Prosegue l’avventura modaiola di Kika nel regno delle fiabe, e di conseguenza anche la mia rubrichetta incrociata, “Le muse di Kika van per pensieri”, prova a dire qualcosa in merito.
Oggi Kika ha scelto un classico fra i classici della tradizione favolistica: la Bella Addormentata nel bosco. In particolare, vediamo l’eroina di questa favola nell’interpretazione di un’interessante illustratrice tedesca, Sulamith Wulfing (1901-1989).
Dalle poche notizie che sono riuscito a carpire su questa artista, dev’esser stata una tipa non poco originale. Innanzitutto, visto il nome misterioso di per sé, non è stato così banale capire che si trattasse di una donna. Pare poi che sin dalla tenera età andasse soggetta a visioni di varie entità fantastiche, angeli, gnomi, fate, e così via. Frequentò la scuola d’arte di Wuppertal, dove si diplomò nel 1921, e dove conobbe anche il suo futuro marito, Otto Schulze, un professore dell’istituto. Insieme, alcuni anni dopo, fondarono la casa editrice “Sulamith Wülfing Verlag”. La vita artistica di Sulamith Wulfing fu segnata molto duramente dalla Seconda Guerra Mondiale: la città di Wuppertal venne colpita da pesanti bombardamenti, nei quali rimase distrutta anche la casa della pittrice, con la perdita di molti suoi lavori.
Al di là dei rapidi cenni biografici, che possono offrire un fondale generico alla sua poetica, è molto più interessante osservare l’opera di oggi, dedicata alla celebre fiabesca fanciulla dormiente. Questa immagine conferma splendidamente un fatto: l’arte rappresenta sempre un discorso lunghissimo e profondo capace di attraversare i secoli. E se si ha una discreta idea di come nel passato è stata di volta in volta “presa la parola” nel contesto di questo discorso, diventa esaltante, ammirando nuove immagini, andare a ricostruire i tasselli del “ragionamento artistico” globale, sempre rivisitato, rinfrescato, reinterpretato.
Immaginiamo tutti gli artisti di tutte le epoche, riuniti intorno a un focolare: ciascuno dice la sua idea, cercando di non ripetere quelle già dette da altri, ma, pur partendo sempre dalle cose già dette, apporta un nuovo punto di vista, rielabora e aggiunge nuove sfumature, e nei casi eccezionali, rivoluziona il linguaggio stesso del racconto intorno al fuoco. Ci sono artisti grandi e piccoli: i primi, saranno quelli che espongono i punti più importanti della conversazione generale; i secondi, assorbiranno di riflesso “saggezza estetica” dalle parole dei grandi, inserendosi in tono minore nel ragionamento. Infine, che si sia grandi artisti, oppure piccoli, non si può mai mettersi a parlare senza tenere conto di tutto ciò che è stato detto fino a quel momento.
Questo vivace focolare è la storia dell’arte.
Mi spiego meglio con esempi diretti, applicati all’opera in questione. In questa Bella Addormentata di Sulamith Wulfing, si possono cogliere influenze chiare di diversi maestri del passato. Il gelo e la malinconia del mondo esterno, privato della vitalità della Bella sonnacchiosa, sono evocati da quel paesaggio invernale che pare uscito da un quadro di Pieter Bruegel (1525-1569) [Nella figura di Bruegel che riporto, “Il censimento di Betlemme” (1566)].
L’ambiente in cui il sonno della Bella viene custodito, si caratterizza per un misto di valori visivi, che rendono l’atmosfera colma di preziosità, ricercatezza, finezza dei dettagli, eleganza dal sapore orientaleggiante, regalità, ma anche arricchita di toni fantastici, surreali, o forse sarebbe meglio dire, coniando uno zoppicante neologismo per l’occasione, “sopra-reali”. Come fa la pittrice tedesca a raccontarci tutto questo? Prende a prestito dai grandi maestri i loro rispettivi “discorsi” e li fa propri nella sua opera, li declina a sua volta in un racconto nuovo.
Ecco allora che possiamo riconoscere chiari accenni alla finezza aurea di Gustav Klimt (1862-1918) [esempio: il “Ritratto di Adele Bloch Bauer” (1907)]; oppure, riferimenti alla raffinatissima trama di eleganza estatica peculiare della poetica di da Carlo Crivelli (1430-1495) [esempio: “Annunciazione di Ascoli” (1486)]; o ancora, in particolare nella parte destra dell’immagine (dove il moccolo di candela crea una fioca luminosità, ascendente poi verso le decorazioni del tendaggio a forma di curiosi “cuori bizantineggianti”), si assapora in pieno il senso giocoso della religiosità fantastica di Marc Chagall (1887-1985) [esempio: “Compleanno” (1915)]. Nel volto della Bella poi, sono chiari i richiami al platonismo malinconico delle dame di Sandro Botticelli (1445-1510) [esempio: il “Ritratto di Simonetta Vespucci” (1476 circa)].
Insomma, quest’opera ci rassicura ancora una volta riguardo al fatto che l’arte altro non è altro che un lungo e bellissimo racconto, al quale ciascuno può prendere parte, dicendo la sua, se sa disegnare o dipingere, oppure anche soltanto divertendosi a dipanare la matassa della narrazione come entusiasta osservatore-ascoltatore-lettore.
Passando invece alla mia usuale indagine sulle somiglianze celebri, ho trovato oggi due volti che potrebbero essere assimilati a quello della Bella Addormentata di Sulamith Wulfing. Forse non sono molto calzanti, ma a mio avviso risultano parecchio stuzzicanti dal punto di vista del mistero femmineo-fisiognomico.
Il primo volto l’ho sempre trovato di una dolcezza estrema, anche perché è associato a tante sue canzoni egualmente suadenti e melodiose:
Se vi dico che si tratta di Agnetha Fältskog, forse non sarà sufficiente per spiegarmi, ma se aggiungo “la biondina degli Abba”, son certo di venir compreso da tutti.
Ugualmente famoso anche il secondo volto:
Questa è Nicole Kidman, quasi non c’è bisogno di dirlo.
Concludo così anche questa puntata di “Le muse di Kika van per pensieri” e
vi ricordo di fare una visita al blog di Kika, dove potrete scoprire ancora una volta le sue briose magie modaiole, giocate oggi intorno al personaggio della Bella Addormentata.