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Sottotitolo: disquisizioni ispirate dal post di Evil Monkey del 23 giugno 2015 intitolato "Attorno alla Fine"
1) Mio padre
insegnava matematica e fisica alle scuole superiori e dava lezioni
private agli universitari di qualsiasi
facoltà. Amava molto quelle materie e gli piaceva approfondirle. Era
appassionato di insiemistica, di giochi matematici, di astronomia. Era
affascinato dal Big Bang, dai Buchi Neri , dalle Supernovae, e su questi argomenti aveva letto e raccolto un buon numero di pubblicazioni. All’età di sessant’anni gli fu diagnosticato
un tumore che, nel giro di pochi mesi, ce lo portò via. Implacabilmente. In
questo brutto periodo, però, trovammo modo di stare insieme tutta la famiglia,
confluita da varie parti d’Italia a Bologna dove lui si sottoponeva a visite di
controllo e sedute di chemioterapia. Un periodo in cui lasciammo da parte
ciascuno la sua storia, per viverne una molto più importante insieme e fu un
percorso che, nonostante le triste circostanza, ci arricchì di ulteriore affetto
e fu pretesto per interessanti discussioni. Fine
e Infinità si rincorrevano nei nostri discorsi, fra materialismo e spiritualismo. Fu in quell’occasione che conobbi l’Albana, e il
Nocino a fine pasto, e imparai molto sui miei genitori e miei fratelli: questa
cosa mi migliorò abbastanza.
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una supernova |
“Il mostro più vicino lo incontriamo al di
là dell'ultima orbita planetaria del sistema solare. Si muove pigramente nel
buio dello spazio cosmico, a una distanza di circa due anni luce, la metà di
quanto dista da noi la stella più vicina. Non splende, perché non emette luce e
quella che riflette dal cielo stellato che lo circonda è troppo debole per
farlo individuare agevolmente. Se un astronauta gli si avvicinasse lo
scoprirebbe solo vedendo profilarsi una zona scura sullo sfondo del cielo
scintillante di stelle: una sagoma nera che crescerebbe continuamente fino a
coprire tutto il cielo. Solo illuminandolo da una brevissima distanza, mentre
sta per posarvisi sopra, comincerebbe a distinguere la sua superficie, formata
da un materiale vetroso, spesso liscio, col quale si mescolano frammenti di
altri materiali più duri e più scuri. Lo strano corpo non ha la massa di un
pianeta, neppure di uno di quelli più piccoli, come la Terra; non ha neppure un
grande diametro, appena qualche decina di chilometri. Troppo grande per essere
polvere, troppo piccolo per essere un pianeta, troppo freddo e oscuro per
essere una stella, si direbbe solo il relitto di un grande naufragio cosmico.
Dalla sua superficie si vede lo stesso cielo che vediamo dalla Terra ma senza
la Luna e i pianeti. Le stelle sono le stesse e ugualmente distribuite secondo
le varie costellazioni ma ce n'è una in più, giallognola e brillantissima, più
luminosa di Sirio, che illumina più vivamente delle altre la livida superficie
dell'astro. Quella stella è il Sole, ridotto a un punto luminoso ma del quale
il corpo sente ancora l'attrazione, più di quella esercitata su di esso da
qualsiasi altro corpo dell'universo.”..
Da “I Mostri del Cielo “ di Paolo Maffei
(1976)
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H.G. Giger - litografia 1992 |
2)
Gli astronomi si muovono con grande facilità fra galassie, corpi celesti
e buchi neri, quasi avessero un modello tridimensionale dell’Universo a
portata di mano. Hanno anche risolto il problema delle sue enormi dimensioni
usando invece che unità di misura spaziali,
unità di spazio-tempo come l’anno luce che riduce la scala di
riferimento. Ora anche le sonde lanciate nello spazio 10 anni fa cominciano a mandare foto di pianeti del
nostro sistema solare e immagini di galassie lontane che sembrano più alla
portata di mano… Tuttavia è quando si parla delle periferie dell’Universo che tutte le nostre sicurezze cominciano a
vacillare. E’ più facile definire la fine dell’Universo o risolvere la questione affermando che non
ha limiti? A questo punto usciamo
dall’astronave della dottrina, della scienza esatta, dell’ infallibilità della fisica
cominciando a vagare nello spazio dei dubbi e delle incertezze cercando di non
allontanarci troppo , evitando che il cavo di collegamento si spezzi,
lasciandoci alla deriva in un mare buio e silenzioso, in balìa di piogge di meteore
e di algoritmi. L’uomo è solamente in quello che riesce a capire e non può andare
oltre questa sapienza e per quanto sia immenso il suo sapere, questo sarà sempre limitato. Allora, se la fine è il
punto estremo di un percorso,
tanto più ci avviciniamo con la nostra percezione a questo estremo,
tanto più sarà completa e piena la sua conoscenza. Questo avvicinarsi alla conoscenza completa dobbiamo immaginarlo però come un processo asintotico,
ossia un avvicinarsi indefinitamente ad un
punto senza mai toccarlo. Perché? Perché la fine, per definizione, è un’assenza di segnale e allora è
contraddizione definire come ente una mancanza. Più ci avviciniamo alla fine, più questo concetto si
allontana verso l’infinito. Paradossale, vero?
