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giovedì 31 dicembre 2015

Nurse With Wound list vol. 44 (Tolerance/Tomorrow's Gift/Ton Steine Scherben/Transprovisation/Spacebox/Twenty Sixty Six & Then)

NWW list vol. 44. Twenty Sixty Six & Then

256. Tolerance (Giappone) - Anonym (1979). Tastiere minimali, chitarra blandamente schizofrenica, cauti effetti elettronici, la voce pacata e straniante della Tange: tanto basta a creare un’atmosfera sospesa e morbosa, sorta di piano bar per alienati in stato di sedazione. E va bene: ci sono pazzoidi leggendari e citatissimi (a caso: i Suicide); e poi ci sono i Tolerance. Da ascoltare subito. Masami Yoshikawa, chitarra; Junko Tange, voce, tastiere.

257. Tomorrow's Gift (Germania) - Goodbye future (1973). Brillante inizio con Jazzy jazz, con toni da fanfara che si mutano in marcia progressive; Der Geier Fliegt Vorbei, innervato dalla linea di basso, è un capolavoro; Allerheiligen si lancia verso i territori Canterbury con tastiere à la Ratledge; Naturgemäss ci dona, invece, una psichedelia fluttuante e sommessa, con rare accensioni. Officia il tutto uno dei massimi pontefici del kraut, Conny Planck, qui sotto le spoglie di Maestro Conrado Di Planca. Serve altro? Da ascoltare. Maestro Conrado Di Planca, flauti, percussioni; Manne Rurup, tastiere; Bernd Kiefer, basso; Zabba Lindner, batteria.

258. Ton Steine Scherben (Germania) - Wenn die Nacht Am Tiefsten ist (1975). Terzo disco della lista per Ton Scheine Scherben (son già presenti con Mannstoll - NWW47 - e Paranoia - NWW145 - assieme, rispettivamente, a Brühwarm Theater e Kollektiv Rote Rübe), gruppo affine a Checkpoint Charlie (NWW55) e Floh de Cologne (NWW88) e, perciò, devoto a quel cabaret satirico di sinistra, spietato e aspro sino alla crudeltà (Rainer W. Fassbinder operava in questi anni). Questo doppio Wenn die Nacht, tuttavia, seppur ben suonato, oltre a superare quell'esperienza, scolora desolatamente nell’ordinario; si riprende nella seconda parte (Wir sind im Licht; la jam di Steig ein), ma ben altri son gli eroici furori. Nikel Pallat, voce; Rio Reiser, voce, chitarra, tastiere; R.P.S. Lanrue, chitarra, cori; Jörg Schlotterer, flauto; Werner Götz, sassofono, basso; Funky K. Götzner, batteria; Uli Hammer, percussioni; Angie Olbrich, cori; Britta Neander, cori; Gabi Borowski, cori.

Transcendprovisation (Stati Uniti) - Trans (1976). Occhio: al trombone sovraintende Tim Reed, ovvero il Reverendo Fred Lane, uno dei debosciati sobillatori del NWW226, ‘Ron Pate’s Debonaire. Qui però c’è poco di patafisico; siamo in piena follia improvvisativa: stridori, spetezzi, tastiere insensate, chitarre grattugiate. Non per tutti, insomma, anche se Vlad il disco se lo è ascoltato per intero, senza colpo ferire; e ne ha tratto piacere. Una conferma di ciò che affermava Padre Scaruffi: invecchiando l’ascoltatore ‘forte’ si ritira in zone sonore sempre più inaccessibili, inusitate, metafisiche; desidera, forse, annegare come Ulisse, oltre le Colonne d’Ercole dell’udibile. Davey Williams, chitarra, sassofono; James Hearon, chitarra, violino, clarinetto; Theodore Timothy Reed, flauto, tromba, trombone; Bowen, sassofono, oboe, basso, percussioni; LaDonna Smith, voce, tastiere, viola, batteria.

Spacebox (Germania) - Spacebox (1981). Cos’ha in testa il buon Uli Trepte, bassista dal curriculum mostruoso (Guru Guru, ovviamente, ma anche Faust e Neu!)? Non si capisce gran che: blues bofonchiato? Free jazz? Avanguardia? O magari no wave (con quella chitarrina slabbrata)? Non lo so, non voglio saperlo; mi risultano difficili, inoltre, le classificazioni per genere. Posso garantirvi, però, che, lentamente, il disco entra nel sangue e si dichiara per quello che è: un atto d’amore disperato e residuale (siamo negli Ottanta) per lo spirito anarchico della musica. Con cautela, da ascoltare subito. Julius Golombeck, chitarra; Edgar Hofmann, sassofono, flauto, violino, armonica, nadaswaram; Uli Trepte, voce, basso; Lotus Schmidt, batteria, percussioni; Winfried Beck, batteria, percussioni

Twenty Sixty Six and Then (Germania) - Reflections on the future (1972). Hard-progressive di pregevole fattura, dall’eccitato fascino vintage. Come tutti i prodotti non anglosassoni risente della mancanza di un pezzo davvero caratterizzante e melodicamente indimenticabile (e infatti tutti, quarant’anni dopo, s’intignano a ricomprare e riascoltare Selling England by the pound), ma questo non è un problema; un piccolo problema è, invece, l’interpretazione vocale di Harrison, che tende a normalizzare l’insieme, neutralizzando le spinte più eversive latenti nel versante germanico del gruppo. Buone le parti strumentali, ottimo Mrozeck alla chitarra. Vale un ascolto. Geff Harrison, voce; Gagey Mrozeck, voce, chitarra; Veit Marvos, tastiere; Steve Robinson, voce, tastiere; Dieter Bauer, basso; Konstantin Bommarius, batteria.