Ho sempre creduto che il calcio, quello vero, si facesse nelle serie minori e
sopratutto in campi brutti e dissestati. Guardando con un aria di distacco
quei marziani che corrono a mille all'ora e guadagnano cifre pazzesche.
Distacco e molta invidia. Tanta, troppa.
Ormai, arrivato a trent'anni, posso dire di aver trascorso tantissimo tempo
in spogliatoi di calcio ad inseguire quelle emozioni e qui sapori che solo il
calcio ti sa dare. Con bagnoschiuma a metà e acqua bollente sulla schiena.
Chiacchiere, risate e anche silenzi lunghissimi.
Allacciando scarpe minuscole e ascoltando parlare di cartoni animati.
Tensione per una partita importante, sguardi preoccupati per la sfuriata
del mister ma sopratutto risate per le cose che aveva appena detto o
semplicemente stare bene per la puzza di erba della mia tuta, per quella
sensazione di far parte di un gruppo. Per essere lì.
Non ho mai saltato un allenamento perchè avessi di meglio da fare, non
c'è nulla "di meglio".
Il calcio che dico io, quello che ho sempre insegnato ai bambini quando
allenavo, è fatto da personaggi che non scorderai mai nemmeno dopo anni
e anni. E' fatto di trasferte improbabili in posti impronunciabili, province
di "sa il cazzo dove" e ritardi.
E' fatto di goal sbagliati e momenti unici.
Il tuo primo goal, quello fatto da un compagno, una vittoria, un campionato.
Quelle volte che in tribuna c'era tuo nonno.
Fatto sopratutto da persone. Gente che per niente allena un branco di
ragazzini brufolosi, pulisce spogliatoi e lava magliette e pettorine sudate.
Prova a insegnare dettami tattici che nemmeno lui ha ben chiari, ti fa
muovere in allenamento come negli anni '60, con esercizi vecchi inutili e
anche un pò sadici. Grida frasi sconnesse.
Massima soddisfazione per un the caldo senza gusto e una doccia bollente.
Ricordo di schiaffi presi per niente o per colpa di altri compagni, riunioni
tecnico/tattiche con il vice allenatore ubriaco che straparlava, trasferte in
provincia di Varese terminate al casello con la Svizzera.
Tutto questo fatto per inseguire un sogno, ma sopratutto tanti sacrifici fatti
per far divertire dei bambinetti prima e dei ragazzini poi.
Per me il calcio, quello vero, è fatto di questo.
Me l'ha confermato il vagabondare per i campi più o meno verdi degli
ultimi campionati della Lombardia.
Il ricordo di un dopo partita amaro, le botte prese dopo una storica vittoria,
le promozioni e le retrocessioni, tutto concorre a riportare il calcio in una
dimensione aulica, un pò storica.
Personalmente storica.
Sarà per questo che ho sempre preso ad esempio allenatori validi e poco
probabili e i loro vice, ancora meno sagaci ma molto umani e vicini a noi
ragazzi. Dei secondi padri, sempre pronti a dar bastonate ma anche qualche
carota.
Era questo ed è questo il mio calcio, fatto di piccole cose e da grandi Maestri.
Sarà per questo o per un senso di comune dispiacere che appena ho saputo
della scomparsa di Mastro ho ripensato ai miei 17 anni e quanto in fondo
mi avesse dato, senza saperlo.
Prometto qui e ora, che la prossima partita in cui andrò in trasferta mi
perderò per almeno due volte sbagliando strada pur conoscendola, in tuo onore.
L'angolo adatto per nani, ballerine, cantanti, troie, alcolizzati e illusi. Ovviamente qui nulla è serio...se sei dei nostri...benvenuto, entra pure
martedì, luglio 26, 2011
martedì, luglio 12, 2011
tuttoduntratto
ci sono giorni e momenti sempre troppo uguali a se stessi.
addirittura così tanto uguali da non poter esser paragonati l'uno all'altro.
come tanti piccoli gemelli siamesi allineati ma diversi.
sono quei momenti o quei giorni in cui tutto sembra un vortice senza fine,
un vicolo cieco in cui si scorge soltanto la luce di un lampione lontano,
ma non il fondo.
è proprio in quei giorni che all'improvviso un'idea può cambiare tutto,
tutto d'un tratto.
è proprio in quei momenti che senza accorgersene un piccolo gesto può
rivoluzionare la storia, tutto d'un tratto.
senza saperlo, senza fiato. tuttoduntratto.
addirittura così tanto uguali da non poter esser paragonati l'uno all'altro.
come tanti piccoli gemelli siamesi allineati ma diversi.
sono quei momenti o quei giorni in cui tutto sembra un vortice senza fine,
un vicolo cieco in cui si scorge soltanto la luce di un lampione lontano,
ma non il fondo.
