NWW list vol. 44. Twenty Sixty Six & Then |
256. Tolerance (Giappone) - Anonym (1979). Tastiere minimali,
chitarra blandamente schizofrenica, cauti effetti elettronici, la voce pacata e
straniante della Tange: tanto basta a creare un’atmosfera sospesa e morbosa,
sorta di piano bar per alienati in stato di sedazione. E va bene: ci sono
pazzoidi leggendari e citatissimi (a caso: i Suicide); e poi ci sono i
Tolerance. Da ascoltare subito. Masami Yoshikawa, chitarra; Junko Tange, voce,
tastiere.
257. Tomorrow's Gift (Germania) - Goodbye
future (1973). Brillante inizio con
Jazzy jazz, con toni da fanfara che si
mutano in marcia progressive; Der Geier
Fliegt Vorbei, innervato dalla linea di basso, è un capolavoro; Allerheiligen si lancia verso i
territori Canterbury con tastiere à la Ratledge; Naturgemäss ci dona, invece, una psichedelia fluttuante e sommessa,
con rare accensioni. Officia il tutto uno dei massimi pontefici del kraut,
Conny Planck, qui sotto le spoglie di Maestro Conrado Di Planca. Serve altro? Da
ascoltare. Maestro Conrado Di Planca, flauti, percussioni; Manne Rurup,
tastiere; Bernd Kiefer, basso; Zabba Lindner, batteria.
258. Ton Steine Scherben (Germania) - Wenn die Nacht Am Tiefsten ist (1975). Terzo disco della lista per Ton Scheine Scherben (son già
presenti con Mannstoll - NWW47 - e Paranoia - NWW145 - assieme, rispettivamente, a Brühwarm Theater e
Kollektiv Rote Rübe), gruppo affine a Checkpoint Charlie (NWW55) e Floh de Cologne (NWW88) e,
perciò, devoto a quel cabaret satirico di sinistra, spietato e aspro sino alla
crudeltà (Rainer W. Fassbinder operava in questi anni). Questo doppio Wenn die Nacht, tuttavia, seppur ben
suonato, oltre a superare quell'esperienza, scolora desolatamente nell’ordinario; si riprende nella seconda parte
(Wir sind im Licht; la jam di Steig ein), ma ben altri son gli eroici
furori. Nikel Pallat, voce; Rio Reiser, voce, chitarra, tastiere; R.P.S.
Lanrue, chitarra, cori; Jörg Schlotterer, flauto; Werner Götz, sassofono,
basso; Funky K. Götzner, batteria; Uli Hammer, percussioni; Angie Olbrich, cori;
Britta Neander, cori; Gabi Borowski, cori.
Transcendprovisation (Stati Uniti) - Trans
(1976). Occhio: al trombone sovraintende Tim Reed, ovvero il Reverendo Fred
Lane, uno dei debosciati sobillatori del NWW226, ‘Ron Pate’s Debonaire. Qui però
c’è poco di patafisico; siamo in piena follia improvvisativa: stridori,
spetezzi, tastiere insensate, chitarre grattugiate. Non per tutti, insomma,
anche se Vlad il disco se lo è ascoltato per intero, senza colpo ferire; e ne
ha tratto piacere. Una conferma di ciò che affermava Padre Scaruffi:
invecchiando l’ascoltatore ‘forte’ si ritira in zone sonore sempre più
inaccessibili, inusitate, metafisiche; desidera, forse, annegare come Ulisse,
oltre le Colonne d’Ercole dell’udibile. Davey Williams, chitarra, sassofono; James
Hearon, chitarra, violino, clarinetto; Theodore Timothy Reed, flauto, tromba,
trombone; Bowen, sassofono, oboe, basso, percussioni; LaDonna Smith, voce,
tastiere, viola, batteria.
Spacebox (Germania) - Spacebox
(1981). Cos’ha in testa il buon Uli Trepte, bassista dal curriculum mostruoso (Guru
Guru, ovviamente, ma anche Faust e Neu!)? Non si capisce gran che: blues bofonchiato?
Free jazz? Avanguardia? O magari no wave (con quella chitarrina slabbrata)? Non
lo so, non voglio saperlo; mi risultano difficili, inoltre, le classificazioni
per genere. Posso garantirvi, però, che, lentamente, il disco entra nel sangue
e si dichiara per quello che è: un atto d’amore disperato e residuale (siamo
negli Ottanta) per lo spirito anarchico della musica. Con cautela, da ascoltare
subito. Julius Golombeck, chitarra; Edgar Hofmann, sassofono, flauto, violino,
armonica, nadaswaram; Uli Trepte, voce, basso; Lotus Schmidt, batteria,
percussioni; Winfried Beck, batteria, percussioni
Twenty Sixty Six and Then (Germania) - Reflections on the future (1972). Hard-progressive di pregevole fattura,
dall’eccitato fascino vintage. Come tutti i prodotti non anglosassoni risente
della mancanza di un pezzo davvero caratterizzante e melodicamente
indimenticabile (e infatti tutti, quarant’anni dopo, s’intignano a ricomprare e
riascoltare Selling England by the pound),
ma questo non è un problema; un piccolo problema è, invece, l’interpretazione
vocale di Harrison, che tende a normalizzare l’insieme, neutralizzando le
spinte più eversive latenti nel versante germanico del gruppo. Buone le parti
strumentali, ottimo Mrozeck alla chitarra. Vale un ascolto. Geff Harrison,
voce; Gagey Mrozeck, voce, chitarra; Veit Marvos, tastiere; Steve Robinson,
voce, tastiere; Dieter Bauer, basso; Konstantin Bommarius, batteria.