Legalizzazione
Ieri a Cittá del Messico è stata approvata la legge che consente di abortire legalmente fino alla dodicesima settimana di gestazione.
In piazza molte donne hanno manifestato ed hanno bruciato reggiseni per liberare le loro attese trepidanti. Fino ad ora in Messico era lecito abortire solo se il feto era frutto di violenza, le condizioni economiche non avrebbero permesso il sostentamento del figlio, la gravidanza metteva a rischio la vita della madre... ed una quarta condizione che non ricordo.
Quindi, data la netta forbice socio-economica, tutte le migliaia di donne messicane che ogni anno affidano la vita nelle mani di qualcuno che le faccia abortire illegalmente, in realtá avrebbero potuto abortire in ospedale, ma i termini di legge non sono quelli che poi ammettono la pratica nella quotidianeitá. Per non dire che molte interruzioni rimanevano - e rimarranno ovviamente - segrete e nascoste comunque.
Sintetizzare l'argomento non è semplice; sintetizzare le sensazioni provocate dalla notizia ieri ancora meno. Di sicuro la prima sensazione è stata di soddisfazione, perchè si accettava una situazione di fatto che veniva mascherata da religione e diritto alla vita. Il diritto invece non è quello di nascere voluti, desiderati, accolti?
inoltre è stata la soddisfazione di vedere un nuovo passo nel percorso di emancipazione - che parola abusata! - delle donne, di appropriazione del proprio corpo e delle proprie scelte riproduttive.
In parte è stata di dispiacere per il rinnovarsi dei ricordi di tante storie di vita femminili in cui parole come "piacere, intesa, complicitá..." sono termini vuoti se non estranei e la legge non tutela le donne da nessuna forma di violenza.
Penso che la legalizzazione dell'aborto non renda le cose più semplici a nessuna donna, che sia comunque una scelta difficile e che comunque la responsabilitá sia del tutto slegata dai termini di legge.
In piazza molte donne hanno manifestato ed hanno bruciato reggiseni per liberare le loro attese trepidanti. Fino ad ora in Messico era lecito abortire solo se il feto era frutto di violenza, le condizioni economiche non avrebbero permesso il sostentamento del figlio, la gravidanza metteva a rischio la vita della madre... ed una quarta condizione che non ricordo.
Quindi, data la netta forbice socio-economica, tutte le migliaia di donne messicane che ogni anno affidano la vita nelle mani di qualcuno che le faccia abortire illegalmente, in realtá avrebbero potuto abortire in ospedale, ma i termini di legge non sono quelli che poi ammettono la pratica nella quotidianeitá. Per non dire che molte interruzioni rimanevano - e rimarranno ovviamente - segrete e nascoste comunque.
Sintetizzare l'argomento non è semplice; sintetizzare le sensazioni provocate dalla notizia ieri ancora meno. Di sicuro la prima sensazione è stata di soddisfazione, perchè si accettava una situazione di fatto che veniva mascherata da religione e diritto alla vita. Il diritto invece non è quello di nascere voluti, desiderati, accolti?
inoltre è stata la soddisfazione di vedere un nuovo passo nel percorso di emancipazione - che parola abusata! - delle donne, di appropriazione del proprio corpo e delle proprie scelte riproduttive.
In parte è stata di dispiacere per il rinnovarsi dei ricordi di tante storie di vita femminili in cui parole come "piacere, intesa, complicitá..." sono termini vuoti se non estranei e la legge non tutela le donne da nessuna forma di violenza.
Penso che la legalizzazione dell'aborto non renda le cose più semplici a nessuna donna, che sia comunque una scelta difficile e che comunque la responsabilitá sia del tutto slegata dai termini di legge.