammiccanti? Forse è la deriva della società del
Grande Fratello. Forse si ha bisogno di evadere dal piattume delle vite.
Forse è meglio che le cose ci vengano raccontate a "loro" piacimento anzichè
farci una realtà "nostra" simile a qualcosa di vero.
Sopratutto mi chiedo se un domani le serie tv verranno fatte su Olindo e Rosa
o su Misseri.
Alcune risposte me le son date, su altre mi serve una mano.

lunedì, marzo 05, 2012

Il ciclista lasciò al top

Ora vi racconto una storia. Una storia quasi del tutto vera, una di quelle storie del
Giambellino che non sempre hanno un alone di verità perchè spesso se lo sono
portati via quelli che con i loro smart phone fotografano l'attuale con le tinte di
ieri. Lo chiamano il vintage...mah...
La storia che voglio raccontare è la storia di uno che chiamerò Il ciclista. Avrai
capito che non è il suo vero nome, ma da un lato non lo ricordo e dall'altro ne
preservo il ricordo. Il ciclista non lavorava, ma dava una mano in un negozio di
ciclismo. Aiutava, tutto il giorno, dal mattino alla sera, senza saper fare niente.
Vestito sempre da ciclista. Fisico abbondante e maglietta attillata, pantaloncino
attillato (...da ciclista) e, unico vezzo, stivali militari.
La sua paga che poi non era uno stipendio, magliette e pantaloncini da ciclista,
regalati dal proprietario o dagli avventori del bar vicino, quelli che per una vita
o per quella vita erano gli unici amici.
Si vestiva da Fondriest, da Bugno, impazziva per Chiappucci e per un piccoletto
romagnolo. Ora questa storia è una storia vera, sopratutto sino a questo punto.
Una storia del Giambellino, di quelle condivise al massimo con via Tolstoj, vie dove
gli angoli diventano incroci e agli incroci si scontrano storie.
Il ciclista non era come gli altri. Aveva una sorella bellissima, bellissima per lui,
di cui era geloso e nessun altro al di fuori della sua bicicletta.
Sia chiaro, non da corsa, perchè non si sentiva degno di portarne una.
Il ciclista era mio amico, io lo salutavo e ne andavo anche fiero nel mio piccolo
non capire molto della realtà, sopratutto in queste storie vere.
Per scherzare, ogni giorno o quasi in cui lo incontravo, mi offriva della pasticche
che a lui servivano per stare bene. Mio padre mi spiegò che erano quelle per i
matti, ma in fondo io ho sempre pensato che lui stesse bene così. Forse per questo
pensavo fosse mio amico.
Il ciclista era matto, così diceva la gente normale, ma non era mai arrabbiato. Mi
diceva che il suo sogno era stare in quel negozio, nel cortile in cui io abitavo e
abito ancora a sistemare biciclette. Anche se non ne era capace.
I sogni per essere realizzati devono essere piccoli, altrimenti poi devi fare i conti
con ciò che non si realizza. I sogni si pagano caro, al netto. Il rischio di avere dell'
invenduto non si può correre. Il suo sogno era sistemare bici vestito da ciclista.
Era sereno, ma non felice. Pensava che la rigenerazione avvenisse con una continua
contaminazione tra i generi, ma non lui. Perchè lui era matto.
Scherzava su quelle pillole, che gli davano la felicità e lo deprimevano e scherzava
su quanto fosse sottile il confine tra un matto e un normale.
Storie, storie vere o forse meno. Come quelle del Giambellino, del Gamba de legn
e dei bar degli operai, della mala.
A volte scherzava sul suicidio, ma non poteva lasciare la sorella. Quella bella, che poi
bella non era, ma lo era per lui. Lui, il ciclista, che una donna non aveva mai avuto
e mai l'avrebbe avuta. Girava in lungo e in largo per la via fuori dall'orario di lavoro,
che poi lavoro era. Dava una mano a riparare le biciclette della gente normale.
Poi un giorno d'estate, uno di quei giorni che fa caldo e tutti sembrano un pò meno
normali, un piccoletto con una maglia da ciclista vinse una tappa strepitosa durante
una gara chiamata Giro d'Italia. Molti in Italia ne erano felici, ma lui lì rivide un
sogno realizzarsi. Non quello umile di sistemare biciclette ma quello di un suo idolo
maltrattato e malmenato, sfortunato e infelice, rialzarsi sui pedali e vincere da
campione. La vittoria dei malnati, quelli che son brutti a vedere. Non normali.
In quel momento raggiunse uno stato di grazia, girando per la via con la maglia di
quel piccolo ciclista romagnolo. Il momento più felice della sua vita.
Poi quella sera, quel pomeriggio o il giorno dopo, perchè questa è una storia vera, ma
di quelle storie del Giambellino dove la poesia e il romanzo si incontrano ai giardini,
quella sera o il giorno dopo, il piccolo romagnolo venne bloccato, eliminato, insultato.
Da idolo a nulla, dal momento massimo di gioia all'incubo.
Il ciclista una volta disse, parlando in uno degli sproloqui al bar della sua morte, che
 se ne sarebbe andato al momento massimo della sua gioia.
Alle battute di chi gli chiedeva se si sarebbe allontanato dalla vita in bici non aveva mai
risposto. Rispose coi fatti dopo quella squalifica.
Aveva raggiunto la sua felicità massima, correre con la maglia di quel piccolo
romagnolo lungo via Giambellino, come fosse in maglia rosa. Non sarebbe mai stato
più felice di così perchè si può sempre vincere, ma mai sarà come vincere quando tutti
ti hanno dato per perso non una, ma mille volte. Come quando tutti ti dicono che
loro sono normali.
Questa è una storia vera senza tempi corretti, con le stagioni che vanno e vengono e i
ricordi macchiati dal tempo. Il negozio da ciclista è sempre lì e io abito sempre lì.
Non ho pensato mai al ciclista in questi anni e non so perchè ne ho scritto ora.
Forse perchè Giambellino a volte tira fuori pensieri che credevi essere sepolti o
perchè stanotte camminando su quella strada ho avuto modo di ricordar.
Questa storia vera lascia la possibilità di non essere creduta, proprio perchè vera non
è mica detto che sia stata anche reale.