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H.G. Giger - litografie 1992 |
3)
Il giovane
Arthur Gordon Pym, sfuggito al
naufragio della baleniera Grampus viene salvato
e caricato su un’altra nave , la Jane,
diretta in esplorazione verso i mari del
Sud. Succede che anche questa nave
attraversa una serie di peripezie
e il suo equipaggio viene catturato e quasi tutto sterminato da una tribù di indigeni. Il giovane
Arthur racconta di essere sfuggito agli indigeni insieme ai suoi compagni di viaggio
sopravvissuti e continua l’esplorazione con loro su una canoa in direzione Sud, in cerca di
salvezza. In realtà è un viaggio verso la fine,
un inquietante graduale passaggio dalla
luce al buio, descritto attraverso il minuzioso diario di bordo tenuto fino all’ultimo giorno.
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H.G. Giger - litografia 1992 |
“L'oscurità era diventata ancora più fitta,
alleviata soltanto dal bagliore dell'acqua che rifletteva il sipario bianco
calato davanti a noi. Uccelli
giganteschi, d'un bianco livore, sbucavano incessanti da dietro al velo,
urlando l'eterno Tekeli-li! e sottraendosi alla nostra vista. A questo punto
Nu-Nu, sul fondo dell'imbarcazione, si
scosse, ma toccandolo ci accorgemmo che aveva reso l'anima. Stavamo ormai per
precipitare nell'abbraccio della cataratta, dove un abisso si spalancò per
accoglierci. Ma ecco levarsi sul nostro cammino una figura umana velata, di
proporzioni ben più vaste di qualsiasi essere umano. E il colore della pelle
della figura era del bianco assoluto della neve.”
( da ”Il racconto di Arthur Gordon Pym” di Edgar Allan Poe – 1838)
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H.G. Giger - litografie 1992 |
Ecco i titoli dei brani della mia playlist pre-finale:
1) E.S.T E..Swensson -from Gagarin's Point of View-LP: ("From Gagarin's Point
of view") 1999 ACT
2) Hellborg, Lane, Selvaganesh
[SWE] - Aga of the Ladies - from “Good People in Times of Evil”
(2000);
3) Soft Machine -
Out-Bloody-Rageous - from "Third" (1970) CBS ( framm.);
4) Joe Zawinul - In An
Island Way from "My People” (2005) EFA Medien GmbH;
5) Jean Luc Ponty - Twenty small
cigars – from King Kong music by Frank Zappa (1970) Liberty;
6) Miles Davis – Fall from
“Nefertiti” (1968) Columbia; (music By W.Shorter, H.Hancock
e T. Williams);
7) Ambrose Akinmusire
– Aroca - from “Prelude to Cora” (2008) Fresh Sound New
Talent;
8) Oregon –Beneath the
Evening Sky - from "45th Parallel" (1989) CBS;
9) Ektar Instrumental Quintet -
Kerti zene ötnegyedben - Garden Music in 5-4 da Kontrapunky (2014);
10) Brother Jack
McDuff - Yellow Wednesday da "To seek A New Home" (1970) Blue
Note;
11) Bobby Hutcherson –
Manzanita –from “Linger Lane” (1975) Blue Note;
12) John Zorn – Suicide Waltz -
from “Filmworks XIII : 2002 Volume Three - Invitation To A Suicide (2002)
Tzadik;
13) Jack Dejohnette –Music in the
Key of Om (2003) Golden Beam (una parte)