A volte, ma soltanto raramente, sentirai parlare di me. Lo prometto.
Anche le spiegazioni saranno sedute sulle panchine del parco comunale, con
il quotidiano in mano in attesa di qualche sentenza che le giustifichi.
Solo silenzio, senza espressione nei loro volti, sono pochi i colpi in canna che
ha l'arma della giustizia. Non voglio si sappia nulla di me, passerò senza
farmi vedere. Non un cenno, nè un saluto, incrocerò soltanto il mio sguardo
riflesso sui vetri delle finestre ancora chiuse.
Tempo di coprifuoco, tempo di arresto immediato.
Sono l'uomo perbene, censore del tempo passato. La mia dialettica si ferma
al giorno prima, alla prolissità dei vecchi maestri delle scuole elementari e
all'odore delle torrefazioni del centro.
Noia e tormento non son la vostra forza ma il solo prezzo da pagare alla
continua distruzione di ciò che è appena stato costruito.
A volte, soltanto per causa tua, avrai mie notizie. Lo metto nero su bianco.
Saranno le notizie della televisione a darmi un volto e una figura. Saltato in
aria con quintali di tritolo o steso a terra grazie a un colpo di pistola.
Griderò anche da morto se sarà necessario, senza apparire, infilandomi nelle
menti disperse nel giardino del re.
Dormirò di giorno e vivrò la notte se servirà a non esser protagonista.
Sono l'uomo perbene con il solo simbolo della normalità contro le vostre
grida. Esempio di rigore immorale contro il vostro fottuto perbenismo.
La vostra famiglia, la vostra casa, la vostra Chiesa, la nostra Mafia.
Mi ritroverai soltanto seguendo l'ultima stella o il consiglio semplice di
un uomo senza studi, che bestemmia Dio solo perchè non si fa mai vedere.
A volte, ma senza mai volerlo, leggerai di me. Lo giuro.
Sarà soltanto per non inaridire il tuo cervello e dare un nuovo modello al
tuo continuum di elementi.
Sono un'anima avanzata, sulla mia tomba non voglio fiori ma soltanto ricordi.
Abbraccerò i miei cari dicendo ciò che mai ho detto e vi lascerò così, nel più
totale anonimato.
Difficile pensare alla mia assenza, perchè mai sono stato presente.
Sono l'uomo perbene precursore di ogni tua buona azione.
A volte, ma soltanto raramente, sentirai parlare di me.
Soltanto se lo vorrai.
L'angolo adatto per nani, ballerine, cantanti, troie, alcolizzati e illusi. Ovviamente qui nulla è serio...se sei dei nostri...benvenuto, entra pure
giovedì, aprile 21, 2011
mercoledì, aprile 20, 2011
Il lento valzer dell'illogica lentezza dell'attimo perdente
Quattro passi al vento che visti da lontano sembrano solo smarrimento, ma
potrebbero anche essere un tentativo represso di ripensamento.
Come una polaroid sbiadita di tuo padre che passeggia nel '70.
Il pensiero costante su un pensiero passato. Tentativo inondato di niente
perchè nel niente si è sempre mosso.
Come i pochi secondi che separano la domanda da una risposta aspettata da
tanto tempo e attesa nel silenzio. Solo una chitarra di sottofondo.
Odore di merda lungo il viale, i sassi che ti fanno male ai piedi. Troppo grossi
per le suole appiattite dal peso costante del pensiero. Perchè la testa
non vola via anche se non serve a nulla, resta attaccata al collo ciondolante.
A cosa cazzo servono i pensieri se non possono trovare un buco da cui uscire
o un discorso nel quale esser spesi per dar loro vita migliore.
A niente. Servono solo a far da sottofondo a questi quattro passi, fatti avanti e
indietro in modo che non diventino mai otto, dodici, sedici etc...ma restino
sempre uno, due, tre e quattro e poi quattro, tre, due e uno.
Avanti e indietro. Senza passi avanti e nostalgia del passato.
Sempre la stessa strada per gli stessi quattro passi. Unica variante concessa,
si posson fare su una gamba sola. Quattro col destro ad avanzare e 4 col
sinistro per tornare. Sempre 4 però.
Quattro passi per fare tutto il possibile senza strapparsi i capelli. Piangere
pensando al tempo andato e ridere nel ripercorrerlo, soltanto un crocifisso
a metà appeso al muro rende meglio l'idea dell'inutilità.
Quattro passi solo, senza stronzi a dirti cosa devi fare e sciacalli ad attendere
la sosta. In questi quattro passi non ci sono pene, colpe e compassione,
niente musiche, sorrisi e abbracci. Al massimo un colpo di pistola a salve
per i ruffiani. Intorno tutta terra, odore di merda e fiori esplosi a primavera
come esplodono le bombe per portare pace.
Quattro passi e torno a casa, mamma. Non ti preoccupare. Forse è vero, è
tutto brutto fuori. Le parole hanno un peso e il peso glielo danno i colori,
anche se dal quinto passo in poi tutto diventa in bianco e nero e come nel
peggiore dei sogni, niente è come lo pensavi.
Allora è in quell'attimo che va dal quarto al quinto passo che come per magia
e forse per errore torno al terzo. Un lento valzer, quello della illogica lentezza
dell'attimo perdente.
potrebbero anche essere un tentativo represso di ripensamento.
Come una polaroid sbiadita di tuo padre che passeggia nel '70.
Il pensiero costante su un pensiero passato. Tentativo inondato di niente
perchè nel niente si è sempre mosso.
Come i pochi secondi che separano la domanda da una risposta aspettata da
tanto tempo e attesa nel silenzio. Solo una chitarra di sottofondo.
Odore di merda lungo il viale, i sassi che ti fanno male ai piedi. Troppo grossi
per le suole appiattite dal peso costante del pensiero. Perchè la testa
non vola via anche se non serve a nulla, resta attaccata al collo ciondolante.
A cosa cazzo servono i pensieri se non possono trovare un buco da cui uscire
o un discorso nel quale esser spesi per dar loro vita migliore.
A niente. Servono solo a far da sottofondo a questi quattro passi, fatti avanti e
indietro in modo che non diventino mai otto, dodici, sedici etc...ma restino
sempre uno, due, tre e quattro e poi quattro, tre, due e uno.
Avanti e indietro. Senza passi avanti e nostalgia del passato.
Sempre la stessa strada per gli stessi quattro passi. Unica variante concessa,
si posson fare su una gamba sola. Quattro col destro ad avanzare e 4 col
sinistro per tornare. Sempre 4 però.
Quattro passi per fare tutto il possibile senza strapparsi i capelli. Piangere
pensando al tempo andato e ridere nel ripercorrerlo, soltanto un crocifisso
a metà appeso al muro rende meglio l'idea dell'inutilità.
Quattro passi solo, senza stronzi a dirti cosa devi fare e sciacalli ad attendere
la sosta. In questi quattro passi non ci sono pene, colpe e compassione,
niente musiche, sorrisi e abbracci. Al massimo un colpo di pistola a salve
per i ruffiani. Intorno tutta terra, odore di merda e fiori esplosi a primavera
come esplodono le bombe per portare pace.
Quattro passi e torno a casa, mamma. Non ti preoccupare. Forse è vero, è
tutto brutto fuori. Le parole hanno un peso e il peso glielo danno i colori,
anche se dal quinto passo in poi tutto diventa in bianco e nero e come nel
peggiore dei sogni, niente è come lo pensavi.
Allora è in quell'attimo che va dal quarto al quinto passo che come per magia
e forse per errore torno al terzo. Un lento valzer, quello della illogica lentezza
dell'attimo perdente.
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