è proprio in quei giorni che all'improvviso un'idea può cambiare tutto,
tutto d'un tratto.
è proprio in quei momenti che senza accorgersene un piccolo gesto può
rivoluzionare la storia, tutto d'un tratto.
senza saperlo, senza fiato. tuttoduntratto.
venerdì, luglio 01, 2011
una poesia di un vecchio maestro come dono
come iniziare una guerra di prima mattina senza aver nemmeno bevuto il
caffè. il primo, il più importante, il più sofferto. sofferto perchè atteso.
come la prima poppata, il primo goal, il primo bacio.
iniziare una guerra dal niente solo per vedere l'effetto che fa, per sfidare la
forza di gravità e gettare a terra oggetti che hanno un peso.
il peso degli oggetti è dato da una strana formula in cui si moltiplicano i suoi
grammi alla divisione della loro storia fratto il valore che gli dai. quello è il
loro peso e in base a quello devi imprimere la giusta forza per scagliarlo a
terra. per romperlo o per fargli solo male.
la tazza pulita ha ancora l'alone del caffè del giorno prima. anche i
pensieri di ieri hanno un insolito alone di vecchio. una luce stanca. sono ricordi
di ieri dirai. sono il dopoguerra di mio nonno, dei suoi racconti, il grembiule di
mia nonna nel tinello e le pattine che volano per la sala.
sono le foto di un bimbo in passeggino, di giovani come te sorridenti e felici, di
classi con bambini e la recita di natale.
non so come si arriva fino a qui, fino al secondo caffè "con un pò di latte, per
favore". non mi importa nemmeno come, ci sono diverse strada per arrivare
a un punto, ci sono differenti punti da raggiungere.
come la gente in attesa della coincidenza esatta del treno ci sono posti comuni
in cui potersi sentire soli con se stessi. ma nessun luogo è come i tatuaggi che
ho e le rughe che mi sono nate o i peli del mio viso. il lento scorrere delle
primavere, il caldo delle estati, la nebbia degli inverni e la luce dell'autunno,
che rimanda agli anni '80 e alle foto scolorite con grazia.
appoggio il caffè su un libro già letto, comprato usato da mani diverse dalle
mie, letto con impressioni sconosciute. forse sarà piaciuto.
lascio un alone sulla copertina, ma non importa. un piccolo segno che lo
differenzia da altre copertine. ripenso a cosa manca in questo momento, alle
interminabili partite ai giardini, alle corse sulla sabbia e alle storie dei miei
nonni che senza volerlo eran poesia di vecchi maestri. come un dolce per un
bimbo, come messaggi lanciati a un ragazzo o come un dono a chi aspetta
impaziente.
caffè. il primo, il più importante, il più sofferto. sofferto perchè atteso.
come la prima poppata, il primo goal, il primo bacio.
iniziare una guerra dal niente solo per vedere l'effetto che fa, per sfidare la
forza di gravità e gettare a terra oggetti che hanno un peso.
il peso degli oggetti è dato da una strana formula in cui si moltiplicano i suoi
grammi alla divisione della loro storia fratto il valore che gli dai. quello è il
loro peso e in base a quello devi imprimere la giusta forza per scagliarlo a
terra. per romperlo o per fargli solo male.
la tazza pulita ha ancora l'alone del caffè del giorno prima. anche i
pensieri di ieri hanno un insolito alone di vecchio. una luce stanca. sono ricordi
di ieri dirai. sono il dopoguerra di mio nonno, dei suoi racconti, il grembiule di
mia nonna nel tinello e le pattine che volano per la sala.
sono le foto di un bimbo in passeggino, di giovani come te sorridenti e felici, di
classi con bambini e la recita di natale.
non so come si arriva fino a qui, fino al secondo caffè "con un pò di latte, per
favore". non mi importa nemmeno come, ci sono diverse strada per arrivare
a un punto, ci sono differenti punti da raggiungere.
come la gente in attesa della coincidenza esatta del treno ci sono posti comuni
in cui potersi sentire soli con se stessi. ma nessun luogo è come i tatuaggi che
ho e le rughe che mi sono nate o i peli del mio viso. il lento scorrere delle
primavere, il caldo delle estati, la nebbia degli inverni e la luce dell'autunno,
che rimanda agli anni '80 e alle foto scolorite con grazia.
appoggio il caffè su un libro già letto, comprato usato da mani diverse dalle
mie, letto con impressioni sconosciute. forse sarà piaciuto.
lascio un alone sulla copertina, ma non importa. un piccolo segno che lo
differenzia da altre copertine. ripenso a cosa manca in questo momento, alle
interminabili partite ai giardini, alle corse sulla sabbia e alle storie dei miei
nonni che senza volerlo eran poesia di vecchi maestri. come un dolce per un
bimbo, come messaggi lanciati a un ragazzo o come un dono a chi aspetta
impaziente.
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